In questi nove anni di collaborazione con i blog de Il Fatto Quotidiano ci sono stati due temi ai cui ho dedicato più attenzione rispetto ad altri, e attengono entrambi alla democrazia e solo casualmente al Piemonte. I due temi sono il Tav Torino-Lione e la caccia.

Il Tav ha a che fare con la democrazia perché è un’opera palesemente e fortemente voluta da tutti i governi di qualsiasi colore (anzi, più da quelli segnati dai “sinistri”) solo per favorire imprese, solo per creare lavoro purchessia, anche a costo di distruggere un territorio e di buttare miliardi di euro dalla finestra, come bene ha spesso sottolineato il direttore di questa testata, Marco Travaglio.

La caccia. Forse qualcuno ricorderà (e se non lo ricordate ve lo ricordo io) che alla fine degli anni Ottanta (si parla di più di 30 anni fa), in Piemonte si doveva tenere un referendum sul tema. Bene, le giunte di centro-sinistra e quelle di centro-destra succedutesi nel tempo lo impedirono. Prima modificando la norma su cui si doveva esprimere l’elettorato, poi addirittura, con la giunta Cota, abolendo tout court la legge regionale. Anche qui notiamo un’assonanza con la vicenda Tav: qualsiasi schieramento politico si schiera a favore di una minoranza a detrimento della popolazione. Addirittura, nel campo della caccia, ledendo il diritto di voto della cittadinanza.

Nella giunta di Roberto Cota (diventato famoso per la sua biancheria), che nel 2012 abolì la legge regionale per impedire alla cittadinanza di esprimersi, l’attuale governatore Alberto Cirio era assessore a Istruzione, Turismo e Sport. Bene, ora l’attuale giunta di centro-destra ha presentato il disegno di legge regionale n. 83, che fra le altre cose reintroduce la possibilità di cacciare 15 specie: fischione, canapiglia, mestolone, codone, marzaiola, folaga, porciglione, frullino, pavoncella, combattente, moriglione, allodola, merlo, pernice bianca, lepre variabile. Specie il cui divieto di abbattimento era stato introdotto, medio tempore, dalle nuove norme in materia di caccia volute (almeno queste) dalla precedente giunta Chiamparino. Ultima in ordine di tempo, la legge regionale n. 5 del 19 giugno 2018.

Il mondo ambientalista e animalista è oggi giustamente in subbuglio: prima si nega alla popolazione il diritto di voto, poi faticosamente si riescono a difendere alcune specie, e ora si torna di nuovo indietro. È perfettamente inutile sottolineare che le specie che adesso si vorrebbero abbattere non sono dannose per l’agricoltura, anzi; è perfettamente inutile sottolineare che i leghisti così premiano una minoranza che si sta estinguendo a sua volta. In Piemonte nel 2017 si contavano 21.208 licenze di caccia, un terzo in meno rispetto al 2007.

In Italia il numero dei cacciatori nel 1980 era 1.701.853. Nel 2017 era 543.795. Età media oscillante fra i 65 e i 78 anni.

È perfettamente inutile tutto questo. Si sa. E allora torno al mio precedente post in cui mettevo in dubbio che la democrazia sia anche solo il male minore, sottolineando il fatto che questa gente che governa e che continua a fare gli interessi di minoranze, tralasciando il bene comune, è regolarmente eletta dalla popolazione.

Quel post fu apprezzato da molti ma altrettanti, anzi di più, mi apostrofarono come presuntuoso, snob, addirittura criminale. Bene, magari mi sbaglio, ma qualcuno di quelli che difendono questa democrazia ha una ricetta perché si venga governati da persone di cultura, avvedute, super partes, che vogliano effettivamente perseguire il bene di noi tutti e non di sparute minoranze? Che magari sparano anche.

Qui il link alla petizione contro il nuovo ddl regionale

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