Forte, robusto, atletico, ma il Coronavirus “gli ha stravolto la vita”. Tiziana Ferrario, lo storico volto del TG1, racconta la storia di suo figlio, 29enne, ingegnere, trovato positivo al Covid-19. “L’ho visto lo scorso 23 febbraio correre i 1500 metri ai Campionati italiani indoor di atletica ad Ancona”, ha raccontato la Ferrario al Corriere. “Si era allenato tantissimo (…) per questa edizione avrebbe voluto esserci anche lui, che non è atleta professionista, ce l’aveva messa tutta e aveva trascorso perfino un mese in Kenya, dove si formano i campioni della corsa”. Dopo la gara mamma Tiziana torna a Roma e il figlio a Milano. Ogni giorno al telefono la solita chiacchierata sul tema del momento, il famigerato Coronavirus. Poi, improvvisamente martedì 10 marzo la febbre a 38, la tosse, il mal di gola. “Da venerdì, dopo ogni colpo di tosse, anche un po’ di sangue – ha spiegato la Ferrario – Ogni volta che ha contattato il medico gli è stato risposto di prendere la tachipirina e lui lo ha fatto, ma la sua salute non è migliorata ed è andato al pronto soccorso”. Lì i medici gli hanno fatto una lastra e individuato un inizio di polmonite, poi il tampone e la positività. “Ha iniziato la cura e le sue condizioni per fortuna non si sono aggravate. Non sente più sapori e odori, ma questa strana sensazione era cominciata già mentre stava a casa malato”. La Ferrario è scossa. Con il figlio la domanda che si pongono è sempre la stessa: dove avrò contratto il virus? I suoi amici stanno tutti bene: nella sua azienda in apparenza nessuno è malato, ma sappiamo che intorno a noi ci sono molti asintomatici. Il Covid-19 è un nemico subdolo e non fa distinzioni. Si insinua in tutti gli organismi, colpisce duro in quelli già segnati da altre malattie e non risparmi quelli robusti come mio figlio”. L’esistenza che viene stravolta in pochi giorni, ma un punto fermo in queste ore c’è. Sono i medici e gli infermieri con il loro lavoro indefesso di fronte alla malattia: “Niente più allenamenti, niente più amici, niente più lavoro, ma solo una stanza isolata con un vetro dove medici e infermieri eroici entrano superprotetti per curarlo. Il loro impegno è esemplare e non va dato per scontato. Non finirò mai di ringraziarli”.
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