Quattordici medici morti in meno di un mese. Quattordici professionisti che si trovavano in prima linea da quel 21 febbraio, quando è stato scoperto il primo focolaio di coronavirus in Nord Italia. Prima con poche precauzioni, senza conoscere il nemico contro cui stavano combattendo, poi con maggiori accorgimenti, ma un flusso di malati sempre maggiore. La Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) continua ad aggiornare la lista di chi non ce l’ha fatta: solo giovedì ha diffuso la notizia di altre cinque vittime.
Giuseppe Finzi, responsabile del day hospital dell’ospedale Maggiore di Parma, è solo l’ultimo in ordine di tempo ad aver perso la vita mentre svolgeva le sue funzioni, il 19 marzo. È morto a 62 anni nello stesso ospedale dove lavorava, dopo essere risultato positivo al Covid-19 che ha aggravato le patologie pregresse delle quali soffriva. Gli amici e i colleghi lo ricordano come una persona piena di energia, che oltre al suo lavoro riusciva anche a trovare il tempo per dedicarsi al volontariato e alle iniziative organizzate a Parma e Soragna, quest’ultimo suo paese di origine dove si era anche candidato come sindaco.
Il giorno prima è morto invece Antonino Buttafuoco, uno dei medici di base di Ciserano e di Verdellino. Arrivato nella Bergamasca ormai 25 anni fa, lui che era originario di Alcamo e laureato all’Università di Palermo, a 66 anni aveva deciso di continuare a dare assistenza ai propri pazienti, nonostante l’epidemia di coronavirus che nella provincia lombarda sta continuando a mietere decine di vittime ogni giorno. Anche lui, come molti suoi concittadini, è stato poi contagiato.
Lo stesso giorno sono morti anche Marcello Natali e Massimo Borghese. Il primo aveva 57 anni, era originario di San Giorgio di Piano, in provincia di Bologna, ma da circa 20 anni lavorava a Codogno, il primo focolaio di Covid-19 in Italia. Era figlio d’arte, anche il padre, prima di lui, era un medico. Di lui, sentiti dai giornali locali, i colleghi e gli amici di sempre hanno raccontato di “una persona piacevole e mite”, dedita allo studio e al proprio lavoro, ma dallo “humor britannico”. Proprio la passione per la sua professione lo ha portato a contrarre il virus, visto che, anche dopo l’inizio dell’emergenza, ha continuato a visitare i suoi pazienti, anche a domicilio, e ha aperto le porte a quelli di colleghi che si sono ammalati prima di lui.
Borghese invece era un otorinolaringoiatra di Napoli. Aveva 63 anni e da colleghi e amici viene descritto come uno dalla battuta facile, dal carattere brillante e appassionato di barzellette. Il dottore aveva anche uno studio in Veneto e, oltre che per la sua simpatia, era conosciuto soprattutto come un apprezzato professionista. Tra le altre cose, era anche stato docente di Foniatria e Riabilitazione presso il prestigioso Istituto Stelior di Ginevra.
Il 16 marzo è morto Luigi Ablondi, ex direttore generale dell’Ospedale di Crema per 11 anni. Aveva 66 anni e aveva deciso di andare in pensione da poco più di un anno. Non ha vissuto la pandemia da medico, ma da paziente. Era tornato a Parma, sua città di residenza, e lì, l’11 marzo, era stato ricoverato per una brutta broncopolmonite. Le analisi, però, hanno evidenziato la positività al Covid-19 che, in soli 5 giorni, gli ha tolto la vita. A dare ufficialmente la notizia della morte è stato il sindaco di Crema, Stefania Bonaldi, in un videomessaggio su Facebook, a testimonianza del fatto che la città era ancora molto legata al medico che per due volte è stato nominato miglior manager lombardo. Un’eccellenza per la sanità regionale.
La provincia di Como è una di quelle che ha pagato il prezzo più caro. Domenica ha perso la vita Luigi Frusciante, 71 anni, medico di base di Sagnino. Era andato in pensione da appena un anno, ma rimaneva una persona molto conosciuta, oltre che fra i colleghi, anche nel suo paese, grazie anche a un’altra sua passione: quella di arbitrare partite di calcio. A marzo è risultato positivo al coronavirus.
Sempre a Como lavorava Giuseppe Lanati, noto primario dell’ospedale Sant’Anna, morto a 73 anni, anche lui a causa di complicazioni dovute al coronavirus. Tra coloro che hanno voluto ricordarlo c’è anche l’Associazione ex Alunni del Collegio Gallio che sul proprio profilo Facebook ha scritto: “L’ Associazione ex Alunni del Collegio Gallio ricorda con grande affetto e stima il dott. Giuseppe Lanati, unendosi al dolore dei familiari e degli amici. Oggi è mancato il nostro amico Beppe Lanati, vittima di Covid-19. Conosciuto medico e primario dell’Ospedale S.Anna di Como. Ha ricevuto nel 2001 la benemerenza Cerchio Aperto dell’associazione, con la seguente motivazione ‘Impegna le ampie e specialistiche conoscenze scientifiche, assiduamente composte con l’umanità del tratto, per restituire sereno respiro a tanti sofferenti’”.
Anche Raffaele Giura, 80 anni, aveva lavorato a Como come medico e primario, fino al 2007, del reparto di Pneumologia del vecchio ospedale di via Napoleona. Descritto da chi lo conosceva come un uomo di estrema umanità, tanto che a 80 anni aveva deciso di rimanere in prima linea per assistere le persone affette da Covid-19.
Luciano Vezzulli è morto a 61 anni, il 17 marzo. Un nome molto noto a Piacenza, visto che era lo storico medico delle giovanili della società di calcio cittadina. Una figura nota per chi segue le vicende del club, tanto che anche la società, con i presidenti Stefano e Marco Gatti in testa, ha voluto salutare questo professionista morto a causa della polmonite virale.
Il primo medico di famiglia vittima del coronavirus a Bergamo è il dottor Mario Giovita, 65 anni, che era stato ricoverato all’ospedale Papa Giovanni XXIII. Giovita era laureato in Medicina e Chirurgia e specialista di malattie infettive: è stato il medico di famiglia di molti residenti di Caprino Bergamasco e Cisano Bergamasco. Anche il sindaco di Caprino, Davide Poletti, lo ha voluto ricordare.
La politica e l’attenzione per tutti i bambini, non solo italiani, oltre alla passione per la sua professione. Chi lo conosceva ha descritto così Carlo Zavaritt, pediatra e neuropsichiatra infantile morto il 13 marzo a 80 anni. Plurilaureato, ha affiancato il lavoro all’impegno politico: spadoliniano di ferro e iscritto al Partito Repubblicano, è stato assessore all’Ecologia del Comune di Bergamo e consigliere comunale proprio con il Pri, Bergamo Democratica e la Lista Bruni. Le sue cure le ha portate anche in Sri Lanka, dove ha assistito molti bambini dopo lo tsunami del 2004.
Giuseppe Borghi invece aveva 64 anni. Lo descrivono come un punto di riferimento con il suo studio a Casalpusterlengo, in provincia di Lodi. Una paziente, sentita da Il Cittadino lo ricorda così: “Con le lacrime agli occhi dico che era un’anima buona, sensibile. Era il mio medico da più di 20 anni, persona straordinaria che amava il suo lavoro, non l’ho mai sentito dire di ‘no’ una volta, sempre disponibile con tutti”. Mentre l’ultima perdita in ordine di tempo è quella di Franco Galli, medico di base a Medole, nel Mantovano.
All’ospedale di Como, è deceduto Roberto Stella, medico di famiglia e presidente dell’Ordine dei medici di Varese, il primo camice bianco vittima del coronavirus. Anche i membri del governo, come il ministro della Salute, Roberto Speranza, hanno voluto ricordare l’impegno e il valore di Stella. Un messaggio lo ha mandato però anche Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici: “La perdita dell’amico Roberto è incommensurabile, oggi è un giorno estremamente triste. Il coronavirus si è portato via in pochi giorni un amico, un collega, un presidente sempre pronto a spendersi per gli altri, senza risparmiarsi”.