“Tutti si preoccupano degli anziani con malattie croniche, ma chi si occupa di noi disabili gravi?”. Nicolas Sportelli ha 27 anni e abita a Rozzano (Milano), nel cuore della Regione che da più di due settimane sta affrontando l’emergenza coronavirus. Nicolas ha una patologia grave che colpisce i muscoli e il sistema respiratorio: “Sono consapevole di essere un soggetto a forte rischio”, dice. “Non sapere quando tutto questo finirà mi provoca una forte ansia”. Tutta la popolazione, non solo lombarda, vive con forte apprensione l’evoluzione del contagio e si adegua alle restrizioni per tutelare i più deboli, ma proprio chi è più a rischio soffre ancora di più l’isolamento. Così Daniele Biundo, 41 anni e con distrofia di Duchenne, costretto a tenere il respiratore, chiede chiarimenti su come fare a usare la mascherina. E Alessandro Provito, tra i disabili gravissimi della Lombardia, denuncia: “Ci dicono che siamo la categoria più sensibile al Covid-19 e poi nessuno ci chiama per darci indicazioni”.

I timori, l’attesa e le scarse comunicazioni dalle istituzioni – Per Nicolas la preoccupazione più grande è il non avere informazioni ufficiali dalla Regione, un ritardo molto spesso dovuto alla grande mole di lavoro di queste ore, ma che aggrava il senso di abbandono. “Sono recluso in casa da settimane”, continua, “vedo solo i miei genitori che vivono con me e una volta a settimana il mio fisioterapista. Cosi mi ritrovo a vivere un isolamento quasi totale come se fossi in quarantena senza però aver contratto il coronavirus e dall’Ats (Agenzia di Tutela della Salute ndr) non ho ricevuto nessuna informazione”. La più grande mancanza è il non poter proseguire con le attività di tutti i giorni: “Sono consapevole di essere un soggetto a forte rischio, ma almeno prima potevo uscire, fare attività sportive con la mia squadra di hockey in carrozzina. Ora tutte queste attività, per me fondamentali strumenti per ‘distrarmi’ dalla malattia, sono state sospese e non sapere quando finirà tutto questo mi provoca una forte ansia”.

Ma Nicolas Sportelli non è l’unico a chiedere chiarimenti alle istituzioni. Daniele Biundo, 41 anni con distrofia di Duchenne, chiede linee guida precise per i disabili: “Dopo oltre un mese dai primi decessi da Covid-19 in Italia non ho ricevuto nessuna indicazione su come comportarmi: io per la mia incolumità fisica uso il ventilatore e non posso utilizzare le mascherine. Quindi che devo fare? Mancano ancora del tutto linee guida specifiche e nessun ente mi ha comunicato nulla”. Una storia simile a quella di Alessandro Provito, tra i disabili gravissimi che ricevono gli aiuti dalla Regione e garantisce che nessuno di loro è stato contattato: “Nessuno ancora mi ha chiamato o scritto per spiegarmi quali misure devo seguire. Mi sembra di essere considerato solo un numero, non una persona con disabilità che ha necessità specifiche. In televisione ripetono che ci sono categorie maggiormente sensibili al Covid-19, me compreso, ma poi nessun ente sociosanitario mi informa su quali sono le pratiche che devo seguire. Mi servirebbero indicazioni puntuali il prima possibile”.

Non sono solo i disabili contattati da ilfattoquotidiano.it a confermare la mancanza di informazioni e di comunicazioni su linee guida e buone prassi specifiche da seguire per le persone con disabilità. Sono anche le associazioni, come ad esempio LEDHA, a segnalare di non aver ricevuto documenti dedicati esplicitamente ai disabili. Le disposizioni da seguire sono quelle diramate con i vari decreti e valide per tutta la popolazione.

Le preoccupazioni di chi va a scuola: “Se non viene l’insegnante di sostegno a casa rischio di essere bocciata alla maturità” – Nel decreto firmato dal premier Giuseppe Conte il 9 marzo, è previsto che “gli enti locali possano fornire, tenuto conto del personale disponibile, l’assistenza agli alunni con disabilità mediante erogazione di prestazioni individuali domiciliari”. E’ una possibilità che, in un quadro già fortemente carente, rischia di non essere applicata. “Sono a casa da due settimane e il mio istituto ha predisposto pochissime lezioni online”, racconta a ilfattoquotidiano.it una studentessa disabile di Padova che preferisce rimanere anonima. “Cosi rischio di restare indietro nel programma e a giugno devo fare anche la maturità. Spero di ricevere presto un sostegno anche a distanza“.

Le difficoltà dell’assistenza domiciliare: “Ho chiesto al mio assistente di non uscire per tutelare la mia salute” – Silvano Zampieri, 58enne con Atrofia muscolare spinale (Sma) racconta di come è cambiata la sua quotidianità in provincia Padova. “Siamo gente abituata a convivere con patologie degenerative gravi e monitorati da centri specializzati, che qui sono rimasti aperti nonostante tutto. Fino a settimana scorsa andavo al lavoro ma adesso ho deciso di restare a casa, perché ho letto su Facebook un post del mio sindaco di Campodarsego che faceva appello ai suoi cittadini di restare nelle proprie case”. Silvano è il fratello del presidente della sezione dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM) di Padova, Damiano Zampieri, ed entrambi hanno una patologia degenerativa. “Vivo in una zona rossa e ho invitato il mio assistente personale a non uscire per salvaguardare il mio stato di salute”, dice ancora. “Nessun servizio di fisioterapia presso la sede UILDM Padova è stato interrotto e usufruisco del servizio una volta alla settimana. Tutti gli operatori eseguono le terapie con mascherina e guanti, inoltre ho notato che si lavano le mani più spesso del solito. La stessa cosa avviene anche a casa con il mio caregiver”. Dopo la stretta decisa dal governo per limitare gli spostamenti, è diventata difficoltosa l’assistenza domiciliare: “Purtroppo in pochi riflettono sul valore delle persone, in particolare dei disabili. Le cose si sono modificate soprattutto laddove c’è un’assistenza domiciliare fatta da operatori gestiti da enti pubblici o cooperative, che stanno avendo delle significative difficoltà nell’erogazione del servizio, spesso sono precari e rischiano di perdere il lavoro se i servizi fossero annullati”.

L’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) garantisce che i servizi non sono mai stati interrotti o che almeno si sta facendo il possibile: “I servizi di riabilitazione”, dice Elisabetta Pedrazzoli, direttrice sanitaria dei Centri AISM Veneto, “non si sono fermati e le persone prese in carico vengono regolarmente, portando anche l’autocertificazione. I servizi essenziali di cura e assistenza dovrebbero essere garantiti sempre con la giusta attenzione ai pazienti”.

La deputata con la SMA: “Le misure adottate dal governo servono anche ad evitare che persone come me vengano contagiate e risultino positive” – E’ contraria ad ogni forma di allarmismo, ma sottolinea l’importanza di seguire con meticolosità tutte le disposizioni fornite dall’esecutivo e concordate con gli esperti della comunità scientifica. E’ Lisa Noja, deputata di Italia Viva con la SMA. Vive a Milano e il 25 febbraio ha fatto un appello personale su Facebook intitolato “Io (e gli altri) e il coronavirus”. Il suo intento è quello di spronare le istituzioni a non lasciare nessuno indietro in questo momento delicatissimo e diffondere il più possibile una riflessione costruttiva. “Se fossi contagiata dal nuovo coronavirus”, ha scritto, “rientrerei in quelle categorie che potrebbero avere bisogno di cure più importanti, fino alla terapia intensiva… Sempre a causa della mia disabilità, io non potrei praticare la quarantena in casa da sola” afferma.

Secondo la deputata, interpellata da ilfattoquotidiano.it, l’urgenza per il governo è “dare indicazioni chiare e aggiornate affinché gli enti preposti, associazioni, cooperative e Terzo settore sappiano esattamente come comportarsi”. “Ciascuno di noi agisce in contatto quotidiano ai vari livelli istituzionali affinché nei provvedimenti di governo, regione ed enti locali siano inserite misure di sostegno alle persone fragili. Insomma – continua la deputata – occorre assicurare l’organizzazione dei servizi di sostegno domiciliare dedicato a coloro che devono rimanere in casa, fornendo anche i presidi di tutela necessari per continuare ad erogare servizi fondamentali. Molti Comuni, come ad esempio quello di Milano, si stanno attivando con grande serietà ma occorre garantire un’azione uniforme per offrire politiche sociali e di sostegno in tutti i territori colpiti, ma poi sarà importante che il Governo sostenga questi sforzi straordinari” conclude.

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Coronavirus, noi caregiver siamo sfinite e questa volta non sappiamo cosa farcene dei grazie

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