Settimana 0 (17-23 febbraio)
La settimana è cominciata con la marcia per il nostro studente Patrick Zaki. Poi esami a non finire. Qualche normale riunione burrascosa, seminari, tre laureande in agitazione crescente. Comincia il semestre: ritocchi alle dispense, aggiornamento della pagina web, mi preparo ai due corsi più interessanti del mio anno accademico. Sono opzionali del terzo anno: Complementi di Geometria a Ingegneria, Topologia Algebrica a Matematica. Venerdì ho la prima lezione a Ingegneria; tutto bene.
Da qualche settimana si parla del Coronavirus, ma come di cosa lontana. Giovedì 20 i primi casi italiani cambiano drasticamente questa percezione. Domenica 23 a mezzogiorno arriva la “bomba”: il Rettore sospende le lezioni per una settimana.
Settimana 1 (24 febbraio – 1 marzo)
Lunedì 24 dovrei fare la prima lezione di Topologia Algebrica e invece niente. Vado comunque al mio dipartimento; subissiamo il Direttore con domande: “E la settimana prossima?” “Non si può fare con Skype?” eccetera. Il ricevimento studenti? No, quello non è sospeso; martedì ricevo qualche studente e una delle laureande.
Mercoledì la novità: il Rettore invita tutti ad attrezzarsi per la didattica a distanza, da erogare dalle aule. Tormentiamo i tecnici per configurare i nostri computer, adeguare i locali, collaudare il sistema eccetera. Intanto nella lista comune piovono messaggi dai colleghi: chi è preoccupato, chi perplesso, chi addirittura sdegnato.
Da tempi non sospetti sono contrario alla didattica a distanza: un trasferimento culturale, che non sia solo un passaggio di strumenti, richiede un contatto umano intenso. Ma questa è un’emergenza; sembra che alcuni docenti non se ne rendano conto. Io sono avvantaggiato: da qualche anno gestisco questi due corsi su schermo per poter registrare le lezioni; se il mio portatile regge, posso sperare di scrivere sul touch-screen, registrare e pure collegarmi con gli studenti. A Matematica lunedì partiremo in otto.
Settimana 2 (2-8 marzo)
Lunedì 2 alle 9 sono in un’aula vuota. Gli studenti ci sono, ma non li vedo né sento. Cominciare un corso parlando a uno schermo mi dà veramente fastidio. Devo introdurre non solo delle tecniche, ma una mentalità tutta particolare di quella materia, avrei bisogno di guardare in faccia i miei interlocutori. Pazienza. Mai avuto tanti studenti a Topologia Algebrica; ma si capisce: ci sono pochi corsi attivi e gli studenti non vogliono stare con le mani in mano. Nei giorni seguenti ricevo mail da studenti del secondo anno che mi chiedono di aggregarsi. Nessuno si azzardi a parlarmi male della gioventù.
A Ingegneria mi chiedono di far lezione dallo studio per problemi tecnici. I ragazzi di Complementi di Geometria sono abbastanza presenti: nell’intervallo fanno domande. Sono più interattivi dei matematici, probabilmente perché ci siamo già visti di persona.
Finalmente sempre più docenti di Matematica si attivano telematicamente. I tecnici hanno l’aria distrutta. Ma anche gli amministrativi hanno un bel da fare: anche solo l’organizzazione degli esami e delle lauree a distanza comporta una serie di problemi. Guardo l’ora del messaggio di una segretaria d’Ingegneria che mi dà istruzioni dettagliate per le lauree della settimana prossima: 21.49. Meraviglioso: nonostante tutto i docenti vogliono insegnare, gli studenti vogliono imparare, i tecnico-amministrativi ci mettono in condizione di farlo!
Anche altri atenei si stanno attrezzando; ce la faremo. Non dubito, poi, che questa esperienza possa avere ricadute positive; basta che questo rimedio non diventi uno spunto per togliere altri posti alle università.
Settimana 3 (9-15 marzo)
Ormai tengo anche le lezioni di Topologia Algebrica nel mio studio. Anche gli studenti matematici vincono la proverbiale introversione e fanno domande. Uno mi ha chiesto la tesi! Mercoledì a Ingegneria, in toga come da raccomandazione rettorale, sono in commissione di laurea magistrale; uno dei commissari segue da remoto, come tutti i candidati.
Qualche piccolo disguido (il mio calcolatore decide di aggiornarsi) ma ce la facciamo in tempi ragionevoli. È l’ultima volta che esco per lavorare: siamo autorizzati, anzi sollecitati ad operare da casa. Così giovedì faccio un esame e ricevo una laureanda via Internet da casa mia; venerdì ci faccio anche lezione.
Il giovane Rettore della mia antica Università ci informa che oltre 3250 insegnamenti (94% del totale) sono attivi, con oltre 70.000 studenti che frequentano da remoto; conta di fare l’en plein questa settimana stessa. Scusate se sono spudoratamente orgoglioso di questa comunità che in nove secoli ne ha viste di tutti i colori e che sta superando anche questa batosta.
Lo so, la nostra attività non rilancia l’economia, non fa circolare denaro; però infrange per noi, per i nostri allievi e per le loro famiglie, questa atmosfera spettrale di paralisi generale. Sto bene quando sento i miei studenti preoccuparsi per un’omotopia o per uno spazio proiettivo, invece che per il Coronavirus.