di Cinzia Sintini, psicoterapeuta

Mi scuso già da ora per ciò che scriverò e spero nessuno si senta giudicato o attaccato. È il mio sentire e lo condivido. Mi hanno turbata le immagini della colonna di camion militari che portavano le bare alla cremazione. Ho pensato alle famiglie di queste persone che sono state nell’impossibilità di dare un ultimo saluto ai lori cari e neppure possono compiere un rito utile per la elaborazione del lutto come è il funerale, qualsiasi tipo di rito funebre.

Ho sentito una stretta al cuore e una vicinanza emotiva con persone a me sconosciute. Dolore per loro, timore per le persone che amo e quelle a loro care. Mi sono commossa, una commozione calda che mi ha fatto bene, mi ha fatta sentire connessa anche se isolata. Mi è più congeniale la commozione, il silenzio e il ritiro in questo momento che non i canti al balcone ma so che anche quelli aiutano, non me ma altri sì. Io sto comoda nel ritiro pur amando il contatto fisico e l’intimità degli abbracci e ho pensato a chi non potrà più abbracciare ed essere abbracciato e ho pensato al perché nessuno di noi ha listato a lutto le proprie finestre per queste vittime. Perché un canto funebre, una musica funebre in loro onore non si sono levati corali dalle nostre case, un rito di saluto e accompagnamento per loro?

Abbiamo bisogno dei riti non per soffrire e deprimerci e perdere la speranza ma per elaborare, per poter andare avanti quando finirà. É vero che non dobbiamo cedere al panico, altera la produzione di cortisolo che indebolisce il sistema immunitario. Ma la commozione, il contatto emotivo empatico con chi soffre in questo momento per una perdita, per la malattia o perché vede ogni giorno morire qualcuno, questo non è panico, è umanità.

Non cediamo al panico, continuiamo a stare in contatto fra noi in ogni modo possibile a distanza. Scriviamo la nostra vicinanza, il nostro amore, la nostra tenerezza, esprimiamo la dolcezza in tutti i modi che troviamo ma non evitiamo di sentire la tristezza, il dispiacere, la commozione appunto perché provare questo ci aiuta.

La paura ha anche una funzione adattiva, ci aiuta a percepire il pericolo e a prepararci a fronteggiarlo. La paura in funzione adattiva consente la sopravvivenza della specie e un po’ di paura ha consentito a noi di fronteggiare il pericolo stando in casa, senza saremmo tutti fuori.

Non sono da temere le emozioni come la paura o la tristezza o la commozione se regolabili dentro di noi e credo sia la compassione in senso laico – non necessariamente religioso – che oggi ci può aiutare a fare i sacrifici a cui siamo chiamati, a sopravvivere isolati e con le nostre vite cambiate e a restare umani, solidali e vivi dentro.

Venga dichiarato un giorno di lutto nazionale per chi è stato accompagnato con i camion militari e per chiunque sia venuto a mancare in questo periodo così disorientante: credo aiuterà tutti noi.

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