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Generic Animal spinge sulla trap, il rock e l’hip hop: “Ma poi ballo in salotto Lucio Dalla con mio padre”

“Presto” è il terzo album del giovane artista che suona vari strumenti, disegna, scrive con la chitarra e con GarageBand. Un vero e proprio romanzo di formazione in musica, in cui c'è spazio anche per il rapporto col padre e quella strana ossessione per le macchine brutte

di Andrea Conti

Generic Animal è lo pseudonimo di Luca Galizia. Suona vari strumenti, disegna, scrive con la chitarra e con GarageBand. Luca arriva dall’hardcore e dall’emo ed è al suo terzo disco all’attivo: “Presto”. Tra i 12 brani ci sono anche le collaborazioni con: Franco126, Massimo Pericolo e Nicolaj Serjotti, ma anche Joan Thiele e Jacopo Lietti. Generic Animal offre in musica un vero e proprio romanzo di formazione. Non a caso i suoi brani ruotano attorno al lavoro, l’infanzia e l’adolescenza, i soldi, l’amore, le relazioni e i genitori. Pacato, quasi timido, con l’inseparabile cappellino, il 25enne Luca ha le idee chiare: “Quando inizio una cosa, se non la finisco la butto via”.

Luca ama raccontarsi ma lo fa sempre con un filo di nostalgia. “È vero che nei miei pezzi si parla molto di solitudine e cambiamenti, – racconta a FqMagazine – in fondo fa sempre comodo pensare al passato e a come si stava da bambini. La cosa pazzesca è che questo album è nato anche mentre ero in tour, in un momento di transizione perché sono uno sfigato totale e in quel periodo ho dovuto sostenere tre traslochi diversi, ero pure incazzato con mio padre, ho perso 700 euro del merchandising, cosa che canto proprio in uno dei brani”.

Spicca tra tutti il duetto con Massimo Pericolo, uno degli esponenti più apprezzati della nuova generazione di rapper. “Inizialmente ‘Scherzo’ era una canzone aperta, senza strofe né ritornello e nel momento in cui abbiamo deciso di chiuderla, ci siamo accorti che era piatta. – rivela Luca – Così abbiamo pensato di tirare in mezzo un amico ed ecco che è apparso Massimo Pericolo, tutti e due abbiamo fatto le scuole professionali, abbiamo lo stesso background, la stessa radice. Tra noi c’è un legame forte, sin da quando eravamo piccoli, avevamo sedici anni. La cosa bella è che non siamo mai stati d’accordo sul tema musica, abbiamo sempre litigato, ma il nostro è sempre stato uno scambio di idee serrato e sincero. Siamo sempre rimasti in contatto”.

All’interno di questo romanzo di formazione c’è uno dei brani più intensi: “Volvo”, in si parla del rapporto padre-figlio. “Voglio bene a mio padre, ha lavorato come odontotecnico (io ho lo stesso diploma peraltro) e supplente per qualche anno alle superiori, poi si è laureato nonostante avesse una famiglia con tre figli. – spiega – Questa è una canzone canzone metaforica parla come vedi i tuoi e genitori da piccolo, poi diventi adulto di colpo e cerchi di capire come vorresti conservare i rapporti, si cresce si va via di casa, i genitori si separano. La cosa della Volvo mi ha sempre fatto ridere perché mio padre ogni volta girava per le concessionarie scegliendo la macchina più brutta da acquistare. È vero che ballavano sulle canzoni di Lucio Dalla, per il quale papà ha una ammirazione totale così come per Samuele Bersani e Ron. Quando è morto Dalla mio padre a scuola ha imposto un minuto di silenzio in suo onore”.

Ancora prima di dedicarsi anima e corpo nella musica, Luca è stato anche uno studente dell’Accademia di Brera: “Di quel periodo e di quello che ero quando ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera – conclude – rimane molto poco, mi sono rasato a zero, sono rimasto pelato. Alla fine ho fatto quattro esami e poi basta. Disegnavo in maniera scarse e ai corsi la competizione era altissima. Io non ascoltavo i prof, facevo di testa mia, così disegnavo con pennarelli e biro. Non era il mondo per me”.

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