Golfimpresa, associazione che riunisce quasi 70 club, attacca il consiglio federale criticando l'avvicinamento alla competizione in programma nel 2022. Bilanci, tesserati e difficoltà economiche, temi che Il Fatto Quotidiano aveva analizzato sin da subito. LA risposta del numero della Fig: "La competizione è già un successo"
Anche il mondo del golf comincia a lamentarsi sulla Ryder Cup. Golfimpresa, un consorzio che riunisce 64 circoli e rappresenta 11 Regioni, attacca la Federazione, mettendo in dubbio che la Ryder Cup 2022 possa far crescere davvero il sistema, e arriva addirittura a “sfiduciare il consiglio federale”.
Sarà che quando si avvicinano le elezioni iniziano i giochi politici: alla fine del quadriennio olimpico, tra 2020 e 2021, tutte le Federazioni sportive andranno alle urne e sono già cominciate le manovre elettorali, fatte anche di lettere di sfiducia e attacchi incrociati visto che nessuno è disinteressato al voto. Sarà che effettivamente fino a questo momento il progetto Ryder Cup non è filato nel migliore dei modi. O meglio, è andato proprio come ci si poteva aspettare: per aggiudicarsi la manifestazione l’Italia si è dovuta imbarcare in una candidatura faraonica, per cui è stato necessario l’intervento economico del governo (circa 60 milioni di contributi pubblici), e che sta comunque mettendo a dura prova la Federazione.
Così a quattro anni di distanza dall’assegnazione, salutata all’epoca come un trionfo dal presidente del Coni Giovanni Malagò e dal suo braccio destro e n.1 della Fig, Franco Chimenti, qualcuno comincia a chiederselo davvero: “Il progetto Ryder Cup 2022, ha portato fino ad ora e porterà in futuro una crescita al sistema golf?”. È questa la domanda in cui si potrebbe riassumere tutta la lettera critica firmata da Golfimpresa.
Nel documento si riepiloga una serie di dati e fatti allarmanti, che già Il Fatto Quotidiano aveva raccontato negli ultimi anni con le sue inchieste. A partire dai numeri del bilancio: gli esercizi 2017 e soprattutto 2016 (passivo record di oltre 4 milioni) si sono chiusi in rosso, al punto da prosciugare le riserve patrimoniali della Fig. Adesso per fortuna la tendenza è stata invertita: il 2018 si è chiuso in attivo e anche il preventivo 2019 porta il segno più, ma la Federazione è stata comunque costretta a chiedere al Coni un piano di rientro.
Questo, ovviamente, per colpa della Ryder Cup, di cui l’ultimo bilancio riepiloga le tante spese: 1,5 milioni di contributo a Ryder Cup Europe, una vera e propria tassa di partecipazione alla società organizzatrice; il montepremi dell’Open d’Italia schizzato ad oltre 6 milioni; i costi per i servizi prestati dal Circolo della sede del torneo, il Marco Simone, di proprietà della famiglia Biagiotti, che di fatto con questo contratto si ripagherà (almeno in parte) i lavori sul campo. Non solo: nell’ultima relazione spuntano pure dei nuovi costi per i “lavori sull’elettrodotto che interferisce con il percorso di gara”, e che sembrerebbero proprio ricadere sulle casse federali. “Gran parte delle risorse – scrive Golfimpresa – sono state destinate all’organizzazione delle Ryder Cup e degli eventi collaterali, obbligando la Fig a tagliare sulle attività istituzionali”. E a fronte di questo, prosegue, il numero degli iscritti è rimasto sostanzialmente invariato, dando l’immagine di un movimento in fase stagnante: “Nel 2015 avevamo 90.027 tesserati, il 2019 si è chiuso con un totale di 90.242”.
Per tutte queste cose, ricordando anche una serie di promesse non mantenute, il documento si conclude con una pesante sfiducia: “Il consiglio di Golfimpresa si dissocia dall’attività del consiglio federale che riteniamo completamente scollegata dalla realtà attuale del golf italiano”. Il presidente Fig, Franco Chimenti, ha risposto con una lettera aperta in cui bolla l’attacco come “squallida e strumentale mistificazione”: “L’aggiudicazione della Ryder Cup 2022 è un successo oggettivo” – scrive – e “i risultati prodotti in questi primi anni di esecuzione del progetto, positivi oltre le più rosee aspettative, sono sotto gli occhi di tutti”. Almeno a Golfimpresa, però, la pensano diversamente.