Primi effetti Coronavirus sul mercato del lavoro. Mentre Covid-19 avanza in tutta Europa, emergono i sintomi del malessere economico che colpisce soprattutto il settore del turismo e dei servizi. Così con le restrizioni su cinema e teatri e le cancellazioni delle prenotazioni in hotel arrivano anche i primi licenziamenti. Tutta colpa dell’epidemia? Non solo. Secondo i sindacati non si deve trascurare il rischio che l’emergenza sanitaria venga cavalcata da alcuni datori di lavoro già in difficoltà con l’obiettivo di tagliare facilmente i dipendenti di troppo.

A lanciare l’allarme è la Camera del Lavoro di Milano che si è schierata dal lato di un lavoratore licenziato da un gruppo che gestisce appartamenti di lusso. Il dipendente è stato mandato a casa “causa impatto da Coronavirus”. “C’è grande preoccupazione per le ricadute dell’emergenza – ha spiegato il segretario generale della Camera del Lavoro di Milano, Massimo Bonini -. Ma c’è attenzione anche su chi potrebbe approfittare di questa situazione già drammatica“. Bonini ha poi ricordato che solo nell’hinterland di Milano sono circa 300mila i lavoratori del turismo e dell’enterteinment (almeno altri 200mila fra indotto dello spettacolo e dell’ospitalità) che stanno soffrendo per l’emergenza sanitaria.

I primi a subire l’effetto Coronavirus saranno inevitabilmente i lavoratori più “flessibili” e cioè le partite Iva, i contratti a chiamata, a tempo determinato e di somministrazione. E il peggio è che gli stagionali non beneficiano di ammortizzatori sociali. In generale, trattandosi di formule lavorative “flessibili”, i datori di lavoro possono infatti facilmente mettere in campo ridimensionamenti finalizzati a far quadrare i conti. Non a caso il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha chiesto l’ampliamento della cassa integrazione ordinaria e straordinaria a tutti i lavoratori. Se l’intervento sul lavoro flessibile non dovesse essere sufficiente alle imprese si passerà poi anche a part-time e contratti a tempo indeterminato, che sono maggiormente tutelati.

La situazione è decisamente delicata: il turismo è un settore strategico per il Paese e vale circa il 13 per cento del prodotto interno lordo (incluso l’indotto) impiegando circa 4,2 milioni di posti di lavoro. Federturismo stima una perdita del giro d’affari da 7,5 miliardi di euro solo nel prossimo trimestre. Ma avverte che il dato è in evoluzione come le denunce di sforbiciate ai lavoratori che si stanno allargando in tutta Italia. Per il presidente di Federalberghi, Bernabò Boccia ha chiesto “alle istituzioni, a tutti i livelli, quindi non solo allo Stato, ma anche alle Regioni e ai comuni, di adottare con urgenza ogni misura utile a garantire liquidità alle aziende e salvaguardare i posti di lavoro, per evitare il tracollo di un settore strategico, in cui operano oltre 300.000 imprese, che offrono lavoro a 1,5 milioni di persone”.

Intanto le imprese stanno già avviando i tagli sui lavoratori. Oltre a Milano, a Pisa l’imprenditore Antonio Veronese ha annunciato che licenzierà 21 dei suoi 25 dipendenti. “In città non ci sono più turisti e questo si ripercuote sulle attività commerciali – ha spiegato -. È dura per me licenziare così tante persone, sapendo che tra di loro c’è chi ha mutui da pagare o famiglie da mantenere. Eppure è una realtà comune a molte aziende”.

In Veneto gli albergatori temono salti l’intera stagione, come rileva la Fisascat Cisl. Con tutte le conseguenze del caso sul mondo del lavoro. In Sicilia si registra il caso dimensionalmente più grave: la procedura di licenziamento collettivo per 898 persone messa in atto dalla Eurostal Hotel. Per il segretario generale Fisascat Cisl Sicilia, Mimma Calabrò, non sarà un caso isolato. Per questo, secondo la sindacalista, il governo deve valutare il da farsi nel settore turistico non solo nella zona rossa, ma in tutta Italia.

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