Un colosso di 190 centimetri che prima si avvita di testa e poi va di mezza rovesciata col piede non suo facendo venir giù il San Paolo. Non sarà stato il periodo più bello, ma non c’è dubbio che un sorriso ai tifosi napoletani venga spontaneo ricordando Freddy Rincon e la sua serata eroica, 25 anni fa al San Paolo contro la Lazio. Finì 3 a 2 per il Napoli. Nell’olimpo del calcio colombiano, addirittura meritevole di un libro dedicato come Superestrella del Futbol Colombiano (Superstar del calcio colombiano) da tal Rodolfo Iguaràn Castillo, della palma di primo calciatore colombiano ad aver giocato nel Real Madrid, non nel cuore ma sicuramente nelle simpatie dei tifosi del Napoli per quell’annata divertente con Boskov in panchina.

L’anno prima il miracolo di Lippi: con prestiti, qualche giovanotto e zero soldi il toscano aveva portato la squadra in Europa per poi salutare andando alla Juve. Gallo, presidente al posto del dimissionario Ferlaino, aveva chiamato Guerini, reduce da buone stagioni con l’Ancona, ma pieno di debiti aveva dovuto vendere i migliori: Fonseca e Thern alla Roma e Bia all’Inter. Senza soldi per il mercato il Napoli guarda all’estero, prendendo il libero Cruz e il mediano Boghossian, colpi azzeccati, e poi Agostini dall’Ancona preteso da Guerini, Benny Carbone dalla Roma come contropartita di Fonseca e Thern e puntando sui buoni rapporti con Tanzi arrivano in prestito il difensore Matrecano e l’attaccante colombiano del Palmeiras (società praticamente di proprietà della Parmalat) Freddy Rincon.

I calciofili già lo conoscevano per il mondiale ’90 al fianco di Valderrama e per il suo gol alla Germania poi campione del mondo, e anche per il mondiale americano pessimo e poi anche tragico per i cafeteros. Ma a Napoli non si facevano certo i salti di gioia per il suo arrivo. E l’inizio conferma le perplessità su Freddy: l’avvio di Guerini è disastroso e la squadra si ritrova sull’orlo della zona retrocessione. Nel 4-3-3 da perno centrale il colombiano funziona poco e segna solo due gol al Padova guadagnandosi l’etichetta di bidone e diverse storpiature sul suo cognome, che si presta. In realtà quel colosso dall’aria stralunata è un equivoco tattico vivente: 1 metro e 90, tutto muscoli, centravanti senza alcun dubbio sembrerebbe. E invece no, la boa centrale non l’ha mai fatta in vita sua, alternandosi incredibilmente tra ala e mezzala. E infatti troppo lento e senza i movimenti e la scaltrezza del centravanti i difensori italiani lo neutralizzano facilmente.

I pessimi risultati costano la panchina a Guerini e arriva Boskov che prima fa sedere il colombiano in panchina cercando di cederlo a chiunque, poi saltate le trattative lo “addestra” a giocare a centrocampo e a sfruttare i muscoli per gli inserimenti, sfruttando come centravanti chi è abituato a farlo: il condor Agostini. È la svolta. Nel girone di ritorno inizia una rincorsa che porta gli azzurri a ridosso dell’Uefa e Rincon inizia a segnare e tanto. Diventa una sorta di beniamino del tecnico slavo, che naturalmente non poteva non lasciare un eredità un aneddoto anche sul colombiano (ricordato dal blog di Angelo Carotenuto “Il Puliclone”). Vantando la giovane età della sua squadra, attribuisce a Rincon 24 anni, il giornalista lo corregge: “Ne ha 28”. Il tecnico ribadisce: “No, Venti i cvattro”. Il giornalista insiste e Vuja controlla su un foglietto: “Vero, ne ha 28, ma hai età migliore per un calciatore?”. Sublime.

Il colombiano rinfrancato dalla cura Boskov diventa l’eroe assoluto in una gara stupenda, 25 anni fa, il 12 marzo del 1995 contro la Lazio di Zeman. Al San Paolo nel primo tempo i biancocelesti annichiliscono gli azzurri: Casiraghi fa doppietta, e lui, Fuser, Boksic e Rambaudi affondano come il burro, sfiorando molte volte il terzo gol. Nel secondo tempo la musica cambia: il colombiano subito ridà speranze al San Paolo avvitando il suo metro e 90 su un rimbalzo da calcio d’angolo battendo Marchegiani. Poco dopo Tarantino pennella un cross che lui addomestica palleggiando, girandosi poi in semirovesciata e mandandola all’angolino: il San Paolo viene giù per quel pareggio insperato, ma finisce anche meglio con Buso che regala la vittoria. L’accesso all’Uefa verrà vanificato solo al 93esimo dell’ultima giornata di campionato, con un gol di Del Vecchio in Inter-Padova. Rincon viene ritenuto comunque inadatto al calcio italiano, e dunque sbolognato…al Real Madrid, primo colombiano in camiseta blanca. Eh già, all’epoca gli scarti di una media squadra italiana finivano al Real.

Nella Liga però non va granché a Freddy, la stagione viene ricordata come la peggiore della storia del Real, e Rincon gioca poco: a suo dire, come confessato ad “As” ci furono problemi nello spogliatoio, con un calciatore in particolare che però non cita. Torna in Brasile, gioca anche il mondiale 1998 in Francia ma è sempre più lento e imbolsito, come Valderrama d’altronde, e la Colombia esce subito. Gioca fino al 2004 e poi inizia ad allenare, sempre in Brasile. Nel 2015 un’accusa infamante: narcotraffico e riciclaggio per conto di un boss colombiano, ma lui si dice tranquillo e infatti ne esce pulito, prosciolto dalle accuse. Meglio così: quel bestione dinoccolato e con qualche colpo da campione resta motivo di sorriso per i tifosi del Napoli, solo per quei 7 gol, per quei movimenti buffi e un po’ goffi e per quell’esultanza incontenibile di quella sera di marzo.

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