Il rebus su quale ruolo la nuova Costituzione russa riserverà a Vladimir Putin dopo la fine del suo ultimo turno presidenziale previsto dalla legge per il 2024, si è risolto con un vero e proprio colpo di scena, che i suoi oppositori considerano un colpo di stato. Mentre il 10 marzo la Duma russa stava votando in seconda lettura gli emendamenti alla carta fondamentale del Paese – è stato Putin stesso ad avviare il processo della riforma costituzionale il 15 gennaio – la deputata del partito al potere, Russia unita, Valentina Tereshkova, meglio nota come la prima cosmonauta donna nell’URSS, ha proposto di consentire al presidente Putin di ricandidarsi azzerando i suoi mandati precedenti dopo l’ingresso in vigore della Costituzione rinnovata. La proposta è stata avvallata, con riserva del parere della Corte costituzionale, dallo stesso Putin giunto a sorpresa in parlamento.

L’emendamento, insieme ad altre modifiche, è stato in seguito approvato in seconda e l’11 marzo in terza e ultima lettura dalla Camera bassa. Questo vuol dire che dopo aver superato l’iter in parlamento e nel caso del verdetto positivo della Corte costituzionale, il decreto legge, se sancito in ultima istanza dalla “volontà del popolo” al referendum costituzionale del 22 aprile, darà a Vladimir Putin la possibilità di ripresentarsi per altri due turni presidenziali e governare fino al 2036, rimanendo così al potere 36 anni, più a lungo di Stalin. “Putin vuole rimanere al potere fino alla fine della sua vita. Vuole più poteri, la subordinazione diretta di tutti i rami del potere. In sostanza, è un colpo di stato”, ha scritto il politico dell’opposizione Ilya Yashin.

Prima circolavano diverse ipotesi sulla possibilità del leader russo, che il 26 marzo festeggerà vent’anni al potere, di non lasciare la guida del Paese, pur non occupando più la carica presidenziale. Prima ancora di annunciare la riforma costituzionale, Putin voleva tentare la strada dell’unione con la Bielorussia per diventare il leader di un super-Stato, ha scritto di recente l’agenzia Bloomberg facendo riferimento a fonti nel Cremlino. Fallito il piano causa il ricalcitrante presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, si è passati alla modifica della Carta. Secondo la teoria più ventilata, per Putin si preparava la poltrona di capo del Consiglio di Stato, organo precedentemente puramente consultativo, che con le modifiche alla legge fondamentale del Paese dovrebbe acquisire uno status costituzionale. Lo stesso Putin però, pochi giorni prima ha smentito tale possibilità, perché secondo lui porterebbe a una “diarchia” distruttiva per la Russia.

Come ha spiegato a ilfattoquotidiano.it il politologo liberale Kirill Rogov, lo scenario molto più drastico giocato dal Cremlino il 10 marzo, è stato dettato dalla situazione attuale, ossia dall’emergenza coronavirus. “Vladimir Putin voleva in ogni caso restare e garantirsi costituzionalmente la sua futura permanenza al potere, però temeva probabili proteste a Mosca nel caso annunciasse di non lasciare”, dice l’esperto. “La situazione con l’epidemia ha suggerito che è un buon momento per vietare ufficialmente gli assembramenti di massa e portare avanti questa operazione”, considera Rogov. Infatti la richiesta dell’opposizione di organizzare una protesta con 50mila persone contro l’azzeramento dei mandati di Putin è stata soffocata in serata dal decreto del sindaco di Mosca Sergej Sobjanin che vieta qualsiasi manifestazione con più di 5mila partecipanti.

Secondo Rogov un’altra spinta all’azione immediata del Cremlino, è stato il calo dei consensi del leader russo. Il centro dei sondaggi indipendente “Levada-Center”, valuta che il 69% dei russi approva l’attività attuale di Vladimir Putin, un dato stabile che però non si traduce nella volontà della maggioranza della popolazione di vederlo nuovamente a capo dello Stato (due terzi dei russi vorrebbero una faccia nuova) e questo, secondo gli esperti del centro, mette a rischio il sistema politico attuale e non garantisce una mite transizione del potere dopo il 2024. Non è evidente neanche il futuro economico del Paese, dopo che la Russia ha rotto il 6 marzo l’accordo con l’Opec, rifiutando di ridurre maggiormente la produzione del petrolio, e causando così il calo dei prezzi del greggio e del cambio della valuta nazionale.

La base teorica che giustifica l’improvvisa voltagabbana sulla possibilità di Putin di ripresentarsi dopo il 2024, si poggia sulla parola chiave “stabilità”, brandita dopo l’annuncio dell’emendamento sull’azzeramento dei mandati sia dai fedelissimi di Putin, sia dai media ufficiali, sia dal presidente stesso. Come ha spiegato Putin nel suo discorso alla Duma il 10 marzo, “la verticale presidenziale forte è assolutamente necessaria” per la Russia, “soprattutto questo è necessario per la stabilità”. Mentre “il presidente al quale è vietato di candidarsi per un altro turno non può essere una figura forte per definizione”, ha scritto il sindaco di Mosca sul suo blog, e ha sostenendo quindi il nuovo emendamento, che ovvierebbe a questo problema.

Anche il politologo conservatore Sergej Chernjakhovskij ha detto a ilfattoquotidiano.it che il nuovo emendamento ha un significato positivo perché scongiurerebbe la lotta dei clan per la successione del potere. “La questione della Russia senza Putin dopo il 2024 è problematica perché non sono stati creati meccanismi di tramando della linea politica”, dice l’esperto vicino ai circoli conservatori. Secondo il politologo “non è assolutamente detto che, se Putin avrà questa possibilità, si presenterà nel 2024”. Secondo lui, se entro il 2024 il problema del successore sarà risolto, Putin potrebbe non utilizzare questa possibilità. Diversa è l’opinione di Rogov: “Credo che Putin non veda per sé nessuna variante su come lasciare l’ufficio del Cremlino. Non la considera neanche in questa fase. Però, con gli anni, molto può cambiare”.

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