Come è gestita nelle vostre città l’emergenza Coronavirus? Come si comportano le autorità e i cittadini? E nelle vostre vite, c’è qualche aspetto positivo o inatteso nell’isolamento forzato? Abbiamo chiesto ai nostri Sostenitori di raccontarcelo, inviando testimonianze, osservazioni e spunti per la redazione al Blog Sostenitore. Mai come stavolta il contributo della nostra comunità è fondamentale: con il Paese in zona rossa, ogni segnalazione è importante. Abbiamo bisogno di voi. Sosteneteci: se non siete ancora iscritti, ecco come potete farlo.
di Claudio Fantuzzi
A una certa età si è fatalisti e se si è stati ansiosi o tendenzialmente malati immaginari tutto si smorza, anche se la pagina dei necrologi viene evitata temendo di vedervi apparire il proprio (cit. Gino Bramieri). E’ uno stato di pace non solo mentale, in cui ipertensione, glicemia e Psa passano in secondo ordine, sebbene poi l’attrezzatura casalinga -termometro a infrarossi, strisce per glicemia, misuratore di pressione (che rilevi anche eventuale fibrillazione – prodotto svizzero) e ossimetro (importantissimo ora con questo cazzo di nuovo virus) – viene vivamente tenuta in considerazione insieme ad antiacidi e febbrifughi.
Quindi niente panico, si sta in casa, si esce solo per la spesa, sempre che la fila sia regolata.
In famiglia (siamo in due), con genitori di lunga lunghissima vita (mio padre è morto a 105 anni e mezzo, mia suocera a 98 che non era nemmeno una rompicoglioni, ma anzi una buona cuoca a ben guardare: pace all’anima sua) che non si ammalarono di ‘spagnola’, e nemmeno di ‘asiatica’ (1957) quando noi figli/e a letto per tre settimane almeno invece, dopo naturalmente le ‘esantematiche’ varicella, morbillo e orecchioni (parotite).
Che lì sì mascherine (più ‘bavette’ da neonato o dei tovaglioli di fatto) per non infettarsi grattandosi, e sciarpe di lana di pecora attorno alle orecchie – un male cane che me lo ricordo ancora in quelle mascelle… tempi in cui anche le tonsille ti levavano (un po’ come l’appendice) senza anestesia e con i polsi legati alla sedia (avverto ancora ogni tanto il rumore di quelle palline insanguinate che venivano fatte cadere da quel chirurgo-Mengele nel vassoietto di metallo).
Chissà se tutto questo – ci chiediamo ironicamente mia moglie e io – ci avrà immunizzati… Intanto si aspetta, si cerca di muoversi per casa, per fortuna essendo ancora in buona salute, con l’unico aspetto negativo di non vedere nostro nipote undicenne a cui avremmo pure dato volentieri aiuto nei compiti a casa, ma si sa, “dai nonni – dicono gli esperti – meglio non portarli”, non per loro ma per i nonni appunto.
La sensazione è comunque quella dei tempi dell’asiatica, quando c’era una sola tv (e vivaddio solo Carosello per la pubblicità), e al paese natio il Corriere lo leggevano solo il medico della mutua, il veterinario, il direttore della fabbrica e il farmacista, insieme naturalmente a noi per via di nostra madre purosangue meneghino, capitata lì nel ’40 sfollata da Milano con mio padre friulano, cosicché dei malati d’asiatica, oltre il circondario – numeri preoccupanti – si sapeva solo noi lettori informati, mentre gli altri no.
Cosicché alla fine niente panico e un’influenza come un’altra (che poi chissà perché litri di clisteri… quando non si era costipati, perché poi ricordo che non si mangiava quasi nulla), grande noia e qualche commento cantereccio in occasione del Festival di Sanremo condotto allora da ‘cari amici vicini e lontani’ Nunzio Filogamo (con la bellissima Marisa Allasio del famoso ‘Poveri ma belli’ di Dino Risi) e vincitori Claudio Villa e Nunzio Gallo, quando noi ragazzi già compravamo i 45 giri di Elvis, Little Richard, Gene Vincent e Paula Anka – per dire.
Sono passati 63 anni e pare ieri. Ma hic manebimus optime: oggi c’è il sole a Firenze, e sebbene le strade siano sgombre e pulite e quello bicimunito che porta il cibo a casa continui a sfrecciarti accanto quasi investendoti, Piazza delle Signoria è presidiata dalle forze dell’ordine tutte sole nel nulla (a parte gli antistanti Palazzo Vecchio, Fontana del Biancone e la gru degli Uffizi, ormai lì da dieci anni, parte del panorama). Vigili che quando c’erano le folle non ne vedevi uno, e ora nel deserto addirittura due.
Ps. Provata febbre: il termometro segna Low (meno di 36.5) ad entrambi, anche la gatta è contenta, e forse a domani ci arriviamo.