Cinema

Max Von Sydow, morto l’attore svedese amato da Ingmar Bergman. Indimenticabile padre Merrin ne L’Esorcista

Ad Hollywood è sempre stato definito un “cattivo sofisticato”. Oltre un metro e novanta di altezza, occhi blu intensi e scontrosi, viso stretto e pallido, voce  profonda, Von Sydow era nato a Lund in Svezia il 10 aprile del 1929

di Davide Turrini

Immenso, magnifico, regale. Addio a Max Von Sydow. L’attore svedese, amato, lanciato e voluto da Ingmar Bergman in ben 11 suoi film, diventato hollywoodianamente celebre per la parte di padre Merrin ne L’esorcista di William Friedkin, è morto a 90 anni nella sua casa di Parigi. Difficile riuscire a mettere insieme una carriera illuminata ed eterogenea durata oltre mezzo secolo (l’esordio è con Bergman proprio nel 1957 con Il settimo sigillo).

Più semplice ricordare questa sua sinistra, austera, elegante gravità trasferita in ogni personaggio e su ogni set in cui ha recitato senza eccedere sopra le righe nemmeno quando ancora era alle prese con piccole parti secondarie. Ad Hollywood è sempre stato definito un “cattivo sofisticato”. Oltre un metro e novanta di altezza, occhi blu intensi e scontrosi, viso stretto e pallido, voce profonda. Von Sydow aveva un portamento magnetico e cupo, una figura statuaria e sottilmente gigantesca. Quando anche a noi capitò casualmente di incontrarlo sotto un portico di una città del Nord Italia in un piovoso e grigio inverno, l’impressione fu quella di vedere la sagoma di padre Merrin avvicinarsi alla casa dove vive l’indiavolata Regan, proprio come nella storica locandina de L’Esorcista. Von Sydow era nato a Lund in Svezia il 10 aprile del 1929. Padre etnologo e madre di origini aristocratiche della Pomerania, la futura star iniziò a recitare in diverse ed importanti compagnie teatrali fino a quando a metà anni ’50 su un palco di Malmo incontrò Bergman. Quest’ultimo gli offrì a nemmeno trent’anni la parte della vita: quell’ Antonius Block, cavaliere che con il suo inetto scudiero giunge su una spiaggia del Nord Europa in fuga dalla peste. Ad attenderlo la Morte con tanto di falce canonica. Block, per allontanare la sua dipartita sfida la Morte a scacchi in una delle più celebri partite della storia del cinema che frutterà alla produzione un Gran premio della Giuria a Cannes. Bergman elegge subito Von Sydow come suo primo attore affiancandolo spesso a Gunnar Bjornstrand, prima di incontrare un altro attore feticcio come Erland Josephson. Negli undici film interpretati da Von Sydow a cavallo tra il periodo allegorico e quello più simbolicamente introspettivo di Bergman ricordiamo Il posto delle fragole, Il volto, La fontana della vergine, Come in uno specchio, Passione.

Solo che per questo svedese lungo lungo, signorile, che recita in tedesco e in inglese, le porte delle grandi produzioni hollywoodiane si aprono in un amen. È infatti Gesù Cristo nel 1965 sul set de La più grande storia mai raccontata di George Stevens dove dispensa miracoli e sorrisi. Ma è del ’73 l’interpretazione più iconica e inquieta di Von Sydow quando Friedkin lo vuole fermamente nel ruolo del prete esorcista padre Merrin, stralciando le richieste della produzione che volevano Marlon Brando e Paul Scofield. Von Sydow tra l’altro reciterà truccato per tutto il film per risultare ben oltre i 44 anni che aveva, e per differenziarsi dal prete giovane accanto a lui (Jason Miller/padre Karras) che aveva appena dieci anni in meno.

Nel 1975 è il killer Joubert nel memorabile thriller di Sydney Pollack, I tre giorni del condor. Con Redford, protagonista del film, dà vita ad un duello/inseguimento a distanza che finisce in un confronto vis a vis di un’intensità da far venire i ancora oggi i brividi. Nel 1976 interpreta tre film a produzione italiana: è il buffo e altezzoso professor Filippo protagonista di Cuore di cane di Alberto Lattuada con una giovanissima Eleonora Giorgi; co-protagonista in un cast stellare (Renato Salvatori, Lino Ventura, Alain Cuny, Fernando Rey) di Cadaveri eccellenti di Rosi; altro impegno tra grandi pari ne Il deserto dei tartari di Zurlini tra Giuliano Gemma, Vittorio Gassman, Philippe Noiret e Jacques Perrin.

Non ha grande fortuna il sequel de L’esorcista diretto da John Boorman nel 1977, ma le due parti da cattivo in Flash Gordon – una megaproduzione fallimentare di Dino De Laurentiis ad Hollywood in cui interpreta il sadico e calvo Imperatore Ming -, e in 007 Mai dire mai – dov’è il numero uno della Spectre, pizzetto e ciuffo grigio e micione bianco in grembo -, lo rendono popolare in mezzo mondo. Viene usato da cattivo, ma da estimatore del buon calcio, in Fuga per la vittoria da John Huston, tra gli ufficiali nazisti che organizzano la partita tra prigionieri alleati e nazi; poi ancora è un magnifico asociale agorafobico pittore in Hannah e le sue sorelle. Perdonateci se ci soffermiamo due righe in più su uno dei cinque film più belli di Woody Allen. In mezzo all’ennesimo cast monumentale Von Sydow è Frederick, il compagno di Lee una delle sorelle (Barbara Hershey) della protagonista Hannah (Mia farrow). Un intellettuale sessantenne, tutto golfini senza maniche e camiciola, che vive isolato nel suo loft e che quando Lee cerca di metterlo in contatto col mondo facendogli vendere i suoi quadri ad un ricco tizio della tv si infuria cacciando il giovane superficiale riccone perché questo vuole comprare quadri per “riempire una parete lunga diversi metri”.

Von Sydow nei primi anni novanta ha poi lavorato per Von Trier (Europa), Wim Wenders (Fino alla fine del mondo), ma è anche stato protagonista di diversi horror: si veda l’incantevole Cose preziose tratto da Stephen King (dove è il proprietario di un sinistro negozio di robivecchi a cui lo Xabaras di Dylan Dog deve moltissimo) e il lampo clamorosamente di classe in mezzo ad un film terribile come Nonhosonno di Dario Argento nel 2001. Negli anni duemila non si ferma nemmeno da 80enne. Inesauribile, indiscutibile, sempre straordinariamente intriso di intatta superiorità da villain: Minority report con Spielberg, Shutter Island per Scorsese, Robin Hood per Ridley Scott. Von Sydow si immola anche nel ritorno di Star Wars, Il risveglio della forza nel 2015 e si fa ottantenne ultrapop partecipando a tre episodi de Il trono di spade nel 2016.

Due le nomination agli Oscar come attore non protagonista: una è in Pelle alla conquista del mondo di Bille August, e l’altra è la disperata, silente, traumatizzata interpretazione dell’inquilino dell’appartamento di fianco al protagonista bambino di Molto forte incredibilmente vicino (2011), dove recita senza mai parlare e scrivendo su un quaderno ogni sua battuta ed impressione. Non avergli regalato quell’Oscar è un reato di cui l’Academy si pentirà per il resto dell’esistenza. Due le mogli: Christina Olin con cui è stato spostato dal 1951 al 1979 e la produttrice Catherine Brelet, sposata nel 1997, matrimonio, quest’ultimo che gli ha permesso di ottenere dal 2002 la cittadinanza francese. Tanti infine i doppiatori che ne hanno ricalcato la voce originale, anche se la “voce” di Von Sydow gliel’ha donata il più grande doppiatore italiano di tutti i tempi: Giuseppe Rinaldi.

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