Il 20 febbraio era stato il primo italiano ad essere stato contagiato dal coronavirus sul territorio nazionale, senza aver avuto legami diretti con la Cina. Il “paziente 1”. Un mese dopo, il 20 marzo, Mattia è ormai uscito dalla terapia intensiva e, pur restando ricoverato, è ora in via di guarigione. “Respira da solo”, ha annunciato il primario di Malattie infettive del Policlinico San Matteo di Pavia, Raffaele Bruno, a Repubblica. “Lo abbiamo appena staccato anche dall’ultima macchina. Finalmente posso dirlo: sta guarendo. Ora piange perché è felice”. Mattia sta per diventare padre: la moglie – anche lei contagiata e poi guarita dal coronavirus – è ormai al nono mese di gravidanza. Dopo 28 giorni, si sono sfiorati per la prima volta attraverso un vetro. Lunedì o martedì dovrebbe rientrare a casa. “Ogni malato fa la differenza – continua il primario – ma guarire lui, dal punto di vista umano, in un mese mi ha insegnato che la normalità è un privilegio“.

A un’infermiera delle terapie intensive – scrive ancora Repubblica – Mattia ha detto: “Ho tenuto duro perché sto per diventare papà. Mentre avevo il tubo nella trachea, ho pensato che se fossi stato solo avrei mollato. È la vita degli altri a trascinarci avanti”.
Il manager della Unilever di Casalpusterlengo, 38 anni, era già stato in ospedale qualche giorno prima ma non gli era stato diagnosticato il Covid-19: su questa vicenda il procuratore di Lodi Domenico Chiaro ha aperto un’inchiesta per epidemia colposa. Alla fine, di fronte a un nuovo peggioramento, un’anestesista aveva pensato “l’impossibile” e ipotizzato che fosse proprio quel coronavirus che tutti attribuivano alla Cina, non certo a chi di recente non era neanche uscito dalla Lombardia. La notte successiva era stato trasportato da Codogno a Pavia, in condizioni disperate.

A quel punto era partita la caccia – mai risolta – al “paziente 0”, ma la marea montante di casi nel lodigiano avevano reso la ricerca pressoché impossibile: Mattia è stato sicuramente il primo a essere ricoverato per coronavirus, ma è impossibile stabilire quanti fossero stati contagiati, e come, prima di lui. Lui stesso è ancora ignaro di cosa è successo: non sa di essere il “paziente 1”, né cos’è accaduto in queste settimane. Al Corriere della Sera ha detto che il suo unico desiderio, ora, è veder nascere la sua bambina. Da quel 20 febbraio la vita degli abitanti della Lombardia prima, e dell’intero Paese poi, è cambiata radicalmente: il 23 febbraio 11 comuni diventano zona rossa, il 4 marzo chiudono tutte le scuole, i musei, i cinema e i teatri. Fino all’ultimo decreto, il più radicale, il 10 marzo: tutta l’Italia zona protetta, con spostamenti limitati e l’obbligo di stare a casa. Tra poco potrà tornarci anche Mattia.

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