Neil Ferguson, docente di biologia matematica che su Twitter ha scritto dei suoi sintomi, aveva stimato oltre 2 milioni di morti in Usa senza misure anti-contagio. I suoi calcoli hanno convinto la Casa Bianca e Downing Street ad agire
È l’uomo che ha fatto cambiare idea a Boris Johnson, convincendolo ad adottare misure per contenere la diffusione del coronavirus. Neil Ferguson, del centro dell’Imperial College di Londra sulle malattie infettive, è l’autore principale dello studio condiviso con la Casa Bianca una settimana fa, e che prevedeva negli Usa la morte di 2,2 milioni di persone in assenza di azioni da parte del governo e degli individui per rallentare la diffusione del virus.
Eppure proprio lui da qualche ora è “in auto-isolamento” a casa con sintomi di probabile contagio da Covid-19, sullo sfondo di un nazione dove l’incremento dei casi ha fatto segnare in 24 ore un nuovo record di 676 in più, fino a oltre 2.600. Ad annunciarlo è stato lui stesso, dopo aver trascorso gli ultimi giorni correndo avanti e indietro, di riunione in riunione, fra Downing Street e il parlamento di Westminster: laddove sospetta d’esser stato in ultimo infettato.”Sigh – ha twittato in nottata – ho una tosse secca, ma persistente e sono isolato, anche se mi sento bene”. Poi, un secondo messaggio: “Dalle 4 ho la febbre alta”. E infine l’ultimo sfogo, rassegnato: “C’è molto Covid-19 a Westminster“.
Ferguson non è un virologo o un epidemiologo, ma un docente di biologia matematica secondo i cui calcoli l’accelerazione dell’epidemia verificata nel Regno nei giorni scorsi avrebbe condotto – in assenza d’una stretta immediata sui contatti sociali – a un livello di ricoveri insostenibile per il servizio sanitario nazionale (Nhs, carente soprattutto di posti letto di terapia intensiva). E a una stima potenziale di 250mila morti nei prossimi mesi.
Il professore ha detto che l’impatto potenziale sulla salute del coronavirus è comparabile a quello della diffusione dell’influenza nel 1918 (la cosiddetta “spagnola”) e che soverchierà praticamente “le capacità del sistema sanitario in qualsiasi Paese sviluppato, inclusi gli Stati Uniti“, a meno che non siano prese misure per ridurre la diffusione del covid-19. Uno studio-shock che ha indotto Johnson e la task force americana che si occupa dell’epidemia a prendere misure più radicali.