Condannati a 125 anni di carcere a testa. È questa la pena inflitta dall’Alta corte penale di Bodrum, in Turchia, nei confronti di tre trafficanti di esseri umani ritenuti responsabili del naufragio che nel 2015 causò la morte di alcuni migranti, tra cui Alan Kurdi, il bambino siriano la cui foto ha fatto il giro del mondo diventando il simbolo della tragedia dei rifugiati in fuga verso l’Europa. I tre uomini erano latitanti e sono stati arrestati questa settimana dalle forze di sicurezza di Ankara nella provincia meridionale di Adana.

Alan Kurdi era un bambino siriano, di etnia curda, di appena tre anni. Era nato a Kobane e, in fuga dalle violenze del conflitto, con lo Stato Islamico che avanzava anche nell’area nord-orientale del Paese, riuscì a raggiungere le spiagge di Bodrum, in Turchia, insieme alla sua famiglia. Il 2 settembre si imbarcarono tutti su un’imbarcazione costruita per trasportare otto persone ma che per quella traversata ne ospitava una ventina, tutti senza giubbotto di salvataggio. Le precarie condizioni fecero sì che il mezzo si ribaltasse pochi minuti dopo aver lasciato la costa e Alan non sopravvisse al naufragio. Il suo corpo venne riportato a riva dalla corrente e la sua immagine, riverso a terra, con un paio di calzoncini blu e una maglietta rossa, è diventata il simbolo del dramma dei rifugiati siriani in fuga dalla guerra.

Un’altra operazione, questa volta italiana, ha invece portato all’arresto di un altro trafficante di esseri umani. Un 27enne pakistano è stato arrestato dalla Guardia di Finanza di Parma nell’ambito dell’inchiesta ‘Pay and Stay’ che lo scorso 15 gennaio aveva già portato all’arresto di 15 persone. L’uomo è accusato di aver organizzato un viaggio clandestino con 27 cittadini, prevalentemente indiani e pakistani, stipati in un camion che è stato intercettato e fermato dalla polizia stradale lungo l’autostrada a Bruere, in provincia di Torino.

L’organizzazione di cui il 27enne fa parte si occupava sia di trasportare i migranti in Europa che di procurare loro del materiale fiscale per ottenere un permesso di soggiorno, compresi contratti di lavoro falsi. Il 27enne è stato identificato come l’ideatore di quel viaggio: aveva raccolto le richieste dei migranti che volevano raggiungere la Francia, aveva ingaggiato l’autista e poi raccolto il denaro.

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