Cronaca

Coronavirus, diario dall’isolamento/21 – Bisogna parlare con i bambini di quello che stiamo vivendo: anche loro devono capirlo

Su ilfattoquotidiano.it continua il racconto della quotidianità di una giornalista di Casalpusterlengo, colpita come i suoi concittadini dai provvedimenti restrittivi per evitare il contagio: "Prima erano i nostri connazionali all’estero a preoccuparsi per le proprie famiglie in patria, adesso siamo noi (ancora nel pieno dell’emergenza) ad essere in ansia per i nostri cari fuori dai confini"

Un altro giorno è trascorso, un altro giorno chiusi in casa. La pioggia non ci ha nemmeno consentito la consueta “ora d’aria” in giardino. Adesso che poi l’aria della Pianura Padana è pure meno inquinata, perché è tutto fermo da tre settimane, respirare all’aperto ci è mancato davvero tanto…

Non sono una psicologa, ma ho sentito da esperti del settore che bisogna parlare con i bambini di quello che stiamo vivendo perché anche i più piccoli hanno bisogno di elaborare questa situazione. Se poi le emozioni che noi genitori trasmettiamo loro sono in contrasto con quanto gli raccontiamo, questo potrebbe confonderli. Rassicurare troppo e minimizzare il problema non sempre è la soluzione migliore.

Io per il momento ho chiesto ai piccoli se sono contenti di essere a casa con mamma e papà: la risposta, grazie al cielo, è stata sì. Facciamo un passo per volta.

Fuori non si vede praticamente nessuno.

Qualche casalino questa settimana è tornato a lavorare: mascherine, distanze di sicurezza e turni per far venire il meno a contatto possibile i dipendenti delle aziende. Ho visto la foto di mio cognato in fabbrica e sembrava quasi un astronauta.

Siamo lontani anni luce da un ritorno alla normalità, i numeri che arrivano dagli ospedali ne sono la conferma. Ma ora che tutta l’Italia è in emergenza, che sono state fatte campagne di comunicazione su tutti i canali (radio, tv, social) per far capire ai cittadini che se saremo uniti nel rispettare le regole ce la faremo, un po’ più di ottimismo ce lo possiamo concedere.

E se prima erano i nostri connazionali all’estero a preoccuparsi per le proprie famiglie in patria, adesso siamo noi (ancora nel pieno dell’emergenza) ad essere in ansia per i nostri cari fuori dai confini. Perché le misure che stanno prendendo paesi come il Regno Unito spaventano più degli aperitivi nostrani contro il coronavirus di un paio di settimane fa.