di Filippo Poletti *
Ogni epidemia può mettere a nudo le contraddizioni profonde di un individuo e di una società, giungendo ad avere un effetto catartico e ponendo le premesse per una guarigione possibile.
Da venerdì 21 febbraio, data della notizia del primo paziente di coronavirus ricoverato all’ospedale di Codogno nel Lodigiano, c’è ancora più bisogno di comunicazione all’interno delle nostre aziende e delle nostre istituzioni.
La nostra vita lavorativa è cambiata. Pensiamo alle raccomandazioni circa la prevenzione del Covid-19, presentate il 5 marzo dal professor Silvio Brusaferro alla Protezione civile assieme al presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli: occorre evitare contatti ravvicinati, mantenendo la distanza di almeno un metro, stando alla larga da luoghi affollati e tralasciando le strette di mano.
A queste norme comportamentali si aggiunge l’accelerazione per l’attivazione dello smart working, impressa dalla procedura semplificata introdotta dal governo. Queste sono alcune delle misure attivate recentemente, alle quali si unisce il divieto di spostamento.
Dal social distancing alla comunicazione interna: serve spirito da Champions
Il cosiddetto “social distancing” (in italiano “distanziamento sociale”) e il “lavoro intelligente” comportano un inevitabile isolamento. Per difenderci dalla propagazione del coronavirus dobbiamo, infatti, limitare il contatto fisico. Tutto questo può generare paure e ansie: il sentimento dell’identità collettiva rischia di essere sostituito da quello dello smarrimento e della chiusura individuale. È qui, appunto, che la comunicazione interna del nostro posto di lavoro può e deve scendere in campo per fare la differenza: nei momenti più difficili serve uno spirito da Champions League.
Occorrono parole chiare sullo sforzo che sta facendo l’Italia
Per non sentirsi soli e privi di protezione occorre fare un doppio sforzo in due direzioni: oltre alla diffusione delle indicazioni di comportamento quotidiano di cui abbiamo appena parlato, dobbiamo condividere altrettante parole chiare su quello che l’Italia sta facendo. A ciascuno la scelta dello strumento da adottare: la nostra intranet, messaggi via email e WhatsApp oppure il ricorso alla nostra app o web tv.
Circa i contenuti da divulgare la scelta obbligata è quella di trasmettere il messaggio che il nostro Paese sta compiendo ogni sforzo per lasciarsi alle spalle questo momento critico. Il mantenimento delle distanze di sicurezza così come i giorni trascorsi a casa dal lavoro serviranno per evitare che altre persone si ammalino e che si torni quanto prima alla vita di tutti i giorni.
È stato lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a invitare in un messaggio diffuso lo scorso 5 marzo a mettere da parte “stati di ansia immotivati e spesso controproducenti”, sottolineando come l’Italia sia un “grande Paese moderno con un eccellente sistema sanitario nazionale che sta operando con efficacia e con la generosa abnegazione del suo personale, a tutti i livelli professionali”.
Lasciamo spazio alle domande dei colleghi: nessun quesito è stupido
Un terzo aspetto da curare con la massima attenzione nella comunicazione interna è quello di lasciare spazio alle domande dei colleghi. Non esistono quesiti stupidi, ma solo risposte inutili. È fondamentale aiutare chi lavora con noi a comprendere cosa sta accadendo oggi, senza incrinare il senso di fiducia in ciò che dobbiamo e possiamo fare come azienda o istituzione.
I collaboratori devono essere tutti ascoltati, dando loro la possibilità di esprimere cosa pensano. Dobbiamo rassicurarli sul fatto che non sono soli, ma fanno parte di un team. Nessuno deve vergognarsi di aver paura: tutti, tuttavia, devono poter contare su una comunicazione interna che faccia sentire le persone legate all’azienda o all’istituzione dove operano.
“Vincere la paura è l’inizio della saggezza”, diceva il filosofo britannico Bertrand Russell. Perché ciò accada serve un doppio sforzo anche da parte di quanti, nel nostro team, si occupano di comunicare internamente.
In ogni epidemia ci sono le premesse per una possibile guarigione
Come scriveva il drammaturgo francese Antonin Artaud, ogni epidemia può mettere a nudo le contraddizioni profonde di un individuo e di una società, giungendo ad avere un effetto catartico e ponendo le premesse per una guarigione possibile. Deve essere questo il filo conduttore della nostra comunicazione interna, da portare avanti in queste ore e in questi giorni: trasparente, completa di informazioni e sempre aperta al dialogo.
Se opereremo così, fermeremo l’epidemia del distacco, contribuendo a spegnere il virus della paura e a rinsaldare il senso di appartenenza alla nostra azienda o istituzione presso cui lavoriamo.
* Giornalista professionista, saggista, musicologo e influencer su LinkedIn, ero e sono convinto che al centro del lavoro ci sia la persona. Per questa ragione dal 2017 curo su LinkedIn la “Rassegna quotidiana del cambiamento ore 7”, postando contenuti che raccontino storie di professionisti a cui guardare con interesse. Vivo a Milano, dove mi occupo di comunicazione d’impresa interna ed esterna. Sono sposato, ho due figlie e un motto: «Nell’economia della conoscenza la condivisione è importante quanto il possesso». Pubblicato da Flaccovio nel 2020 il mio libro “Tempo di IoP, intranet of people” dedicato alla centralità degli uomini e delle donne all’interno delle aziende.
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