Il 9 maggio era prevista la Grande Partenza del Giro d’Italia da Budapest: Orban l’ha vietato. Per addolcire la pillola amara gli ipocriti scrivono che il via 2020 “slitta”. È una balla. Il Giro di quest’anno se mai si dovesse correre “slitterà” dopo i Giochi di Tokyo, anch’essi a rischio. Lo sciovinismo “rosa” non deve illudere chi ama il ciclismo e il Giro, un rito collettivo e popolare del nostro Paese.

Il coronavirus pedala in mezzo al gruppo e lo controlla, impedendo ogni fuga, castrando ogni scatto. I corridori pigiano sui pedali, ansimano per lo sforzo, spalancano la bocca per ossigenarsi ed è in quei momenti di fatica e di sforzi che il Covid col pettorale numero 19 li infila, anzi, si infila nei loro corpi. È ormai questo l’incubo che stordisce il plotone.

Ma un’idea per salvare il Giro ce l’avrei. Trasformare ogni giorno di corsa in una gara a cronometro individuale. Per evitare contatti e contagi pericolosi, come in gruppo. Ogni giorno una corsa contro il tempo. E contro il virus.

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