Famoso in tutto il mondo per le sue parate e il suo carisma, il sovietico in patria vinse tutto difendendo i pali della Dinamo Mosca
Trent’anni fa moriva nella sua Mosca l’unico portiere della storia a vincere il Pallone d’oro ed a apparire in un manifesto ufficiale di un mondiale di calcio. Lev Jashin conviveva da tempo con seri problemi di salute per i quali era stato costretto all’amputazione di una gamba. Qualche mese prima di quel triste 20 marzo 1990 allo stadio Lenin c’era stata una partita celebrativa in cui si erano affrontate una selezione di tutte le società sovietiche Dinamo e il Resto del Mondo. Segnarono anche i “vecchietti” Bobby Charlton e Eusebio. Jashin apparve in tribuna gravemente malato e fu un dolore per tutti vedere in quelle condizioni il mito sovietico. La vera partita di addio al calcio si era disputata invece nel 1971, sempre nello storico impianto della capitale.
Più di centomila spettatori avevano ammirato tra gli altri Giacinto Facchetti, Gerd Muller e Dragan Dzajic. Il Ragno nero, che solo l’anno prima era andato in Messico con la Nazionale a giocare da riserva il Mondiale, difese per l’ultima volta una porta da calcio. Lev (cioè Leone) ha avuto una vita dura sin dal principio. Aveva iniziato a lavorare col padre Ivan già a 13 anni e diventò da allora un accanito fumatore. Nel 1948 entrò nella Dinamo, la squadra di una vita. Col nome Dinamo venivano chiamate nell’Urss le squadre raggruppate sotto l’egida del Ministero dell’Interno. Non riuscì subito a diventarne il titolare e non si impose facilmente anche a causa di qualche errore di troppo durante le prime gare. Atleta vero, giocava contemporaneamente ad hockey su ghiaccio ed a un certo punto quasi sembrava fosse quest’ultima la strada da intraprendere. Invece nel 1956 vinse da titolare l’oro olimpico e poi nel 1960 il primo campionato europeo della storia. Iniziò a farsi conoscere anche al di fuori dell’Urss.
Negli anni cinquanta con il Ragno Nero titolare, la Dinamo Mosca si era fatta notare in casa, vincendo quattro campionati sovietici e una Coppa dell’Urss. Ebbe ancora un momento di difficoltà, soprattutto psicologica, dopo il mondiale 1962. Ne uscì anche grazie alla passione per la pesca, la sua attività preferita per recuperare la tranquillità. Jashin diventa un mito dappertutto. Nel 1963 vince il Pallone d’Oro, davanti a Gianni Rivera. Si consacra in tutto il mondo, in Sudamerica è chiamato la Piovra Nera. In Africa il portiere più forte del continente Robert Mensah gioca col basco in suo onore. Ottantasei i rigori parati nella sua lunghissima carriera, grazie ad una forza fisica e psicologica non comune. In Italia-Urss del 1963 Sandro Mazzola sul dischetto viene intimorito dal carisma del numero uno avversario: “Quel giorno il mio tiro andò dove voleva lui”, dirà il giocatore dell’Inter. Oggi Lev Jashin avrebbe 90 anni. La sua tomba si trova al cimitero Vagankovo di Mosca dove sono seppelliti, tutti con tomba monumentale a tema calcistico, i giganti del calcio sovietico come Streltsov, Cislenko, Strarostin e Beskov.