Ancora denunce, tante, per gli italiani che violano le disposizioni del governo per combattere il diffondersi del coronavirus: nella sola giornata di lunedì 16 marzo, infatti, sono stati 8mila coloro che sono stati segnalati dalle forze dell’ordine. Ma c’è anche chi ha fatto peggio, non comunicando i propri spostamenti a rischio prima di sottoporsi a interventi chirurgici. È successo ad Aosta e a Bari. Risultato: medici contagiati e procura che indaga per epidemia colposa aggravata.

L’esercito di chi non rispetta le regole e le scuse più strane
Picnic in famiglia, parrucchiere fuori legge, amore in auto, vendita abusiva delle mascherine in strada: c’è di tutto nelle denunce delle forze dell’ordine di tutta Italia nei confronti di chi non si attiene alle regole stabilite dal governo nel decreto dell’8 marzo scorso. Il rispetto delle norme e delle restrizioni chiama in causa anche i sindaci delle principali città italiane che in questi giorni si stanno spendendo in prima persona per richiamare i propri concittadini a stare in casa. Un allarme, in particolare, arriva da Marco Potì, primo cittadino di Melendugno, comune del Leccese, che ha segnalato alle autorità e alla magistratura il rischio contagio nel cantiere Tap. Lì, sostiene, ci sarebbero molti lavoratori, alcuni dei quali provenienti anche dalle zone rosse, sprovvisti di mascherine e materiale di protezione.

I sequestri della Guardia di finanza di tutta Italia
Ma intanto le denunce continuano a fioccare in ogni angolo d’Italia per comportamenti ormai non più tollerati dalle forze dell’ordine. E’ il caso delle 12 persone fermate dai carabinieri durante un picnic in un parco di Napoli, con tanto di sedie e tavolini. “Avevamo bisogno di prendere un po’ d’aria”, la loro giustificazione ai militari. Non ha resistito alla tentazione una coppia nel Milanese che si è appartata in auto. Un episodio notato da una pattuglia dei carabinieri che li ha denunciati per inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. In cinque, invece, sono stati sanzionati per aver tenuto aperto il negozio di parrucchiere a Bologna. Si tratta di un dipendente e di quattro clienti. Il negozio è stato chiuso ed è partita anche la segnalazione alla Prefettura per la futura sospensione dell’attività. Innumerevoli, invece, i casi di mascherine vendute con rincari anche di oltre il 1.000% o non conformi alla normativa. Dall’inizio dell’epidemia la Guardia di Finanza ha effettuato oltre 60mila sequestri. L’ultimo oggi in una ditta di pompe funebri nel Palermitano, dove i titolari vendevano mascherine artigianali completamente fuori legge e prive del marchio CE. Un farmacista, nella zona di Chiaia, a Napoli, è stato denunciato per aver speculato sui prezzi di gel e mascherine. A Bologna, invece, un gruppo di ragazzi è stato denunciato dopo essere uscito di casa per andare a fare una partita di pallone fra amici. Sanzione anche ad un pensionato che stava assistendo al match.

Sanzioni in arrivo anche per i bontemponi di internet
Con l’accusa di procurato allarme è finito nei guai un 44 enne della provincia di Potenza, che su Facebook aveva scritto di trovarsi a Codogno, quando in realtà era nel suo paesino lucano. E la lotta alle fake news, che in questi giorni di emergenza si diffondo quantomai velocemente, sarà tra le priorità dell’Asl di Rieti che ha annunciato l’intenzione di segnalare alle autorità chiunque “annunzi pericoli inesistenti, susciti allarme presso l’Autorità, o presso Enti e singole persone”. Appelli che ricalcano le parole di molti sindaci d’Italia, “in prima linea” nella lotta al virus. È subito diventato virale, oggi, il video del primo cittadino di Delia, comune di 4.000 anime in provincia di Caltanissetta. “Ora tutti podisti sono diventati?”, si chiede Gianfilippo Maria Bancheri, lamentando il fatto che molti concittadini non rispettino l’indicazione di restare in casa. “Come andrà tutto bene se continuiamo ogni giorno ad uscire per fare la spesa, quando andrebbe fatta una volta ogni dieci giorni – evidenzia -. Come andrà tutto bene se tutti i giorni le persone escono per andare a comprare le sigarette. Come andrà tutto bene se la gente fa avanti e indietro dal benzinaio. Ma questa benzina a cosa serve se dovete restare a casa? Come andrà tutto bene se moltissime persone chiedono il parrucchiere a casa?”. Domande retoriche alle quali, però, qualcuno, stando al numero di denunce quotidiane, ancora non riesce a rispondere correttamente.

Non avvisano i medici di esser stati nelle zone rosse e li contagiano
Aosta – Epidemia colposa aggravata, reato per cui si rischiano fino ai 12 anni di carcere. È l’ipotesi di reato su cui indagano le Procura di Aosta e Bari dopo che due persone hanno contagiato altrettante equipe mediche. Il motivo? Prima di esser curati non hanno comunicato di provenire dalle zone della massima diffusione del Covid-19. Ad Aosta i pm hanno aperto d’ufficio un fascicolo su quanto accaduto all’ospedale Parini: chirurgo, anestesista e infermiere contagiati. Tutti e tre stavano per operare un paziente che aveva nascosto i sintomi influenzali e che poi è risultato positivo al tampone. Il fascicolo è affidato al pm Luca Ceccanti. I fatti sono avvenuti a metà della scorsa settimana. L’uomo stava per essere sottoposto a un ordinario intervento di rinosettoplastica, ma poi è stato dimesso e confinato all’isolamento domiciliare. È stato l’anestesista a insospettirsi, notando un rialzo della temperatura corporea. Il paziente aveva lavorato in una località turistica della bassa Valle d’Aosta, venendo a contatto con molti turisti lombardi. Da giorni aveva una lieve tosse e un bruciore agli occhi. Sintomi che non aveva riferito ai sanitari, temendo che l’operazione programmata da tempo potesse essere rinviata, come poi avvenuto.

Bari – A Bari situazione molto simile. In Puglia la Procura ha aperto un’indagine per diffusione colposa di epidemia e falso in cartella clinica a carico di una partoriente, poi risultata positiva al coronavirus, ricoverata nella clinica Mater Dei. La donna, stando alla denuncia di tre persone venute in contatto con lei, avrebbe omesso di comunicare che proveniva dall’Emilia Romagna. L’inchiesta è nata dalla denuncia di un’infermiera e un operatore socio sanitario della ginecologia dove era ricoverata la donna e da un’altra partoriente in stanza con la donna. L’infermiera e l’altra partoriente hanno denunciato di essere state esposte a rischio contagio e di trovarsi, per questo, attualmente in quarantena domiciliare. L’oss, invece, è già risultato positivo al tampone del coronavirus.

I fatti denunciati risalgono al 7 marzo scorso. La partoriente, tornata da Parma per partorire a Bari nella clinica dove lavora sua madre, non avrebbe tempestivamente informato il personale della struttura di provenire dal nord Italia. Sarebbe stata quindi in contatto per ore con il personale sanitario privo delle necessarie misure di sicurezza anti-contagio e ricoverata in stanza con un’altra partoriente. Con l’insorgenza dei primi sintomi e dopo aver rivelato la provenienza dall’Emilia Romagna, sarebbe stata sottoposta a tampone risultando positiva. L’infermiera denunciante lo ha appreso il 9 marzo e si è messa in auto-quarantena con tutta la famiglia. Stessa cosa ha fatto l’altra partoriente. L’operatore ausiliario, invece, poi risultato positivo al coronavirus, lo avrebbe appreso solo l’11 marzo. I tre querelanti sono assistiti dall’avvocato Fabio Campese. La partoriente denunciata, difesa dall’avvocato Daniela Castelluzzo, ha dichiarato nei giorni scorsi che “non corrisponde al vero di aver taciuto di provenire da Parma e di aver provveduto a prendere tutte le accortezze necessarie“. Nella stessa clinica altre sei persone, un medico e cinque infermieri, sono risultati poi positivi al tampone ma non ci sono al momento elementi per poter collegare questi ulteriori contagi al caso della partoriente.

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