di Marta Coccoluto
È tempo di fermarci. Dove non sono arrivati la responsabilità e il rispetto per gli altri e per le regole, è (finalmente) arrivata la legge. E quell’Io resto a casa che dà titolo al decreto del 9 marzo scorso, e già parla da solo, potrebbe sembrare un sacrificio quasi insopportabile per chi, come tanti Nomadi Digitali, ha fatto della mobilità e della possibilità di vivere e viaggiare ovunque il proprio stile di vita e di lavoro.
Certo, non possiamo che disfare valigie già pronte e rimandare i nostri progetti di viaggio e di spostamento a un altro tempo. Un tempo che oggi fatichiamo a intravedere, l’orizzonte è troppo stretto: un’incertezza che è il limite più grande da accettare.
Ma il non poterci muovere non mette in discussione il nostro essere nomadi digitali, anzi. Il cliché del nomade digitale – uomo, giovane giramondo zaino in spalla, al lavoro in flip flop all’ombra d’una verde palma – stride con la realtà sfaccettata e composita di molti professionisti della Rete, di freelance, di piccoli imprenditori e imprenditrici con business online e anche di smart workers che in questi giorni incerti hanno riorganizzato le proprie giornate, senza smettere di lavorare.
E soprattutto tralascia un aspetto importante: il sacrificio a cui è chiamata tutta l’Italia, ovvero il cambiare radicalmente abitudini e stili di vita e attrezzarsi rapidamente per diventare “lavoratori da remoto”, ai Nomadi Digitali pesa un po’ meno. E non solo perché hanno un lavoro o un business online o perché sono già attrezzati per lavorare ovunque.
Ridisegnare vita e lavoro in chiave mobile e indipendente significa prima di tutto – e a priori – fare una scelta che abbraccia il minimalismo, ovvero la consapevolezza che si possa vivere meglio comprando meno e creando di più, che rimette in ordine d’importanza le priorità, ovvero quel che conta davvero per la propria realizzazione, e che incarna il desiderio di essere liberi e indipendenti. Responsabili delle proprie scelte e consapevoli delle proprie capacità e competenze. Dinamici, flessibili e indipendenti, possiamo anche non viaggiare, ma siamo abituati a gestire il nostro tempo, a organizzare il nostro lavoro senza orari già impostati, a bilanciare vita privata e carico di lavoro, a fare networking.
Ecco perché quel che affrontiamo in questi giorni ci disorienta meno. Per tanti, la sfida di questi giorni non è tanto nel restare dentro casa e far passare il tempo, ma è gestirlo e metterlo a frutto, così che sia produttivo e foriero di nuovi slanci. Utile a mettere in discussione il nostro stile di vita, il nostro modo di lavorare, a impostare nuovamente quella routine che continuiamo a portare avanti lamentandoci.
Quali sono le nostre passioni, i nostri interessi? Cosa è che ci rende unici? In cosa siamo bravi? Qual è il progetto che teniamo nel cassetto? Abbiamo un grande palcoscenico su cui salire e raccontarci, oppure davanti a cui sederci e ispirarci: si chiama Internet.
Il tempo sospeso che il Coronavirus ha imposto è un tempo che chiama alla responsabilità, verso le norme ma anche verso noi stessi: abbiamo un’opportunità per essere migliori e per non tornare alla normalità. Coraggio!