Il paese è isolamento, i suoi abitanti hanno restrizioni di movimento. Devono chiudere tutti per evitare la diffusione del virus. Bar, ristoranti, teatri, cinema, discoteche, musei, stadi ed impianti sportivi, scuole e Università, chiese e luoghi di culto, tutti i luoghi di aggregazione pubblica devono osservare le giuste disposizioni restrittive del governo per combattere l’emergenza della epidemia.
Ma le banche e gli uffici postali? Gli sportelli bancari (e quelli postali) sono luoghi di contatto sociale sia per i dipendenti che per i clienti?
Negli ultimi giorni lavorativi, ogni mattina, mentre mi recavo al lavoro, assistevo alla solita scena della fila interminabile di persone in attesa di entrare nell’ufficio postale. Si trattava prevalentemente di persone anziane che si recavano a prelevare la pensione ed aspettavano in fila, accalcati gli uni agli altri, il loro turno per entrare poi nella filiale che, in circa 10 metri quadri, riuniva ben oltre 20 persone (tra impiegati e pubblico).
Nessuno (neppure i dipendenti) aveva la mascherina ed i cassieri non avevano i guanti usa e getta (come prevenzione per il maneggio dei contanti).
Era il cosiddetto “fine-mese”, termine banchese con il quale si identifica il periodo di maggior afflusso allo sportello per le operazioni di pagamento e che di solito dura quei 5-6 giorni lavorativi collocati a cavallo tra il mese che termina e quello che inizia.
E’ il periodo in cui si maneggia tanto “contante”, banconote e monete che nell’immaginario collettivo (e non solo) sono sporchi per definizione e, per taluni, addirittura portatori di virus.
A livello precauzionale, la Cina, ad esempio, dal 17 gennaio scorso sta sterilizzando il denaro, che, circolando, potrebbe veicolare di mano in mano microbi e virus. In Cina le banche hanno ricevuto l’ordine di sterilizzare il denaro contante prima di diffonderlo tra i clienti: disinfezione a raggi ultravioletti e ad alte temperature per tutto il denaro contante.
Diversi esperti hanno però dichiarato che la “quarantena” delle banconote decisa dalla Repubblica Popolare Cinese è eccessiva. Così come il rischio di venire contagiati dal Coronavirus toccando monete, banconote, carte di credito e altri oggetti è stato considerato “molto basso” dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Ad ogni modo, anche se vi invito a non farvi prendere dalla psicosi, ho la sensazione che nei confronti delle banche, anche in questo caso, siano stati adottati provvedimenti poco prudenziali a livello nazionale. Solo alcune banche e solo per le (ormai ex) zone-rosse e gialle sono state assunte iniziative cautelative. E il resto del paese?
Non è il momento della polemica ma ci spieghino il motivo della esclusione dei luoghi finanziari dai provvedimenti limitativi. Non credo alla mera dimenticanza. Ma se cosi fosse, almeno i manager bancari stanno pensando alla salute dei loro dipendenti e dei loro clienti ?
Negli ultimi 12 anni, al verificarsi della grave crisi finanziaria e il crack di tanti istituti di credito a livello mondiale, le famiglie hanno aiutato, spesso involontariamente e a loro danno, con il loro risparmio le banche a non fallire e a risalire la china. Ora, in giorni di improvvisa difficoltà per le famiglie, gli istituti di credito potrebbero restituire il favore ricordando al governo che il Coronavirus è trasversale e indifferente alle pressioni delle lobby. Colpisce tutti.
Potrebbe essere il momento per offrire ai clienti, gratuitamente per un determinato periodo, la possibilità di utilizzare i canali del remote banking.
Potrebbe essere il momento per sollecitare, tramite disposizione governativa, ai commercianti l’accettazione, senza alcuna commissione per un determinato periodo, del pagamento tramite moneta elettronica.
Potrebbe essere l’occasione per educare una fascia della popolazione, soprattutto anziani, all’uso del mobile banking ed evitare il maneggio di contanti.
Qualsiasi crisi nasconde sempre delle opportunità. Ma non per i ciechi.