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di Andreina Fidanza

La pandemia che sta drasticamente cambiando abitudini, funzioni, inclinazioni e tendenze di una larga fetta di mondo ha inevitabilmente messo a nudo anche culture e tradizioni dell’intero orbe terracqueo.

Se da una parte il Vecchio Continente con l’Italia a fare da esempio e volano ha acceso la macchina sanitaria, con sforzi enormi da parte di addetti ai lavori, istituzioni e cittadini, questi ultimi chiamati a grandi responsabilità civiche, il mondo anglosassone, inglesi su tutti, ha intrapreso la strada dell’immunità di gregge. Tradotto: far passare il virus attraverso tutta la popolazione, confidando che la catena dell’infezione possa essere interrotta quando un gran numero di soggetti diventi immune o meno suscettibile alla malattia.

Una condizione che come glacialmente ha riferito Boris Johnson porterà “molte famiglie a perdere i propri cari”. Una semplificazione dettata dalla linea del governo inglese che porta a non fare nulla ed aspettare. La conseguenza inevitabile: i più sani, forti e fortunati sopravviveranno. Gli altri, si vedrà.

Dall’altra parte dell’oceano per settimane si è minimizzata la minaccia del virus, con il numero uno della Casa Bianca a fomentare l’opinione pubblica per paura di calare nei sondaggi. Poi il dietrofront, causa la preoccupante situazione di New York dove i casi sono raddoppiati in meno di 24 ore e la morte dell’anziana che viveva a Manhattan, la prima vittima nel fortino nevralgico della nazione. La dichiarazione dello stato di emergenza con un piano da 50 miliardi di dollari l’ammissione, forzata dallo staff presidenziale e dai media, della gravità della situazione.

Misure diametralmente opposte che hanno messo in chiaro differenze sostanziali tra chi ha messo al centro la salute dei cittadini e chi ha preferito non mettere in pericolo le strutture economiche, produttive e finanziarie per tentare di vincere una battaglia persa in partenza.

In un periodo storico dove giudizi e valutazioni vanno rapportati allo stato d’emergenza viene spontaneo affermare come l’iper-liberismo prodotto da alcune democrazie abbia bypassato il buon senso e soprattutto la civiltà umana, ponendo la comunità come cavia di un’economia punta del darwinismo culturale, dove i soldi sono la vera selezione naturale.

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