L’obiettivo è chiaro: “Il virus non deve entrare”. Una massima che vale per tutti, in queste ore decisive per il contenimento della diffusione del coronavirus in Italia, e che diventa di importanza vitale per la fascia più a rischio della popolazione, gli anziani. Il ministero della Salute, su indicazione del comitato scientifico convocato dal governo, ha chiesto a tutte le persone dai 75 anni in su, o dai 65 se hanno altre patologie, di uscire il meno possibile. Un tema che non si pone per gli ospiti di Rsa e case di riposo, dove invece il problema riguarda chi entra: “Gli ospiti vanno protetti da chi viene dall’esterno, per questo noi abbiamo previsto una limitazione rigorosa degli accessi: non più di una persona per anziano al giorno”, spiega Monica Minelli, dirigente del dipartimento socio-sanitario dell’Ausl di Bologna, dove non sono previsti obblighi sul monitoraggio all’ingresso, “che comunque rimane una buona prassi”, così come quella di limitare al massimo gli accessi in pronto soccorso da parte dei pazienti. Per ora, neanche l’Ats di Milano ha imposto lo stop alle visite, ma ha chiesto di contingentarle dove possibile: “L’indicazione è di avere un giusto bilanciamento tra la protezione dei soggetti fragili e l’assistenza degli ospiti, per tutelare loro vita di relazione”, spiega il direttore sanitario Vittorio Demicheli. “In questo momento la probabilità che un contatto della zona rossa entri in una casa di riposo del Milanese è bassissima, quindi l’unica richiesta che facciamo alle strutture è di organizzare un minimo di controllo all’ingresso e lasciare fuori le persone sintomatiche”.
Un appello al buonsenso, dunque, rivolto anche ai visitatori: “I parenti devono adottare comportamenti virtuosi: se il virus entra all’interno di una struttura, con soggetti così fragili, qualche danno rischia di farlo”. Nemmeno in Liguria sono previsti protocolli aggiuntivi per gli ospiti delle Rsa: “Abbiamo solo chiesto di mitigare l’accesso per evitare affollamenti”, dice Walter Locatelli, commissario straordinario di Alisa, l’azienda sanitaria regionale. “Entra una sola persona al giorno per paziente. Le visite di conforto sono consentite secondo un meccanismo di buonsenso: non è più possibile che entrino cinque persone alla volta per un solo paziente, come poteva essere prima”.
Ma mettere in pratica consigli e indicazioni delle autorità sanitarie è compito delle singole strutture che si occupano degli anziani non autosufficienti. Ognuno fa per sé, come ribadito dal decreto del 4 marzo che attribuisce ai direttori sanitari delle strutture la responsabilità di valutare caso per caso chi far entrare o meno e perché. Ilfattoquotidiano.it ha chiesto come stanno affrontando l’emergenza virus a due grandi gruppi attivi in Italia, la Kos dei De Benedetti e la multinazionale francese Korian, complessivamente le due aziende gestiscono oltre 150 strutture in Italia, per un totale di circa 14mila posti letto.
Termo-scanner all’ingresso per il controllo della temperatura – Korian aveva limitato le visite giornaliere a un solo familiare per volta, a patto che sia in buone condizioni di salute. Nelle Rsa del gruppo in Lombardia e Veneto era stato vietato l’accesso ai minori di 12 anni e viene utilizzato un termo-scanner agli ingressi per il controllo della temperatura. Fermo restando, per tutto il territorio nazionale, il divieto di accesso per ospiti, operatori e familiari provenienti dalla provincia di Lodi e per chi presenta sintomi di raffreddamento o influenzali. In seguito al decreto del 4 marzo, poi, il gruppo ha serrato le porte di tutte le strutture fino a nuovo ordine, lasciando ai singoli direttori sanitari la facoltà di fare eccezioni.
Kos da parte sua fa sapere di aver adottato diverse precauzioni in linea con le indicazioni ministeriali: “La finalità delle iniziative adottate è di ‘non fare entrare il virus’, proteggendo i nostri ospiti e i nostri operatori”, spiega il gestore delle Residenze Anni Azzurri. In tutte le regioni “è stato limitato l’ingresso a una persona al giorno per ospite e solo in casi improcrastinabili. Abbiamo anche verificato le residenze del personale per alzare il livello di guardia laddove avessimo avuto collaboratori provenienti dalla zona rossa, situazione che si è verificata in un solo caso che, al momento, non ha portato alcuna conseguenza: il dipendente è casa, per tutelare colleghi e pazienti”.
Kos ha poi imposto il lavaggio delle mani “mettendo a disposizione all’ingresso dei gel specifici”, limitato le aree in cui i visitatori possono accedere o sostare e attivato particolari protocolli di pulizia delle superfici, “con l’uso di detergenti al cloro e l’aumento della pulizia in tutti i punti di contatto più frequente, come maniglie, corrimano, distributori di caffè e pulsantiere di citofoni”.
Questionari per chi entra – Detto del divieto di accesso per chi proviene dalle cosiddette zone “rosse”, nelle Rsa gestite da Korian “ogni visitatore viene interrogato prima dell’ingresso in struttura, e se non rispetta le condizioni che abbiamo diffuso non viene fatto entrare”. Dove è previsto dalle normative regionali, come Lombardia ed Emilia-Romagna, ai visitatori viene sottoposto un questionario/triage formale. Il gruppo Kos ha invece predisposto un questionario per tutti coloro che accedono alla sue strutture in cui viene accertata l’assenza di sintomi influenzali e viene fatta una verifica di tipo epidemiologico, “viene chiesto cioè se le persone hanno avuto contatti con casi sospetti o confermati di coronavirus, con persone residenti nelle aree isolate o che hanno sostato o sono transitati per queste zone. Ovviamente c’è divieto di ingresso a chi rientra in una di queste condizioni”.
Comunicare le restrizioni e aprire una finestra virtuale sulla struttura – In un momento come questo, la comunicazione di quello che si fa all’interno delle strutture e delle precauzioni da prendere per chi deve visitare un ospite di una casa di riposo è fondamentale. Kos ha affisso all’interno delle Rsa le raccomandazioni del Ministero sui comportamenti da tenere: “Tutto il personale è formato e abituato a coinvolgere i care-giver nella cura dei nostri ospiti, e anche i fornitori sono tenuti a rispettare le raccomandazioni”. I familiari sono stati avvisati per email e attraverso telefonate o incontri da parte dei responsabili delle strutture delle restrizioni attivate alle visite dall’esterno e delle minimali limitazioni all’attività degli ospiti: “Quasi tutti hanno capito che stiamo agendo per il bene dei loro cari e sono stati molto collaborativi. Stiamo anche attivando un sistema di broadcasting dalle residenze per aprire una finestra virtuale sulla vita in struttura, ovviamente con il massimo rispetto per la privacy dei nostri ospiti”.
Il gruppo Korian dal canto suo garantisce che “in tutte le strutture italiane verranno messi a disposizione degli smartphone” per fare videochiamate e “ci sarà uno sforzo ulteriore da parte del personale per mantenere il rapporto con i familiari”.
Aree di isolamento in caso di contagio – Korian sta cercando di evitare, per quanto possibile, l’invio degli ospiti in pronto soccorso, e ha redatto una procedura da attivare in caso di contagio di un ospite o di un operatore che contempla sia la gestione dell’isolamento che della quarantena. Kos fa sapere di aver rinviato tutte le visite specialistiche e gli accertamenti non urgenti per limitare al massimo le uscite degli ospiti verso i luoghi a maggiore rischio di infezione: “Se un invio al pronto soccorso diventa improcrastinabile, dobbiamo coordinarci con il sistema delle emergenze sanitarie del territorio: i pronto soccorso delle aree a rischio si stanno tutti organizzando sulla base delle indicazioni operative che ogni regione sta emettendo”. Nel caso di un contagio, In tutte le strutture di Kos sono state identificate aree di isolamento: “Avevamo già protocolli per la gestione di infezioni, le direzioni sanitarie hanno declinato le procedure sullo specifico caso del coronavirus”.
Una “squadra speciale” per le difficoltà – L’emergenza coronavirus sembra essere solo all’inizio, e le strutture stanno considerando il fatto che questa situazione possa protrarsi nel tempo. Da Korian fanno sapere di volerla gestire con tutti i mezzi a propria disposizione per il periodo necessario, e di “aver costituito una “squadra speciale” formata da personale con competenze diverse che, in caso di emergenza, possa aiutare la struttura in difficoltà”. Anche Kos ragiona sul medio periodo: “Stiamo cercando di sperimentare soluzioni di videochiamata per garantire la comunicazione tra gli ospiti e i loro famigliari”.
Più attenzione ai pazienti – La situazione di emergenza, che ha portato a una generale riduzione dei visitatori all’interno delle strutture, ha effetti anche sull’organizzazione del lavoro interno: “Normalmente molto del lavoro del personale è dedicato alla relazione con le famiglie, per i colloqui sullo stato di salute del proprio caro o la formazione alla gestione della disabilità”, spiegano da Kos. “Questo tempo ora è invece dedicato a tutti gli ospiti, quindi il bilancio è positivo e non c’è un aumento del carico di lavoro. L’operatore che prima si dedicava anche all’accoglienza dei famigliari ora dedica tutto il suo tempo alla cura del paziente”. Da Korian, dicono, “il personale è coinvolto nella diffusione, nel rispetto e nel controllo delle regole da osservare. Questo richiede sicuramente un livello molto alto di informazione ed attenzione agli ospiti e alle famiglie”.