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TvLoft Masterclass, Valerio Bispuri racconta la trilogia della libertà perduta: “Per fotografare l’invisibile occorre tempo e spirito di ricerca”

“Fotografare l’invisibile” è il titolo della sesta TvLoft Masterclass, il format ideato da Matteo Forzano con la collaborazione di Matteo Billi e pubblicato in esclusiva su sito e app di TvLoft, dopo “Professione pilota” in cui Silvia D’Onghia ha intervistato Gianluca Fisichella, “Parola al vino” di Nicola Prudente, in arte Tinto, “Arte e democrazia” di Tomaso Montanari, “Il mestiere dell’attrice” di Donatella Finocchiaro e “Il giornalismo investigativo” di Marco Lillo. Protagonista è Valerio Bispuri: “Ho sempre creduto nella profondità della fotografia, nel racconto. E’ molto facile fare una bella foto, ma è molto più difficile fare una foto con un contenuto, una profondità, che entra in una situazione – spiega il fotoreporter romano – Per raccontare quello che non si vede ci vuole tempo, per osservare, per capire chi sono quelle persone, cosa fanno, cosa pensano“. Attraverso tre capitoli, Bispuri racconta il mondo di chi ha perso la libertà. Il primo capitolo si riferisce al primo lavoro del fotografo, durato 10 anni, ‘Encerrados’, cioè, in spagnolo ‘rinchiusi’: si tratta dei carcerati incontrati in 74 prigioni dell’America Latina: “Volevo raccontare chi sono questi detenuti, le loro emozioni, le loro speranze – dice Bispuri – E attraverso le carceri volevo parlare dei Paesi che le ospitano”. Il secondo capitolo si concentra su un altro lavoro del fotoreporter, ‘Paco, la droga dei poveri’: paco è, appunto, il nome di una potentissima e dannosissima droga ricavata dagli scarti della cocaina. Comincia a circolare nel 2001 in Argentina, a seguito della grande crisi economica che investe il Paese: una dose costa solo un euro e mezzo e nel giro di un anno può portare alla morte chi la consuma. “Questo lavoro è durato ancor più di ‘Encerrados’, 14 anni, e ha avuto tante fasi – racconta il fotoreporter – Per fotografare le cucine, i luoghi dove si prepara il paco, ci sono voluti due anni. Per chiudere questa ricerca ho voluto seguire chi tenta di uscire da questa dipendenza: pochissimi ce la fanno, quasi nessuno perché il contesto in cui vivono i consumatori è di povertà e degrado assoluto”. Il terzo capitolo di questa trilogia della libertà perduta si conclude con ‘Le nostre prigioni’ fondato su ‘Prigionieri’, un libro uscito per Contrasto nel 2019 che descrive le condizioni dei detenuti in Italia. Il progetto è nato nel carcere di Poggioreale a Napoli tra il 2015 e il 2016, ma è proseguito all’Ucciardone a Palermo, a Regina Coeli a Roma e San Vittore a Milano. “La cosa più difficile per chi fotografa è ottenere la compenetrazione tra noi e la realtà, tra quello che sentiamo e quello che vediamo. Se ci concentriamo solo su noi stessi, deformiamo la realtà. Se viceversa siamo troppo fermi sulla realtà, la raccontiamo in modo freddo, asettico, senza partecipazione”, conclude Bispuri.