Di necessità virtù. Ai tempi dell’epidemia più grave dopo quella della Spagnola del 1918 bisogna trovare soluzioni per arginare i problemi. Non capita spesso che un’invenzione sia salutata con tanto entusiasmo, e il suo ideatore si augura perché non si verifichino mai le condizioni di doverla usare. E, invece, è la storia del ventilatore ‘multiplo’ messo a punto in appena 72 ore a Bologna: l’apparecchio, grazie a uno sdoppiamento dei circuiti, è in grado di fornire respirazione assistita a due pazienti invece che a uno. “Un’idea formidabile”, come l’ha definita il commissario per l’emergenza in Emilia-Romagna, Sergio Venturi, soprattutto di fronte al rischio di saturazione delle terapie intensive in Lombardia e – a cascata – nelle altre regioni d’Italia, se il contagio non dovesse arrestarsi.
Ma il suo inventore – come riporta l’Ansa – utilizza toni molto meno trionfalistici. “Se dovessimo essere costretti a utilizzare quel circuito, vorrebbe dire essere finiti in una condizione di medicina di guerra“, spiega Marco Ranieri, docente universitario ed esperto rianimatore del Sant’Orsola di Bologna. L’idea – rivela Ranieri – “è venuta a me ed altri esperti di fronte alla situazione di difficoltà delle terapie intensive in Lombardia“. Dove, precisa, “oggi non ce n’è bisogno, anche se siamo subendo uno stress gravissimo” e “quindi bisogna ripetere alla gente di restare in casa è fondamentale”.
Il ventilatore ‘multiplo’ è stato realizzato in neanche 72 ore grazie alla collaborazione della multinazionale Intersurgical di Mirandola, nel pieno del distretto biomedicale modenese, quello che era stato colpito dal terremoto ma che con coraggio si è rialzato in fretta.
L’azienda è specializzata in ventilatori non invasivi e in questa ultima settimana ha concentrato i propri sforzi produttivi per far fronte all’emergenza, portando anche la forza lavoro da 50 a 75 dipendenti. Forte di 23 sedi esteri, l’invenzione potrebbe essere replicata anche altrove, in quei Paesi dove l’epidemia dovesse prendere piede e non trovare un sistema sanitario attrezzato. Uno scenario che, però, Ranieri rifiuta: “Contento? No, sono assolutamente inquietato. Mai avrei pensato di anche solo immaginare soluzioni di questo tipo, che non sono state usate nemmeno in Africa all’epoca di Ebola“. Il ventilatore multiplo, infatti, ‘divide’ in parti uguale la capacità respiratoria tra i due pazienti, “senza tenere conto delle effettive necessità, facendo quindi di necessità virtù”. Anche se, conclude Ranieri, “noi dovremmo essere in grado di curare nel modo più adeguato e se arriviamo a certi estremi, significa che siamo veramente disperati”.