Maledetto, maledetto lui e maledetto io”. La frase è ipotetica ma è molto probabile che Aldo Spinelli vada molto vicino a pensarla o a pronunciarla quando si vede comparire davanti, nei pensieri o fisicamente sui giornali e in tv l’immagine di un vichingo di circa due metri in maglia rossoblu. Tomas Skhuravy è tra i più amati giocatori che abbiano vestito la maglia del Genoa e probabilmente il più grande rimpianto dell’ex presidente rossoblù. Attenzione: non il classico rimpianto di un dirigente, un giocatore non comprato e poi esploso, o mandato via troppo presto e poi diventato un campione, no. Rimpianto per non averlo venduto.

Sì, perché Tapie con l’Olympique Marsiglia lo avrebbe preso a 27 miliardi di lire, Berlusconi col Milan a 18: dovette rifiutare Spinelli, a Genoa sarebbe scoppiata la rivoluzione se l’avesse ceduto, ma quella mancata cessione è uno dei suoi più grandi rimpianti, tant’è che ne parla ogni volta, in ogni caso. 27 miliardi o 18, tantissimi soldi per l’epoca: nel primo caso si parla della cifra record pagata dalla Juventus per Vialli, nel secondo caso dei soldi spesi dal Milan per Papin. Cifre blu. Non che il cecoslovacco avesse gran velleità di andarsene, anzi: a lui Genova piaceva e a Genova piaceva lui. Perché era forte quel vichingo di quasi due metri, con i capelli lunghi, la faccia e il fisico da guerriero e i piedi educati, forte e un po’ matto: caratteristiche ideali per far breccia nel cuore di una tifoseria pazza d’amore per la squadra, come quella rossoblù.

Spinelli sognava in grande e dopo la splendida promozione in A firmata da Scoglio, al professore aveva fornito un tris di uruguayani: Pato Aguilera, che sarebbe offensivo liquidare con due parole, Ruben Paz, che giocò così così e Perdomo, che secondo Boskov era un gradino sotto il suo cane come qualità. Dopo un campionato tranquillo Spinelli si affidò a Bagnoli, che chiese un centravanti da affiancare al funambolico Pato. Anzi, pretese quel centravanti di cui si era innamorato durante Italia 90: Thomas Skhuravy, vicecapocannoniere della competizione e fresco di rivoluzione di velluto. Si dice che qualche difensore italiano, già chiamato a un superlavoro ogni domenica visti gli attaccanti che popolavano la Serie A all’epoca, vedendolo giocare in quel mondiale si sia augurato che non arrivasse mai nel Bel Paese: difficilissimo da marcare visto il fisico, la forze e i piedi buoni che ne facevano un centravanti di peso sì, ma tutt’altro che statico. Sugli scongiuri dei difensori prevale il desiderio di Bagnoli: Spinelli glielo compra, e gli prende anche Branco, difensore brasiliano con la dinamite nel sinistro, e il centrocampista Bortolazzi.

Si parte male: 1 sola vittoria in 9 giornate, Skuhravy non segna per 7 partite, lasso temporale che oggi gli avrebbe garantito l’etichetta di bidone. Con la Fiorentina la svolta: al novantesimo bell’aggancio, dribbling sul difensore e botta d’esterno a far secco Mareggini. Il campionato del cecoslovacco cambia: segna a raffica, fa un sacco di capriole (sua esultanza per eccellenza che gli vale anche un coro) e la coppia con Aguilera funziona a meraviglia, sono amici oltre che compagni di reparto, e il Genoa vola. Un girone dopo, proprio 29 anni fa il 10 marzo del 1991, sempre con la Fiorentina, Skhuravy segna una doppietta garantendo la vittoria al Genoa per 3 a 2. In mezzo gol vittoria alla Juve al Delle Alpi e in totale 15 perle: dimostra che i difensori italiani che non lo volevano in A avevano ragione. Le palle alte le domina, arrampicandosi, anticipando, spostando e non facendosi spostare di un millimetro, coi piedi è tutt’altro che scarso. Con Pato che ubriaca le difese e Thomas che le sfianca la squadra di Bagnoli finisce quarta e va in Europa. E quel gigante fa tutto fuorché pavoneggiarsi delle sue prodezze: gira tranquillamente per la città e per le spiagge, beve birra tra i tifosi, si schianta in auto qua e là per la Riviera, distruggendo solo le auto, per fortuna.

L’avventura in Uefa sarà pure memorabile per Skhuravy, fin da subito: il primo turno è tosto contro l’Oviedo di Lacatus e Irureta, che vince 1 a 0 all’andata. Il ritorno finisce 3 a 1, col gol qualificazione appunto di Skhuravy che arriva al 90esimo, nel delirio totale del Ferraris che esplode. Dopo tocca a Dinamo e Steaua Bucarest farsi eliminare a suon di gol da Aguilera e Thomas, ne segnano 5 in quattro gare. Non è finita: ai quarti tocca al Liverpool venire eliminato, Skhuravy non segna, ma lo fa Pato, con una doppietta, consentendo ai rossoblu di scrivere la storia, diventando la prima italiana a espugnare Anfield. L’avventura si ferma con l’Ajax che poi vincerà la Coppa in finale col Toro. Skuhravy segnerà ancora, e ancora e ancora, per un totale di 70 gol in rossoblu: ci penserà Tapie per il suo Marsiglia allora stellare, proponendo 27 miliardi a Spinelli, ci penserà Berlusconi per sostituire Van Basten, già sofferente, offrendo 18 miliardi. Spinelli però dovrà rifiutare, dicendo sempre che è stato un errore, però. Skhuravy segna, anche senza più Aguilera accanto, venduto al Toro (su ordine di Craxi, dice Spinelli) ma il Genoa cala di rendimento, fino a retrocedere, nonostante i gol di Thomas. Lui ci sarà anche in B, perché ha Genova nel cuore, ma durerà poco: con un ginocchio ormai malandato a furia di battaglie a gennaio 1996, dopo 8 presenze e un solo gol, andrà allo Sporting Lisbona, giocando solo 4 volte, per poi tornare in patria al Viktoria Zizkov e chiudere la carriera. Oggi osserva talenti, ha i capelli bianchi e sembra sempre un vichingo e ha aperto una scuola calcio vicino Genova: chissà che come allenamento per i piccoli difensori non proponga di farsi marcare. In tal caso, come i difensori di 30 anni prima…poveretti.

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