[La riflessione] Proprio mentre aumentano i casi di Coronavirus, il nostro sistema sanitario è quasi in ginocchio e arrivano alcune raccomandazioni, tra le quali quelle di stare a casa e di evitare luoghi affollati, improvvisa come le viole a primavera l’Italia riscopre la voglia di uscire. Di bighellonare. Di abbracciarsi, sbaciucchiarsi, di vivere la vita reale
I social, la solitudine, l’assenza di relazioni. Il grande problema dell’era di Instagram, Facebook, Twitter: “I social hanno ridotto al minimo la voglia di uscire e di relazionarsi agli altri“. Che sia raccontato in una puntata della serie tv cult Black Mirror o il risultato di uno studio dell’Università della Pennsylvania pubblicato sul Journal of Social and Clinical Psychology poco importa. Lo sappiamo, lo vediamo e in molti lo ‘rivendicano’ proprio sui social stessi: “Quanto è bello stare a casa”. Le relazioni amorose, persino, nascono e muoiono sui social, perché chi ce lo fa fare di uscire davvero, incontrare una persona e scoprire, magari dopo mesi di chat, che è tutto fuorché quello che ci aspettavamo.
Accade però che proprio mentre aumentano i casi di Coronavirus, il nostro sistema sanitario è quasi in ginocchio e arrivano alcune raccomandazioni, tra la quali quelle di stare a casa e di evitare luoghi affollati, improvvisa come le viole a primavera l’Italia riscopre la voglia di uscire. Di bighellonare. Di abbracciarsi, sbaciucchiarsi, di vivere la vita reale. Incredibile quanti danni possa fare la mancanza di tempismo unita all’incapacità di comprendere la realtà. Così, anche dopo che l’intera regione Lombardia è stata dichiarata zona rossa, con divieto di entrare e uscire, ecco che orde di gente corrono verso le stazioni e le autostrade. Via, veloci come il vento. “Se non fosse trapelata una bozza del decreto sarebbero partite meno persone, il Governo si vergogni“. “Secondo la Cnn la fuga di informazioni è responsabilità dell’ufficio stampa della Regione Lombardia” , “Chi si dimette?“: alcuni tweet. Al netto di queste considerazioni, resta l’improvvisa volontà di riunirsi ai parenti che centinaia di persone stanno manifestando: c’è da scommettere che alcuni, non trovando treni o auto, avrebbero intrapreso il viaggio attaccati alla scocca di un’automobile, in equilibrio precario per diverse ore pur di arrivare da mamma.
“Cronache da un paese del sud: locali (piccoli) pieni di ragazzi rientrati dalle città dove studiano che si salutano a suon di “Sei tornato solo o con il virus? Ahahah”, mentre si baciano e si abbracciano. Praticamente un Natale in differita“. Questo racconta un utente su Twitter, e non è certo il solo: “Il virus non se l’aspettava tutta questa collaborazione“. Già. Come se non fosse abbastanza chiaro che evitare di frequentare luoghi affollati e di partire sono precauzioni necessarie, doverose, da prendere con la maggior serietà possibile. Per salvare il nostro prezioso sistema sanitario e cercare di uscire prima possibile da un’emergenza che sta martoriando la nostra economia. I posti in terapia intensiva in Lombardia, stanno finendo. Solo questa frase dovrebbe bastare a far desistere da questa nuova ‘attitudine alla folla’.
Fronteggiare le situazioni inattese rispondendo il modo adeguato è la chiave dell’evoluzione. Oppure c’è la “strategia dell’astice”, che una grande scrittrice e zoologa, Fred Vargas, ha descritto in un suo saggio. L’astice: una creatura che non si è evoluta di un millimetro dal Carobonifero a oggi. L’astice: immobile, incapace di affrontare cambiamento e pericolo. Quel che gli ha permesso di arrivare ai tempi nostri così com’è, è la sua corazza a tutta prova. Che noi non abbiamo. Dobbiamo giocare di buon senso, di responsabilità, di altruismo e comprensione. Cose che l’astice, ovviamente, non fa e non ha mai fatto in duecentocinquanta milioni di anni. “Tutta l’infelicità dell’uomo deriva dal non saper stare solo in una stanza”. Blaise Pascal avrebbe forse ritrattato questa frase, vedendoci al tempo dei social. Oggi probabilmente invece la cambierebbe: “Molti problemi dell’uomo derivano dal non saper stare chiuso in una stanza, quando gli viene chiesto di farlo”.