In questi giorni di emergenza coronavirus Milano è apparsa come svuotata. Poca gente in metropolitana, ancora meno nei locali. Le ordinanze ministeriali, le scuole chiuse, il telelavoro e la paura spingono le persone a restare a casa. A sfrecciare per le strade però sono rimasti i cosiddetti rider, i fattorini delle consegne a domicilio, che armati di bici e zaino termico attraversano la città per portare cibo, spesa e acquisti vari a chi non se la sente di uscire. Anche loro stanno risentendo del calo dei consumi – e conseguentemente degli ordini – e si ritrovano con poche chiamate per lavorare oltretutto in un contesto di potenziale rischio di contagio. Spesso infatti, chi è incaricato della consegna non si limita a citofonare al cliente, ma la porta fino dentro casa o in ufficio, venendo in contatto con diversi ambienti in giorni in cui sono sempre di più i casi di contagio accertati non solo nel capoluogo lombardo, ma in tutta Italia. Oltretutto c’è poi il “problema” della firma digitale che il destinatario deve fare con il dito sul display del corriere.
Se le aziende sono subito corse ai ripari assumendo nuovi protocolli di consegna e informando i propri clienti delle misure messe in atto per tutelare la loro sicurezza, lo stesso non è stato fatto nei confronti dei rider, che – pur essendo stati riconosciuti dalla Cassazione come lavoratori subordinati con la sentenza 1663 del 24 gennaio scorso – si sono dovuti organizzare autonomamente, decidendo se continuare a lavorare nonostante la paura di contrarre il Covid-19 o ritirarsi e perdere magari quella che è la loro principale se non addirittura unica fonte di guadagno. A denunciarlo sono il sindacato di categoria Deliverance Milano e i collettivi di precari del mondo del delivery, che hanno lanciato un appello al al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro del Lavoro Nunzia Catalfo per chiedere maggiori tutele in questo frangente di emergenza e di avere “accesso agli ammortizzatori e agli strumenti di sostegno al reddito”.
Amazon – Neanche i corrieri di Amazon si fermano ma si adeguano con nuove misure di sicurezza e prevenzione. “Abbiamo chiesto ai dipendenti e ai dipendenti dei nostri fornitori qualora non si sentissero bene di rimanere a casa e consultare un medico – spiega Amazon Italia a Ilfattoquotidiano.it -. Oltre ad aver incrementato le attività di pulizia in tutti i nostri siti, abbiamo chiesto ai dipendenti di disinfettare e pulire frequentemente le proprie postazioni di lavoro, e ai nostri fornitori di servizi di consegna di pulire i veicoli, all’inizio e alla fine di ogni turno con materiali disinfettanti/detergenti. Abbiamo comunicato ai dipendenti e ai dipendenti dei nostri fornitori che tutti devono lavarsi le mani con acqua e sapone, se non dovessero essere immediatamente disponibili, utilizzare un disinfettante per le mani con almeno una percentuale del 60% di alcol. Per quanto riguarda le mascherine, stiamo seguendo le linee guida fornite dall’Organizzazione mondiale della sanità. Naturalmente, se un dipendente o un dipendente dei nostri fornitori desidera indossarle, è libero di farlo e può trovarne disponibili presso i nostri depositi di smistamento in Italia”.
Deliveroo, Glovo e Just Eat – Le principali società che hanno in gestione le consegne da locali e ristoranti delle regioni interessate dal contagio si sono mosse con strategie diverse, finalizzate da una parte a garantire la sicurezza di clienti e lavoratori e dall’altra a cercare di incentivare i consumi per alleviare i ristoratori già provati dalle ordinanze restrittive e dalla psicosi. Così ad esempio Glovo ha mandato una mail informativa a tutti i suoi iscritti spiegando che “abbiamo rafforzato ulteriormente le nostre procedure standard per continuare con le consegne in piena sicurezza. Tutto quello che arriva a casa tua è contenuto in sacchetti chiusi riposti all’interno di zaini che i nostri corrieri sono stati invitati a mantenere come sempre igienizzati – si legge nella nota -. I nostri partner sono da sempre impegnati quotidianamente a rispettare tutte le norme igienico-sanitarie. Un impegno che è stato intensificato in questi giorni e per cui siamo loro grati. Abbiamo scelto di semplificare le procedure di consegna: non ti verrà richiesta la firma digitale quando riceverai i nostri ordini a casa”. Deliveroo e Just Eat invece, si sono limitate a lanciare iniziative promozionali, avvisando via mail di aver attivato dal 2 all’8 marzo con alcuni locali partner la possibilità di effettuare ordini con il costo di consegna fisso a 1 euro.
Esselunga – La catena di supermercati Esselunga – che fornisce un servizio di consegna della spesa a domicilio – dopo esser stata presa d’assalto in Lombardia nei primi giorni di psicosi da coronavirus, ha fatto sapere in una nota di aver modificato il proprio protocollo di consegna. Così ora “per una maggiore sicurezza gli autisti non entreranno nelle case e le spese saranno consegnate davanti alla porta“. Anche in questo caso la firma digitale al momento della consegna non è più richiesta, così da poter garantire la distanza di sicurezza tra il corriere che consegna la merce e il cliente. Non solo, per tutti gli over 65 anni, “dal 7 marzo fino a Pasqua, il contributo di consegna della spesa diventerà gratuito sia per l’e-commerce Esselunga a Casa sia per le consegne dai negozi all’abitazione, in tutte le zone dove Esselunga è presente con il servizio”.
La denuncia: “Consegne diminuite del 50% e nessuna tutela dalle piattaforme” – “Nessuno ha dotato i rider di mascherine o guanti, gli è stata solo inoltrata una mail informativa con i divieti e le limitazioni previste per chi viene dalle zone rosse ma non c’è alcun riferimento a come comportarsi per chi risiede o opera nelle cosiddette zone gialle, come ad esempio Milano. Chi vuole la mascherina deve comprarsela da solo“, spiega a Ilfattoquotidiano.it Angelo, membro di Deliverance Milano sottolineando come il vero problema però sia il calo del lavoro. “In queste due settimane stiamo ricevendo decine di segnalazioni di fattorini che lamentano un drastico calo delle richieste: stanno facendo circa il 50% delle consegne in meno rispetto al solito, all’incirca una ogni ora se non addirittura una ogni due. E per loro che vengono pagati ancora sulla base delle consegne effettuate significa una perdita economica considerevole. Oltretutto non tutti riescono a fare neanche quell’unica consegna al giorno, perché Glovo, Deliveroo, Uber e le varie piattaforme vedendo il calo degli ordini hanno ridotto la flotta di persone da incaricare – prosegue -. Per questo abbiamo sollecitato il governo sulla necessità di istituire strumenti di sostegno per questa categoria già poco tutelata. Deliveroo prevede teoricamente un indennizzo minimo nel caso in cui un rider non riceva nessun incarico per tutta la giornata ma nella realtà questi soldi non si vedono mai”. “Chi paga per tutto questo? Deliveroo fornirà i materiali per la prevenzione? Si assicurerà che tutti i fattorini siano messi in condizione di prevenire il contagio? Retribuirà le ore di lavoro aggiuntivo per disinfettare il materiale? Pagherà i lavoratori che presentano sintomi sospetti? Sono domande retoriche, sappiamo già la risposta”, rilancia Riders Union Bologna. “Per Deliveroo il COVID-19 non cambia nulla. Per loro l’importante è continuare a fare business con i costi della prevenzione tutti a carico dei lavoratori. Anche in momenti come questi, i fattorini devono subire l’umiliazione di essere lavoratori ‘diversi’“. Un appello accolto dal Comune di Bologna, con l’assessore al Lavoro Marco Lombardo che, di concerto con il sindaco Virginio Merola, ha chiesto alle piattaforme di consegna di cibo a domicilio che operano sul territorio di dotare i fattorini di idonei strumenti di protezione per il coronavirus a partire da guanti, disinfettanti e mascherine.
L’appello dei rider al presidente Conte – Il collettivo di precari del mondo del delivery intanto ha lanciato un appello al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro del Lavoro Nunzia Catalfo per chiedere maggiori tutele in questo frangente di emergenza e di avere “accesso agli ammortizzatori e agli strumenti di sostegno al reddito“. In una nota diffusa sulla pagina Facebook Deliverance Milano si legge che in seguito all’emergenza Covid 19 “nelle relative misure preventive” imposte da Governo e Regioni “non sono state ancora previste le protezioni e i dispositivi di sicurezza dovuti ai fattorini delle consegne a domicilio, tenendo conto non soltanto dei rischi a cui un corriere è soggetto normalmente ma anche di quelli a cui è esposto in questa fase delicata”. Il collettivo spiega che dall’esplosione dall’inizio dell’epidemia “le piattaforme hanno dimezzato le ore e le paghe ai rider, giustificandosi con il calo delle consegne dovuto alla paura dei clienti” e ricordando che “la maggioranza dei lavoratori risulta essere senza contratto”, nonostante la Corte di Cassazione abbia loro riconosciuto “pieni diritti e tutele da subordinati”. Per questo “chiediamo al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro Nunzia Catalfo di dare seguito e concretezza alla discussione già avviata tra le parti sociali per avere accesso agli ammortizzatori e agli strumenti di sostegno al reddito annunciati, affinché nessuno dei lavoratori coinvolti da questo periodo di dissesto economico, soprattutto i meno tutelati, venga lasciato indietro”.
Cronaca
Coronavirus, il problema delle consegne a domicilio: le misure per rider e clienti. “Ordini diminuiti del 50% e zero tutele”
Se le aziende sono subito corse ai ripari assumendo nuovi protocolli di consegna e informando i propri clienti delle misure messe in atto per tutelare la loro sicurezza, lo stesso non è stato fatto nei confronti dei rider, che - pur essendo stati riconosciuti dalla Cassazione come lavoratori subordinati con la sentenza 1663 del 24 gennaio scorso - si sono dovuti organizzare autonomamente
In questi giorni di emergenza coronavirus Milano è apparsa come svuotata. Poca gente in metropolitana, ancora meno nei locali. Le ordinanze ministeriali, le scuole chiuse, il telelavoro e la paura spingono le persone a restare a casa. A sfrecciare per le strade però sono rimasti i cosiddetti rider, i fattorini delle consegne a domicilio, che armati di bici e zaino termico attraversano la città per portare cibo, spesa e acquisti vari a chi non se la sente di uscire. Anche loro stanno risentendo del calo dei consumi – e conseguentemente degli ordini – e si ritrovano con poche chiamate per lavorare oltretutto in un contesto di potenziale rischio di contagio. Spesso infatti, chi è incaricato della consegna non si limita a citofonare al cliente, ma la porta fino dentro casa o in ufficio, venendo in contatto con diversi ambienti in giorni in cui sono sempre di più i casi di contagio accertati non solo nel capoluogo lombardo, ma in tutta Italia. Oltretutto c’è poi il “problema” della firma digitale che il destinatario deve fare con il dito sul display del corriere.
Se le aziende sono subito corse ai ripari assumendo nuovi protocolli di consegna e informando i propri clienti delle misure messe in atto per tutelare la loro sicurezza, lo stesso non è stato fatto nei confronti dei rider, che – pur essendo stati riconosciuti dalla Cassazione come lavoratori subordinati con la sentenza 1663 del 24 gennaio scorso – si sono dovuti organizzare autonomamente, decidendo se continuare a lavorare nonostante la paura di contrarre il Covid-19 o ritirarsi e perdere magari quella che è la loro principale se non addirittura unica fonte di guadagno. A denunciarlo sono il sindacato di categoria Deliverance Milano e i collettivi di precari del mondo del delivery, che hanno lanciato un appello al al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro del Lavoro Nunzia Catalfo per chiedere maggiori tutele in questo frangente di emergenza e di avere “accesso agli ammortizzatori e agli strumenti di sostegno al reddito”.
Amazon – Neanche i corrieri di Amazon si fermano ma si adeguano con nuove misure di sicurezza e prevenzione. “Abbiamo chiesto ai dipendenti e ai dipendenti dei nostri fornitori qualora non si sentissero bene di rimanere a casa e consultare un medico – spiega Amazon Italia a Ilfattoquotidiano.it -. Oltre ad aver incrementato le attività di pulizia in tutti i nostri siti, abbiamo chiesto ai dipendenti di disinfettare e pulire frequentemente le proprie postazioni di lavoro, e ai nostri fornitori di servizi di consegna di pulire i veicoli, all’inizio e alla fine di ogni turno con materiali disinfettanti/detergenti. Abbiamo comunicato ai dipendenti e ai dipendenti dei nostri fornitori che tutti devono lavarsi le mani con acqua e sapone, se non dovessero essere immediatamente disponibili, utilizzare un disinfettante per le mani con almeno una percentuale del 60% di alcol. Per quanto riguarda le mascherine, stiamo seguendo le linee guida fornite dall’Organizzazione mondiale della sanità. Naturalmente, se un dipendente o un dipendente dei nostri fornitori desidera indossarle, è libero di farlo e può trovarne disponibili presso i nostri depositi di smistamento in Italia”.
Deliveroo, Glovo e Just Eat – Le principali società che hanno in gestione le consegne da locali e ristoranti delle regioni interessate dal contagio si sono mosse con strategie diverse, finalizzate da una parte a garantire la sicurezza di clienti e lavoratori e dall’altra a cercare di incentivare i consumi per alleviare i ristoratori già provati dalle ordinanze restrittive e dalla psicosi. Così ad esempio Glovo ha mandato una mail informativa a tutti i suoi iscritti spiegando che “abbiamo rafforzato ulteriormente le nostre procedure standard per continuare con le consegne in piena sicurezza. Tutto quello che arriva a casa tua è contenuto in sacchetti chiusi riposti all’interno di zaini che i nostri corrieri sono stati invitati a mantenere come sempre igienizzati – si legge nella nota -. I nostri partner sono da sempre impegnati quotidianamente a rispettare tutte le norme igienico-sanitarie. Un impegno che è stato intensificato in questi giorni e per cui siamo loro grati. Abbiamo scelto di semplificare le procedure di consegna: non ti verrà richiesta la firma digitale quando riceverai i nostri ordini a casa”. Deliveroo e Just Eat invece, si sono limitate a lanciare iniziative promozionali, avvisando via mail di aver attivato dal 2 all’8 marzo con alcuni locali partner la possibilità di effettuare ordini con il costo di consegna fisso a 1 euro.
Esselunga – La catena di supermercati Esselunga – che fornisce un servizio di consegna della spesa a domicilio – dopo esser stata presa d’assalto in Lombardia nei primi giorni di psicosi da coronavirus, ha fatto sapere in una nota di aver modificato il proprio protocollo di consegna. Così ora “per una maggiore sicurezza gli autisti non entreranno nelle case e le spese saranno consegnate davanti alla porta“. Anche in questo caso la firma digitale al momento della consegna non è più richiesta, così da poter garantire la distanza di sicurezza tra il corriere che consegna la merce e il cliente. Non solo, per tutti gli over 65 anni, “dal 7 marzo fino a Pasqua, il contributo di consegna della spesa diventerà gratuito sia per l’e-commerce Esselunga a Casa sia per le consegne dai negozi all’abitazione, in tutte le zone dove Esselunga è presente con il servizio”.
La denuncia: “Consegne diminuite del 50% e nessuna tutela dalle piattaforme” – “Nessuno ha dotato i rider di mascherine o guanti, gli è stata solo inoltrata una mail informativa con i divieti e le limitazioni previste per chi viene dalle zone rosse ma non c’è alcun riferimento a come comportarsi per chi risiede o opera nelle cosiddette zone gialle, come ad esempio Milano. Chi vuole la mascherina deve comprarsela da solo“, spiega a Ilfattoquotidiano.it Angelo, membro di Deliverance Milano sottolineando come il vero problema però sia il calo del lavoro. “In queste due settimane stiamo ricevendo decine di segnalazioni di fattorini che lamentano un drastico calo delle richieste: stanno facendo circa il 50% delle consegne in meno rispetto al solito, all’incirca una ogni ora se non addirittura una ogni due. E per loro che vengono pagati ancora sulla base delle consegne effettuate significa una perdita economica considerevole. Oltretutto non tutti riescono a fare neanche quell’unica consegna al giorno, perché Glovo, Deliveroo, Uber e le varie piattaforme vedendo il calo degli ordini hanno ridotto la flotta di persone da incaricare – prosegue -. Per questo abbiamo sollecitato il governo sulla necessità di istituire strumenti di sostegno per questa categoria già poco tutelata. Deliveroo prevede teoricamente un indennizzo minimo nel caso in cui un rider non riceva nessun incarico per tutta la giornata ma nella realtà questi soldi non si vedono mai”. “Chi paga per tutto questo? Deliveroo fornirà i materiali per la prevenzione? Si assicurerà che tutti i fattorini siano messi in condizione di prevenire il contagio? Retribuirà le ore di lavoro aggiuntivo per disinfettare il materiale? Pagherà i lavoratori che presentano sintomi sospetti? Sono domande retoriche, sappiamo già la risposta”, rilancia Riders Union Bologna. “Per Deliveroo il COVID-19 non cambia nulla. Per loro l’importante è continuare a fare business con i costi della prevenzione tutti a carico dei lavoratori. Anche in momenti come questi, i fattorini devono subire l’umiliazione di essere lavoratori ‘diversi’“. Un appello accolto dal Comune di Bologna, con l’assessore al Lavoro Marco Lombardo che, di concerto con il sindaco Virginio Merola, ha chiesto alle piattaforme di consegna di cibo a domicilio che operano sul territorio di dotare i fattorini di idonei strumenti di protezione per il coronavirus a partire da guanti, disinfettanti e mascherine.
L’appello dei rider al presidente Conte – Il collettivo di precari del mondo del delivery intanto ha lanciato un appello al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro del Lavoro Nunzia Catalfo per chiedere maggiori tutele in questo frangente di emergenza e di avere “accesso agli ammortizzatori e agli strumenti di sostegno al reddito“. In una nota diffusa sulla pagina Facebook Deliverance Milano si legge che in seguito all’emergenza Covid 19 “nelle relative misure preventive” imposte da Governo e Regioni “non sono state ancora previste le protezioni e i dispositivi di sicurezza dovuti ai fattorini delle consegne a domicilio, tenendo conto non soltanto dei rischi a cui un corriere è soggetto normalmente ma anche di quelli a cui è esposto in questa fase delicata”. Il collettivo spiega che dall’esplosione dall’inizio dell’epidemia “le piattaforme hanno dimezzato le ore e le paghe ai rider, giustificandosi con il calo delle consegne dovuto alla paura dei clienti” e ricordando che “la maggioranza dei lavoratori risulta essere senza contratto”, nonostante la Corte di Cassazione abbia loro riconosciuto “pieni diritti e tutele da subordinati”. Per questo “chiediamo al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro Nunzia Catalfo di dare seguito e concretezza alla discussione già avviata tra le parti sociali per avere accesso agli ammortizzatori e agli strumenti di sostegno al reddito annunciati, affinché nessuno dei lavoratori coinvolti da questo periodo di dissesto economico, soprattutto i meno tutelati, venga lasciato indietro”.
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Economia & Lobby
Nuova mossa nella guerra commerciale Usa contro la Cina: stop all’arrivo di pacchi. Temu e Shein a rischio. Pechino: “Irragionevole”
Lavoro & Precari
Crisi dell’auto: Italia, Francia e Germania “svuotate” dall’Est. E ora c’è chi va in Africa. Industria a pezzi, gli operai in piazza a Bruxelles: ‘Ue governi la transizione’
Da Il Fatto Quotidiano in Edicola
Da ‘governo estraneo’ a ‘scelta politica’: tutte le versioni sul caso Almasri. La nuova piroetta di Nordio: ‘Dall’Aja mandato d’arresto con errori’
Roma, 5 feb. (Adnkronos) - "Trump questa volta farà tutto quello che ha detto in campagna elettorale. Ha progetto alternativo all'esistenza dell’Ue come organizzazione multilaterale e comunitaria. Adesso abbiamo capito che quella di Trump è una sfida mortale per il nostro progetto e dobbiamo comportarci bene conseguenza". Lo dice Enrico Letta in un'intervista a La Vanguardia. Per l'ex-premier "è chiaro che l’Europa sarà il prossimo obiettivo" del presidente Usa sul fronte dazi.
Quale dovrebbe essere la risposta dall'Ue? "Se Trump attaccasse il commercio, come sta facendo con Canada e Messico, saremo costretti a reagire". A partire dal settore finanziario a quello dell'innovazione e energetico. "Penso che sia essenziale procedere verso un mercato unico di energia per garantire una diminuzione dei costi".
Quale potrebbe essere l'impatto delle elezioni tedesche nel processo di integrazione? "L’ascesa dell’estrema destra potrebbe cambiare la strategia di integrazione europea. Il grande timore è che il populismo europeo costringa il continente a discutere soltanto un unico tema: l’immigrazione. E' un problema, ma non la priorità. Dobbiamo gestirlo, ma il vero problema è la mancanza di competitività. Perché se manca la crescita, manca tutto il resto".
Washington, 5 feb. (Adnkronos/Afp) - Una sparatoria nello Stato americano dell'Ohio ha provocato almeno un morto e cinque feriti. Ad annunciarlo alle prime ore di oggi è stata la polizia locale, spiegando che il presunto responsabile è ancora in fuga.
La sparatoria è avvenuta nella tarda serata di ieri ora locale a New Albany, in un deposito in cui sono immagazzinati cosmetici. C'è stata "una vittima" e cinque feriti, raggiunti da colpi di arma da fuoco, ora ricoverati in ospedale, ha annunciato Greg Jones, capo della polizia della città.
Sulla "persona di interesse", ossia il sospetto, Jones ha detto che non vi è motivo "di credere che sia una minaccia generale per la società". "Sembra che si tratti di un attacco mirato", ha aggiunto, spiegando che la polizia ha evacuato circa 150 persone e che nel magazzino è stata trovata un'arma da fuoco. Jones ha detto che le autorità stanno operando per fermare il sospetto.
Pechino, 4 feb. (Adnkronos) - Pechino non resta ferma davanti alla decisione di Trump di porre dazi aggiuntivi del 10% sui prodotti cinesi importati negli Stati Uniti. Ma manda una risposta che, secondo molti osservatori, è "più simbolica" che altro. La rappresaglia cinese colpisce il settore dell'energia, delle auto, arriva con "contromisure" che prendono di mira singole aziende americane e con una stretta sulle esportazioni di metalli e metalloidi, oltre a un'indagine antitrust contro Google. Sembra l'inizio di un nuovo round della guerra commerciale tra le due potenze. Quella in cui, ripetono da tempo i cinesi, "non ci sono vincitori né vinti".
Il leader cinese Xi Jinping, che non fa mistero delle sue ambizioni di una Cina alla guida di un ordine mondiale alternativo, potrebbe vedere persino un'opportunità, evidenzia la Bbc, sottolineando come le contromisure cinesi, tutte mirate, siano limitate nella portata rispetto ai dazi decisi da Trump, come l'impatto sugli Usa possa essere limitato. Gli Stati Uniti sono il principale esportatore di Gnl al mondo, ma riguarda la Cina circa il 2,3% di queste esportazioni e il grosso delle importazioni di auto arriva da Europa e Giappone. Così, secondo la rete britannica, potrebbe trattarsi di un modo per guadagnare un po' di potere contrattuale in vista di eventuali colloqui, anche se esiste comunque il rischio di una guerra commerciale più vasta fatta di rappresaglie.
La rete britannica sottolinea come molto sia cambiato dalla prima Amministrazione Trump, come l'economia cinese non sia più dipendente dagli Stati Uniti, come era nel 2020, come Pechino abbia rafforzato gli accordi con gli 'amici' in Africa, in America Latina e nel Sudest asiatico. E, rimarca la Bbc, mentre le mosse di Trump seminano divisione, con la minaccia di colpire persino l'Ue con i dazi, la Cina vorrà apparire calma, stabile e forse anche un partner commerciale più attraente.
La risposta cinese ai nuovi dazi "è una mossa più che altro simbolica", secondo Louise Loo di Oxford Economics, che - come riporta il Wall Street Journal - ritiene probabile ulteriori round di dazi. La risposta cinese sembra voler tenere 'in panchina' "misure che potrebbero provocare un danno più importante agli scambi commerciali" tra le due potenze, scrive il New York Times. "Si tratta di una risposta relativamente limitata, che interessa non più del 30% delle esportazioni Usa in Cina", conviene Bert Hofman, con un passato alla Banca Mondiale e ora docente all'East Asian Institute della National University of Singapore. Anche perché, è il ragionamento, probabilmente i cinesi si tengono pronti poiché "questo potrebbe essere solo il primo passo dell'Amministrazione Trump".
In questo contesto, secondo Yun Sun, direttore del programma Cina dello Stimson Centre, con "la politica 'America First' di Trump", che "porterà sfide e minacce per tutti i Paesi nel mondo", dal "punto di vista della competizione strategica Usa-Cina, un peggioramento di leadership e credibilità statunitense andrà a vantaggio della Cina".
E, come dice alla Bbc John Delury, docente alla Yonsei University di Seul, "la combinazione di dazi contro i principali partner commerciali e il blocco degli aiuti all'estero mandano al Sud Globale e all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico il messaggio che gli Usa non sono interessati alla collaborazione a livello internazionale". Così, "il messaggio di Xi sulla globalizzazione 'win-win' assume un significato completamente nuovo mentre l'America fa un passo indietro".
Tuttavia, evidenzia Chong Ja Ian di Carnegie China, "molti alleati e partner degli Usa, soprattutto nel Pacifico, hanno motivi per lavorare con Pechino, ma hanno anche ragione per essere prudenti". E per questo, osserva, "abbiamo visto avvicinarsi Giappone, Corea del Sud, Filippine e Australia". Ci sono i timori per l'assertività cinese nel Mar cinese meridionale, ma anche per Taiwan, isola di fatto indipendente che Pechino considera una "provincia ribelle" da "riunificare" e che è uno dei 'temi caldi' nei rapporti tra Washington e Pechino.
Roma, 5 feb. (Adnkronos) - Per trovare un compromesso con la nuova amministrazione americana di Donald Trump, che ha già iniziato una guerra commerciale con Messico, Canada e Cina, "occorre dialogare, e l'Italia è il migliore ambasciatore dell'Unione europea". Questo è quanto sostenuto dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nella sua audizione a Montecitorio sul Consiglio affari esteri dell’Unione europea dello scorso 27 gennaio. "Mi sembra che il presidente Trump stia dando i primi segnali di volontà di negoziare. Lo dimostra quanto accaduto nelle ultime ore con la sospensione dei dazi per Canada e Messico, dimostra che il dialogo serve", ha aggiunto.
"A Bruxelles ho ribadito l’importanza di individuare un’agenda positiva su cui lavorare con gli Stati Uniti, mantenendoci pragmatici e aperti. La politica commerciale della nuova Amministrazione americana rappresenta un banco di prova per tutta l’Unione europea. È una sfida che vogliamo affrontare uniti, senza reazioni scomposte e spirali incontrollate. Le guerre commerciali non convengono a nessuno", ha detto. "Noi ci faremo trovare pronti. Stiamo elaborando una strategia per aumentare il raggio d’azione del nostro export e raggiungere sempre più nuovi mercati, come già avvenuto nel 2024, quando abbiamo raggiunto la cifra record di 305 miliardi di euro di export nell’area extra Ue", ha aggiunto.
"L’economia europea e quella americana sono profondamente legate. Il volume dell’interscambio rappresenta un terzo dell’intero commercio mondiale. Di tutti i beni statunitensi all’estero, due terzi sono in Europa - ha proseguito il ministro - Sono pertanto fiducioso che riusciremo a trovare dei punti di intesa anche sul piano commerciale, nel quadro del nostro rapporto solido con Washington".
"L’unità fra le due sponde dell’Atlantico è peraltro cruciale per tutelare i nostri interessi strategici, dal Mediterraneo allargato al Mar Rosso. Una tutela che deve essere garantita anche dallo strumento di una difesa comune. La Nato ne è la pietra angolare. Come ho sottolineato lo scorso mese di dicembre al Segretario Generale Rutte. Dobbiamo rafforzare il suo pilastro europeo. L’Europa deve dimostrare di sapersi assumere le proprie responsabilità. Serve infatti un salto di qualità nel processo d’integrazione, a cominciare appunto dal tema della difesa - ha detto Tajani - Cruciale sarà il tema dei finanziamenti. Dovremo pensare a soluzioni innovative, superare i tabù, scorporare le spese della difesa dai vincoli del Patto di Stabilità e Crescita, utilizzare gli eurobond e attingere a fondi del Next Generation Eu non utilizzati".
"Tornerò domani in Israele. L’Italia vuole essere protagonista di questo processo di pacificazione e di ricostruzione della Striscia", ha poi sottolineato poi Tajani aggiungendo: "Sul fronte israelo-palestinese, il Consiglio ha discusso della situazione sul terreno all’indomani del cessate il fuoco a Gaza. Abbiamo tutti accolto con sollievo le prime liberazioni di ostaggi e l’aumento dell’accesso di aiuti umanitari nella Striscia". "È un risultato a cui abbiamo lavorato senza sosta anche come presidenza del G7, sostenendo la mediazione di Stati Uniti, Qatar ed Egitto - ha ricordato - Proprio per questo ho voluto essere in Israele e Palestina già il giorno dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco. Ho incontrato il Presidente Herzog e il Ministro degli Esteri Sa’ar, e a Ramallah il Premier palestinese Mustafa, al quale ho annunciato un nuovo contributo da 10 milioni di euro a favore della popolazione di Gaza".
"Hamas non può tornare a controllare la Striscia. La popolazione di Gaza ha pagato un prezzo troppo alto per la sua follia terroristica. Per questo siamo in prima linea nel sostegno all’Autorità palestinese nel suo processo di riforme. A tale riguardo, il ridispiegamento della Missione europea Eubam a Rafah è un segnale fondamentale, dall’alto valore anche simbolico: una significativa presenza europea, con il compito di assistere l’Autorità Palestinese nella gestione del valico che collega Gaza all’Egitto - ha proseguito - Si tratta di uno snodo fondamentale per l’accesso umanitario e per la ripresa economica della Striscia".
"Come ha ribadito anche il ministro Crosetto, l’Italia garantirà ogni contributo necessario. I nostri Carabinieri dispiegati all’interno della missione hanno già raggiunto Rafah. Li incontrerò domani, insieme al Comandante generale dei Carabinieri Salvatore Luongo e al personale impegnato nella missione Miadit a Gerico che contribuisce alla formazione delle forze di sicurezza palestinesi. I nostri militari saranno una garanzia di equilibrio e stabilità, così come lo sono da tempo al confine tra Serbia e Kosovo", ha detto ancora il vicepremier.
"Il valico di Rafah sarà gestito in prima battuta da personale dell’Autorità palestinese in uniforme. È un punto molto importante, che consente all’Anp di tornare ad esercitare la propria sovranità su una porzione del territorio della Striscia. È un passo in avanti verso la seconda fase dell’accordo, ma anche la dimostrazione che l’Europa può fornire un contributo rilevante alla costruzione di una nuova stagione in Palestina, tanto in Cisgiordania quanto a Gaza - ha detto, per poi conculudere che - Con la nuova Amministrazione americana potremo lavorare anche per ridare slancio agli Accordi di Abramo per normalizzare i rapporti dei Paesi arabi con Israele. Quel percorso si era interrotto con gli attacchi del 7 ottobre. Adesso si devono riannodare i fili.
Washington, 5 feb. (Adnkronos/afp) - Il presidente americano Donald Trump ha svelato, nell'incontro a Washington con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il piano straordinario con cui gli Stati Uniti potrebbero assumere il controllo della Striscia di Gaza, trasformando il territorio nella "Riviera del Medio Oriente".
In conferenza stampa congiunta con Netanyahu dopo l'incontro tenutosi alla Casa Bianca, Trump ha presentato il suoi piano assicurando di voler rendere l'enclave martoriata dalla guerra "incredibile", rimuovendo bombe inesplose e macerie e riqualificandola sul piano economico. "Gli Stati Uniti prenderanno il controllo della Striscia di Gaza e ci lavoreranno. La possederemo", ha detto.
Il tycoon ha assicurato di avere il sostegno della "massima leadership" in Medio Oriente e ha aumentato la pressione su Egitto e Giordania per accogliere gli sfollati di Gaza, nonostante entrambi i paesi e i palestinesi avessero già respinto categoricamente l'ipotesi. Trump sostiene una "proprietà a lungo termine" di Gaza da parte degli Stati Uniti, che la renderebbe "la Riviera del Medio Oriente. Potrebbe essere qualcosa di magnifico".
Trump ha insistito sul fatto che i palestinesi “non hanno alternative” se non quella di lasciare il “grande cumulo di macerie” che è Gaza dopo oltre 15 mesi di bombardamenti israeliani volti a smantellare Hamas in risposta all'assalto del gruppo terroristico del 7 ottobre. Il presidente degli Stati Uniti ha quindi ribadito la sua convinzione che i palestinesi dovrebbero essere collocati in uno o più altri Paesi per "vivere in pace".
Da quando è tornato in carica, il tycoon ha insistito affinché Egitto e Giordania si offrissero di ospitare i palestinesi, ma i due Paesi hanno rifiutato categoricamente l'idea, sostenendo che ciò li destabilizzerebbe e che ai palestinesi dovrebbe essere permesso di rimanere nelle loro terre, proprio come agli israeliani.
Netanyahu ha mostrato apertura verso il piano di Trump, che potrebbe "cambiare la storia" e verso cui vale la pena "prestare attenzione". Il premier israeliano, giunto alla Casa Bianca per tenere colloqui sulla seconda fase della tregua Israele-Hamas, ha invece visto il focus dell'incontro spostato su un'iniziativa che potrebbe completamente trasformare lo status quo Medio Oriente. Trump, che ha anche fatto intendere di star ragionando su un possibile viaggio a Gaza, non sembra intenzionato a ricostruirla per i palestinesi. "Non dovrebbe passare attraverso un processo di ricostruzione e occupazione da parte delle stesse persone che hanno... vissuto lì e sono morte lì e hanno vissuto un'esistenza miserabile lì", ha detto.
I due leader avevano avuto momenti di tensione in passato, ma Netanyahu ha accolto il ritorno del tycoon alla Casa Bianca, dopo che i rapporti con Joe Biden erano stati messi in crisi dalla postura di Israele nel conflitto. Il leader israeliano non ha escluso un ritorno alle ostilità con Hamas o con gli altri nemici nella regione, tra cui Hezbollah e l'Iran in Libano. "Metteremo fine alla guerra vincendola", ha insistito Netanyahu, garantendo il ritorno di tutti gli ostaggi tenuti da Hamas.
Netanyahu ha anche espresso fiducia su un possibile accordo con la storica rivale regionale, l'Arabia Saudita, per normalizzare le relazioni. Ma dopo aver ascoltato il piano di Trump, Riad ha ribadito che non avrebbe formalizzato i legami con Israele senza la creazione di uno stato palestinese.
Israele e Hamas stanno iniziando a negoziare questa settimana i termini della seconda fase del cessate il fuoco a Gaza, che dovrebbe vedere il rilascio degli ostaggi ancora in vita in cambio della fine definitiva della guerra - cosa che probabilmente lascerebbe Hamas al potere, non rispettando l'impegno di Netanyahu di smantellare completamente le capacità militari e di governo del gruppo terroristico.
Pechino, 4 feb. (Adnkronos) - Pechino non resta ferma davanti alla decisione di Trump di porre dazi aggiuntivi del 10% sui prodotti cinesi importati negli Stati Uniti. Ma manda una risposta che, secondo molti osservatori, è "più simbolica" che altro. La rappresaglia cinese colpisce il settore dell'energia, delle auto, arriva con "contromisure" che prendono di mira singole aziende americane e con una stretta sulle esportazioni di metalli e metalloidi, oltre a un'indagine antitrust contro Google. Sembra l'inizio di un nuovo round della guerra commerciale tra le due potenze. Quella in cui, ripetono da tempo i cinesi, "non ci sono vincitori né vinti".
Il leader cinese Xi Jinping, che non fa mistero delle sue ambizioni di una Cina alla guida di un ordine mondiale alternativo, potrebbe vedere persino un'opportunità, evidenzia la Bbc, sottolineando come le contromisure cinesi, tutte mirate, siano limitate nella portata rispetto ai dazi decisi da Trump, come l'impatto sugli Usa possa essere limitato. Gli Stati Uniti sono il principale esportatore di Gnl al mondo, ma riguarda la Cina circa il 2,3% di queste esportazioni e il grosso delle importazioni di auto arriva da Europa e Giappone. Così, secondo la rete britannica, potrebbe trattarsi di un modo per guadagnare un po' di potere contrattuale in vista di eventuali colloqui, anche se esiste comunque il rischio di una guerra commerciale più vasta fatta di rappresaglie.
La rete britannica sottolinea come molto sia cambiato dalla prima Amministrazione Trump, come l'economia cinese non sia più dipendente dagli Stati Uniti, come era nel 2020, come Pechino abbia rafforzato gli accordi con gli 'amici' in Africa, in America Latina e nel Sudest asiatico. E, rimarca la Bbc, mentre le mosse di Trump seminano divisione, con la minaccia di colpire persino l'Ue con i dazi, la Cina vorrà apparire calma, stabile e forse anche un partner commerciale più attraente.
La risposta cinese ai nuovi dazi "è una mossa più che altro simbolica", secondo Louise Loo di Oxford Economics, che - come riporta il Wall Street Journal - ritiene probabile ulteriori round di dazi. La risposta cinese sembra voler tenere 'in panchina' "misure che potrebbero provocare un danno più importante agli scambi commerciali" tra le due potenze, scrive il New York Times. "Si tratta di una risposta relativamente limitata, che interessa non più del 30% delle esportazioni Usa in Cina", conviene Bert Hofman, con un passato alla Banca Mondiale e ora docente all'East Asian Institute della National University of Singapore. Anche perché, è il ragionamento, probabilmente i cinesi si tengono pronti poiché "questo potrebbe essere solo il primo passo dell'Amministrazione Trump".
In questo contesto, secondo Yun Sun, direttore del programma Cina dello Stimson Centre, con "la politica 'America First' di Trump", che "porterà sfide e minacce per tutti i Paesi nel mondo", dal "punto di vista della competizione strategica Usa-Cina, un peggioramento di leadership e credibilità statunitense andrà a vantaggio della Cina".
E, come dice alla Bbc John Delury, docente alla Yonsei University di Seul, "la combinazione di dazi contro i principali partner commerciali e il blocco degli aiuti all'estero mandano al Sud Globale e all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico il messaggio che gli Usa non sono interessati alla collaborazione a livello internazionale". Così, "il messaggio di Xi sulla globalizzazione 'win-win' assume un significato completamente nuovo mentre l'America fa un passo indietro".
Tuttavia, evidenzia Chong Ja Ian di Carnegie China, "molti alleati e partner degli Usa, soprattutto nel Pacifico, hanno motivi per lavorare con Pechino, ma hanno anche ragione per essere prudenti". E per questo, osserva, "abbiamo visto avvicinarsi Giappone, Corea del Sud, Filippine e Australia". Ci sono i timori per l'assertività cinese nel Mar cinese meridionale, ma anche per Taiwan, isola di fatto indipendente che Pechino considera una "provincia ribelle" da "riunificare" e che è uno dei 'temi caldi' nei rapporti tra Washington e Pechino.
Roma, 4 feb. (Adnkronos) - Disagi in vista oggi in Lombardia per chi si sposta in treno. Dalle 3 di mercoledì 5 febbraio 2025 alle 2 di giovedì 6 il sindacato Orsa ha proclamato una giornata di sciopero che potrà generare ripercussioni al servizio Regionale, Suburbano, Aeroportuale e la Lunga Percorrenza di Trenord. Viaggeranno i treni con partenza prevista dopo le 6 e dopo le 18, con arrivo previsto entro le 9 ed entro le 21.
Nel caso di cancellazione dei treni del servizio aeroportuale, saranno istituiti bus senza fermate intermedie tra: Milano Cadorna e Malpensa Aeroporto per il Malpensa Express. Da Milano Cadorna gli autobus partiranno da via Paleocapa 1. Stabio e Malpensa Aeroporto per il collegamento aeroportuale S50 Malpensa Aeroporto – Stabio.
Disagi in vista anche per chi viaggia in aereo con lo sciopero del personale delle aziende di handling associate a Assohandlers indetto dalla Flai Trasporti e Servizi.