Dopo continui stop and go, la Pedemontana lombarda riprende il suo iter burocratico con il bando per individuare il general contractor per i lotti B2 e C, nonostante sia un’opera la cui inutilità è ormai manifesta: pensata negli anni ’50, il progetto è stato approvato dal Cipe solo nel 2009, e i primi tratti – 22 km in tutto sugli 87 previsti nel tracciato complessivo – inaugurati solo nel 2015. Il tutto con un enorme sperpero di denaro pubblico – un costo di 58 milioni di euro a km – e le ripetute bocciature del progetto da parte del mercato finanziario.
Ma se la macchina riparte sotto il profilo burocratico-amministrativo, non è lo stesso dal punto di vista economico-finanziario, visto che si tratta di un bando da 1 miliardo e 400 milioni di euro. Nel frattempo la regione ha provveduto, spolpando le sue casse, a trasferire ancora 350 milioni di euro a Pedemontana. Una società che doveva essere un fulgido esempio di project financing, ma che invece già nel 2016 aveva speso tutta la provvista pubblica (statale) di oltre un miliardo di euro per salvare la concessionaria, con la regione che dovette rimediare versando 300 milioni.
Il nuovo bando di gara è peggio che illegittimo: è un atto di irresponsabilità amministrativa e di mancanza di rispetto per le imprese, per il governo, per il Paese e perfino per le banche, che pure hanno tanta responsabilità in questa vicenda avvilente.
È anzitutto un atto illegittimo, perché secondo il Codice degli appalti le amministrazioni aggiudicatrici (e Pedemontana lo è) sono tenute a dimostrare la disponibilità delle risorse necessarie a pagare l’appalto: che però non ci sono, tanto è vero che vengono cercate… con il bando successivo.
È un atto di irresponsabilità amministrativa, perché Pedemontana ancora una volta non rispetta gli impegni presi con lo Stato e per distogliere l’attenzione dalle sue omissioni lancia una gara miliardaria senza averne le risorse, in un momento in cui il paese e le imprese sono in grave difficoltà e di tutto avrebbero bisogno tranne che di vuote illusioni.
È una mancanza di rispetto per le imprese, perché partecipare a una gara come questa costa centinaia di migliaia di euro. Dire che ci si riserva di aggiudicare l’appalto se si trovano i soldi è come andare al ristorante alle 7 di sera del sabato e ordinare i piatti più cari, riservandosi di decidere se mangiare solo se alle 8 si scoprirà di avere vinto al Superenalotto. Anzi peggio, perché il bando dei lavori scade il 15 aprile e quello per cercare i soldi per pagarli… il 20 aprile! Ecco perché non ci sarà nessun investitore straniero che parteciperà a questa farsa.
E infine è una mancanza di rispetto anche per il Governo e per il Paese, perché invece che fare quanto imposto dalla convenzione Pedemontana-Cal (per prima cosa mettere i 500 milioni di capitale sociale e con quelli realizzare almeno la ristrutturazione della statale Milano-Meda, a rischio crollo dei cavalcavia), cerca solo di guadagnare tempo prolungando una morte già conclamata da anni con il solo scopo di pagare tassi d’interesse stratosferici alle banche (oltre il 7%) e troppi stipendi (120 dipendenti di Pedemontana contro i 20 di BreBeMi e Tem, che sono ben più lunghe).
Come è successo troppe volte, anche in questo caso Pedemontana prosegue in spregio alle regole che valgono per tutte le altre società, ma nessuno vuole vederlo ai piani alti del Pirellone. È stato così per il fallimento, evitato solo perché l’ex presidente Roberto Maroni ha garantito con soldi pubblici; è stato così per non avere rispettato i contratti con lo Stato che imponevano tempi e investimenti; ora è così per un’opera che resta assurdamente privata e a pedaggio anche se pagata all’80% con soldi pubblici.