“Non mi piace che su una faccenda molto seria l’opinione di un allenatore sia importante. Non importa ciò che ha da dire chi è famoso. Non può essere che chi non ha conoscenza della materia come me parli di certe cose. Le persone che ne sanno dovrebbero parlarne, non gli allenatori, non capisco. Politica, coronavirus… perché me? Io indosso un cappellino da baseball e ho la barba fatta male. Sono preoccupato tanto quanto voi, forse meno, non saprei, non so quanto siate preoccupati, ma la mia opinione non conta in realtà. Vivo su questo pianeta come voi e voglio che tutti siano sani e al sicuro. Auguro il meglio a tutti, ma la mia opinione sul coronavirus non è importante“.

Le parole con cui Jurgen Klopp ha risposto in conferenza stampa a chi gli chiedeva una dichiarazione sul Coronavirus sono un bagno di realtà necessario a ricordare, sia ad addetti ai lavori che ai fruitori stessi dei media sportivi, quanto sia importante stabilire la giusta distanza tra la propria, legittima opinione e l’opportunità di esprimerla sempre e comunque.

In questi giorni, a giudicare da come vengono affrontate a livello mediatico le difficoltà del settore sportivo rispetto all’epidemia, sembra quasi che si faccia riferimento a un mondo a parte, e non è così. Chiunque legga queste parole sa benissimo come ogni settore della società civile stia combattendo con tutte le sue forze per non finire in ginocchio. Sembra che il coefficiente di frustrazione per i disagi a cui è costretta la macchina produttiva degli eventi sportivi si distribuisca in maniera sproporzionata anche su chi ne è coinvolto solo come spettatore. Klopp, senza sforzo alcuno, ci ricorda che non è sano che sia così. Con buona pace delle istanze di intrattenimento delle masse, è assurdo pensare che si possa trattare un’emergenza sanitaria mondiale come un argomento da bar dello sport.

La difficoltà sembra risieda nell’accettare che i giganteschi circhi preposti a distrarci dai problemi quotidiani siano sulla stessa identica barca di chi si trova in questi giorni a dover chiudere un’attività per evitare il contagio, e ad affrontarne le conseguenze. Si tratta di una difficoltà comprensibile, ma che è necessario superare. Anche al panem et circensem c’è un limite, ed è quello del buon senso.

Il gesto più responsabile che possa fare oggi chi ha una posizione mediatica privilegiata è ricordare a tutti quanto sia importante affidarsi soltanto a chi ha qualcosa di più di un’opinione da offrire, ovvero enti sanitari qualificati.

A questo punto dovrebbe partire l’associazione tra le vittorie sul campo di Klopp e la puntualità della sua riflessione ma sarebbe incoerente quanto forzata. Ci saranno tempi e luoghi più sereni e meno concitati, per tirare le somme sociologiche e mediatiche di questa infelice circostanza, e li attendiamo sperando che si possa stare tutti bene, presto.

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