I decreti del Governo e l’appello delle istituzioni a restare a casa e a limitare gli spostamenti stanno portando un effetto collaterale piuttosto serio: gli ospedali sono senza sacche per le trasfusioni. Primario di Terapia intensiva del Gemelli: "Non riusciamo più a fare interventi di cardiochirurgia". Zingaretti: "Andate a donare"
“Stiamo rimanendo senza sangue”. In Italia calano le donazioni, a Roma addirittura crollano. In piena emergenza coronavirus, i decreti del Governo e l’appello delle istituzioni a restare a casa e a limitare gli spostamenti stanno portando un effetto collaterale piuttosto serio: gli ospedali sono senza sacche per le trasfusioni. Un tema che nella Capitale assume contorni ancora più difficili.
Il Lazio che importa le sacche
Il Lazio, infatti, già in tempi normali è fanalino di coda nelle donazioni, dopo la Sardegna – che ha però un’alta percentuale di talassemici – e copre il proprio fabbisogno “importando” le sacche di sangue dai territori più virtuosi, ovvero Lombardia, Veneto e Trentino, oggi tra i più colpiti dal Covid-19. “Non riusciamo a operare, gli interventi di cardiochirurgia sono bloccati, perché non abbiamo sangue. I donatori non vengono per paura del coronavirus”, ha ripetuto Antonio Rebuzzi, direttore della Terapia intensiva cardiologica del Policlinico Gemelli.
Contrazione del 30%. Zingaretti: “Donate”
Fenomeno confermato a Ilfattoquotidiano.it dalla direttrice del Centro regionale Sangue del Lazio, Stefania Vaglio: “C’è stata una contrazione di oltre il 30% delle donazioni nell’ultima settimana”. Di qui l’appello accorato del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, costretto a casa per la positività al coronavirus, sui social ha affermato: “Io per ora non posso farlo. Ma invito tutti a donare il sangue, ce n’è bisogno per le sale operatorie”.
Il caso Roma e le rassicurazioni degli esperti
Roma, come detto, rappresenta un’emergenza nell’emergenza, per via del “suo sistema sanitario complesso che concentra i presidi sanitari in grandi ospedali”, come spiegato dal direttore del Centro sangue nazionale, Giancarlo Liumbruno. E che in qualche modo contrae la raccolta. “L’Oms raccomanda donazioni per il 4% della popolazione, la Capitale viaggia attorno all’1%”, spiegano da Avis Lazio. Dai dati forniti dal Centro Sangue del Lazio, di solito in un anno si raccolgono 180mila unità di sangue, mentre il fabbisogno sarebbe di 205mila, 25mila sacche che arrivano dalle regioni del nord. Una sacca di sangue dura 42 giorni, le piastrine appena 5 giorni.
Percorsi dedicati negli ospedali
E questo è il motivo per il quale la donazione deve essere sempre costante e le “raccolte straordinarie” servono fino a un certo punto. “Siamo preoccupati, i donatori hanno paura – afferma Stefania Vaglio – ma voglio ricordare che le donazioni avvengono in grande sicurezza. Negli ospedali abbiamo realizzato percorsi dedicati e le strutture si attengono alle disposizioni governative, in particolare sulle distanze di sicurezza e sull’ingresso in locali chiusi”. Da smentire, qualora ce ne fosse bisogno, l’eventuale trasmissione del virus attraverso le trasfusioni: “Non è mai stato dimostrato – prosegue la direttrice – La donazione avviene in totale sicurezza sia per il donatore che per il ricevente”.
Mobilitazione a Roma, ma c’è chi cancella i punti raccolta
Già nella giornata di venerdì la città ha iniziato a rispondere agli appelli. Al Policlinico Umberto I e al San Giovanni si è registrato un importante ritorno alle donazioni, anche derivanti da notizie (non confermate) che parlano di poche decine di sacche utili rimaste. La Cgil Lazio, ha comunicato che “abbiamo concordato con l’Ospedale San Camillo una serie di giorni dedicati alle donazioni, che avverranno in totale sicurezza per il donatore”. Sul sito SaluteLazio.it, al link “donare sangue”, c’è un calendario dove è possibile visionare i centri di raccolta più vicini e dove è possibile trovare le autoemoteche accreditate, oltre a tutte le raccolte esterne. “Associazioni e scuole chiuse si stanno dando da fare per non fermare la raccolta – racconta Fulvio Vicerè, presidente di Avis Lazio – ma esiste anche il fenomeno contrario. Le caserme, ad esempio, hanno sospeso le donazioni, mentre una parrocchia di Fidene (periferia nord di Roma, ndr) ha annullato la raccolta programmata interpretando le disposizioni del Vicariato per la sospensione delle attività pastorali. E purtroppo caserme e chiese erano proprio i luoghi dove si raccoglieva di più”. Secondo Vicerè, “servirebbe un appello delle istituzioni, anche attraverso gli stessi personaggi dello spettacolo che stanno pubblicizzando l’appello ‘restate a casa’”.
Avis: “Occupazioni di suolo pubblico più veloci”
A Napoli gli operai della Whirpool hanno organizzato una raccolta straordinaria e fanno appello ad altre aziende a fare lo stesso. Proprio l’Avis nazionale ha avviato sui social la campagna #escosoloperdonare ed è stato chiesto alle istituzioni nazionali e comunali di agevolare la concessione di permessi per l’occupazione di suolo pubblico, così da favorire il viaggio delle autoemoteche. “Le raccolte straordinarie avvengono attraverso prenotazione e triage telefonico, così da rassicurare i donatori”, spiegano ancora da Avis. “Normalmente in Italia viene raccolta una sacca ogni 10 secondi – spiega Liumbrunoe – In media ogni settimana riceviamo 48mila donazioni, la scorsa siamo scesi a 44mila e con il lockout rischiamo di andare sotto”. Un problema che potrebbe manifestarsi nelle prossime settimane: “Lo stop alle attività chirurgiche non urgenti – afferma – ha permesso agli ospedali di abbassare il fabbisogno, che però tornerà alto appena verranno ripristinate. Lì ci sarà il momento critico”.