In questi giorni di emergenza coronavirus Milano è apparsa come svuotata. Poca gente in metropolitana, ancora meno nei locali. Le ordinanze ministeriali, le scuole chiuse, il telelavoro e la paura spingono le persone a restare a casa. A sfrecciare per le strade però sono rimasti i cosiddetti rider, i fattorini delle consegne a domicilio, che armati di bici e zaino termico attraversano la città per portare cibo, spesa e acquisti vari a chi non se la sente di uscire. Anche loro stanno risentendo del calo dei consumi – e conseguentemente degli ordini – e si ritrovano con poche chiamate per lavorare oltretutto in un contesto di potenziale rischio di contagio. Spesso infatti, chi è incaricato della consegna non si limita a citofonare al cliente, ma la porta fino dentro casa o in ufficio, venendo in contatto con diversi ambienti in giorni in cui sono sempre di più i casi di contagio accertati non solo nel capoluogo lombardo, ma in tutta Italia. Oltretutto c’è poi il “problema” della firma digitale che il destinatario deve fare con il dito sul display del corriere.
Se le aziende sono subito corse ai ripari assumendo nuovi protocolli di consegna e informando i propri clienti delle misure messe in atto per tutelare la loro sicurezza, lo stesso non è stato fatto nei confronti dei rider, che – pur essendo stati riconosciuti dalla Cassazione come lavoratori subordinati con la sentenza 1663 del 24 gennaio scorso – si sono dovuti organizzare autonomamente, decidendo se continuare a lavorare nonostante la paura di contrarre il Covid-19 o ritirarsi e perdere magari quella che è la loro principale se non addirittura unica fonte di guadagno. A denunciarlo sono il sindacato di categoria Deliverance Milano e i collettivi di precari del mondo del delivery, che hanno lanciato un appello al al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro del Lavoro Nunzia Catalfo per chiedere maggiori tutele in questo frangente di emergenza e di avere “accesso agli ammortizzatori e agli strumenti di sostegno al reddito”.
Amazon – Neanche i corrieri di Amazon si fermano ma si adeguano con nuove misure di sicurezza e prevenzione. “Abbiamo chiesto ai dipendenti e ai dipendenti dei nostri fornitori qualora non si sentissero bene di rimanere a casa e consultare un medico – spiega Amazon Italia a Ilfattoquotidiano.it -. Oltre ad aver incrementato le attività di pulizia in tutti i nostri siti, abbiamo chiesto ai dipendenti di disinfettare e pulire frequentemente le proprie postazioni di lavoro, e ai nostri fornitori di servizi di consegna di pulire i veicoli, all’inizio e alla fine di ogni turno con materiali disinfettanti/detergenti. Abbiamo comunicato ai dipendenti e ai dipendenti dei nostri fornitori che tutti devono lavarsi le mani con acqua e sapone, se non dovessero essere immediatamente disponibili, utilizzare un disinfettante per le mani con almeno una percentuale del 60% di alcol. Per quanto riguarda le mascherine, stiamo seguendo le linee guida fornite dall’Organizzazione mondiale della sanità. Naturalmente, se un dipendente o un dipendente dei nostri fornitori desidera indossarle, è libero di farlo e può trovarne disponibili presso i nostri depositi di smistamento in Italia”.
Deliveroo, Glovo e Just Eat – Le principali società che hanno in gestione le consegne da locali e ristoranti delle regioni interessate dal contagio si sono mosse con strategie diverse, finalizzate da una parte a garantire la sicurezza di clienti e lavoratori e dall’altra a cercare di incentivare i consumi per alleviare i ristoratori già provati dalle ordinanze restrittive e dalla psicosi. Così ad esempio Glovo ha mandato una mail informativa a tutti i suoi iscritti spiegando che “abbiamo rafforzato ulteriormente le nostre procedure standard per continuare con le consegne in piena sicurezza. Tutto quello che arriva a casa tua è contenuto in sacchetti chiusi riposti all’interno di zaini che i nostri corrieri sono stati invitati a mantenere come sempre igienizzati – si legge nella nota -. I nostri partner sono da sempre impegnati quotidianamente a rispettare tutte le norme igienico-sanitarie. Un impegno che è stato intensificato in questi giorni e per cui siamo loro grati. Abbiamo scelto di semplificare le procedure di consegna: non ti verrà richiesta la firma digitale quando riceverai i nostri ordini a casa”. Deliveroo e Just Eat invece, si sono limitate a lanciare iniziative promozionali, avvisando via mail di aver attivato dal 2 all’8 marzo con alcuni locali partner la possibilità di effettuare ordini con il costo di consegna fisso a 1 euro.
Esselunga – La catena di supermercati Esselunga – che fornisce un servizio di consegna della spesa a domicilio – dopo esser stata presa d’assalto in Lombardia nei primi giorni di psicosi da coronavirus, ha fatto sapere in una nota di aver modificato il proprio protocollo di consegna. Così ora “per una maggiore sicurezza gli autisti non entreranno nelle case e le spese saranno consegnate davanti alla porta“. Anche in questo caso la firma digitale al momento della consegna non è più richiesta, così da poter garantire la distanza di sicurezza tra il corriere che consegna la merce e il cliente. Non solo, per tutti gli over 65 anni, “dal 7 marzo fino a Pasqua, il contributo di consegna della spesa diventerà gratuito sia per l’e-commerce Esselunga a Casa sia per le consegne dai negozi all’abitazione, in tutte le zone dove Esselunga è presente con il servizio”.
La denuncia: “Consegne diminuite del 50% e nessuna tutela dalle piattaforme” – “Nessuno ha dotato i rider di mascherine o guanti, gli è stata solo inoltrata una mail informativa con i divieti e le limitazioni previste per chi viene dalle zone rosse ma non c’è alcun riferimento a come comportarsi per chi risiede o opera nelle cosiddette zone gialle, come ad esempio Milano. Chi vuole la mascherina deve comprarsela da solo“, spiega a Ilfattoquotidiano.it Angelo, membro di Deliverance Milano sottolineando come il vero problema però sia il calo del lavoro. “In queste due settimane stiamo ricevendo decine di segnalazioni di fattorini che lamentano un drastico calo delle richieste: stanno facendo circa il 50% delle consegne in meno rispetto al solito, all’incirca una ogni ora se non addirittura una ogni due. E per loro che vengono pagati ancora sulla base delle consegne effettuate significa una perdita economica considerevole. Oltretutto non tutti riescono a fare neanche quell’unica consegna al giorno, perché Glovo, Deliveroo, Uber e le varie piattaforme vedendo il calo degli ordini hanno ridotto la flotta di persone da incaricare – prosegue -. Per questo abbiamo sollecitato il governo sulla necessità di istituire strumenti di sostegno per questa categoria già poco tutelata. Deliveroo prevede teoricamente un indennizzo minimo nel caso in cui un rider non riceva nessun incarico per tutta la giornata ma nella realtà questi soldi non si vedono mai”. “Chi paga per tutto questo? Deliveroo fornirà i materiali per la prevenzione? Si assicurerà che tutti i fattorini siano messi in condizione di prevenire il contagio? Retribuirà le ore di lavoro aggiuntivo per disinfettare il materiale? Pagherà i lavoratori che presentano sintomi sospetti? Sono domande retoriche, sappiamo già la risposta”, rilancia Riders Union Bologna. “Per Deliveroo il COVID-19 non cambia nulla. Per loro l’importante è continuare a fare business con i costi della prevenzione tutti a carico dei lavoratori. Anche in momenti come questi, i fattorini devono subire l’umiliazione di essere lavoratori ‘diversi’“. Un appello accolto dal Comune di Bologna, con l’assessore al Lavoro Marco Lombardo che, di concerto con il sindaco Virginio Merola, ha chiesto alle piattaforme di consegna di cibo a domicilio che operano sul territorio di dotare i fattorini di idonei strumenti di protezione per il coronavirus a partire da guanti, disinfettanti e mascherine.
L’appello dei rider al presidente Conte – Il collettivo di precari del mondo del delivery intanto ha lanciato un appello al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro del Lavoro Nunzia Catalfo per chiedere maggiori tutele in questo frangente di emergenza e di avere “accesso agli ammortizzatori e agli strumenti di sostegno al reddito“. In una nota diffusa sulla pagina Facebook Deliverance Milano si legge che in seguito all’emergenza Covid 19 “nelle relative misure preventive” imposte da Governo e Regioni “non sono state ancora previste le protezioni e i dispositivi di sicurezza dovuti ai fattorini delle consegne a domicilio, tenendo conto non soltanto dei rischi a cui un corriere è soggetto normalmente ma anche di quelli a cui è esposto in questa fase delicata”. Il collettivo spiega che dall’esplosione dall’inizio dell’epidemia “le piattaforme hanno dimezzato le ore e le paghe ai rider, giustificandosi con il calo delle consegne dovuto alla paura dei clienti” e ricordando che “la maggioranza dei lavoratori risulta essere senza contratto”, nonostante la Corte di Cassazione abbia loro riconosciuto “pieni diritti e tutele da subordinati”. Per questo “chiediamo al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro Nunzia Catalfo di dare seguito e concretezza alla discussione già avviata tra le parti sociali per avere accesso agli ammortizzatori e agli strumenti di sostegno al reddito annunciati, affinché nessuno dei lavoratori coinvolti da questo periodo di dissesto economico, soprattutto i meno tutelati, venga lasciato indietro”.