“Forse tutto il mondo sa che lei è mancino”. E’ la risposta all’alter ego di Maradona in Youth di Paolo Sorrentino. E se vale per il Maradona ultracinquantenne, ormai grasso e malmesso del film, sul finire degli anni ’80 parlare di un mancino è impossibile senza partire, arrivare o passare per Diego e per le sue prodezze. E a Boniperti questa cosa proprio non andava giù. No, perché da presidente della Juve lui aveva avuto la possibilità di prenderlo, Maradona, ma non gli piacque quel corpo tozzo, da “Barilete cosmico”, secondo lui poco adatto al calcio italiano e lo scartò.

La versione ufficiale dice che fu Grondona, argentino e potentissimo capo del calcio sudamericano, a bloccare l’acquisto. Ma è una versione ufficiale, appunto. Di fatto vedere Diego dipingere calcio in campo e scudetti sulla maglia del Napoli accresceva i rimpianti, dunque quando gli arrivano voci di un ragazzino giovanissimo, dal sinistro stupefacente e che segna già caterve di gol in patria nonostante non ancora maggiorenne, Boniperti si fionda sull’affare. Stavolta no, non se lo sarebbe fatto scappare. C’è solo un problema: in rosa la Juve aveva già troppi stranieri, i russi Zavarov e Alejnikov e il portoghese Rui Barros. Il problema, tuttavia, è di facile risoluzione.

Considerando che il ragazzino ha solo 17 anni si può tranquillamente girare in prestito in provincia, farlo crescere tranquillo in modo che esploda. Perché esploderà, Boniperti ne è convinto: sarà la nuova stella bianconera. Si chiama Gustavo Alfredo Neffa Rodriguez, ma meglio Neffa e basta e gioca in Paraguay, all’Olympia di Asuncion, dove tra campionato e Libertadores, cominciando a giocare a 16 anni, ha messo insieme più gol che presenze: 32 volte a segno in 28 partite. Il sinistro è discreto e già partono i paragoni (come sarà fino all’avvento di Messi ogni qualvolta qualcuno provenga dal Sudamerica ed abbia un sinistro che colpisca la palla con risultati diversi da quelli che avrebbe un ferro da stiro che compie la stessa azione).

La Juventus ci crede e ci crede soprattutto Boniperti che prende quel ragazzino e lo gira alla Cremonese di Burgnich per farlo ambientare nel campionato italiano. Il mister dei grigiorossi è perplesso, avrebbe voluto un mediano per affrontare un campionato di difesa, botte e contropiede, gli ingredienti perfetti per salvarsi negli anni ’80, e quel ragazzino sembra più tipo da fioretto. Pian piano però lo apprezza e si azzarda anche a dire che “ha un sinistro che ricorda Gigi Riva”. Neffa però non ingrana: non è ancora maggiorenne e non va neanche in panchina per le prime 10 giornate, esordisce a Verona, ma in generale Burgnich gli preferisce Dezotti, che lo ripaga a suon di gol, affiancandogli di volta in volta Chiorri, Avanzi, Limpar, ma non Neffa.

E’ lento il paraguayano, ha buona tecnica ma scarsa velocità e poca o nulla ferocia, o garra come va di moda oggi. Qualche lampo lo mostra, nella buona gara col Milan a San Siro ad esempio, sotto gli occhi dell’Avvocato. E poi esattamente 30 anni fa, il 18 marzo col Lecce, arriva pure il suo primo gol, rubando palla a Righetti, dribblando il portiere e segnando a porta vuota. Resterà l’unico del campionato, ma Boniperti non si arrende: “Ha faticato il primo anno, in B esploderà”. Sì, perché con Neffa e senza il mediano voluto da Burgnich la Cremonese retrocede. E non avrà ragione Boniperti: neanche in B il buon Neffa sfonda, realizzando appena due gol. La squadra di Luzzara riesce comunque a risalire subito in A, la Juve non si riprende il paraguayano lasciando libera la casella per il terzo straniero piuttosto che farlo arrivare a Torino e a novembre Gustavo se ne torna in Sud America, all’Union Santa Fe e poi addirittura al Boca, ma non ha più granché voglia.

Si è innamorato Neffa, perdutamente, della bella Rossana de Los Rios, tennista professionista: e l’amore per Rossana vale più di quello per il pallone. La segue negli Stati Uniti firmando per il Dallas Burn, senza però giocarci mai e passando in panchina, prima con gli stessi Dallas e poi in una scuola calcio fondata da lui assieme al compagno Cabanas, idolo del calcio paraguayano. E se alla fine per Boniperti era stato un abbaglio da poco, visti i trionfi raggiunti da calciatore e da dirigente, se le giocate di Neffa non hanno lasciato il segno nell’immaginario pallonaro italiano, la sua storia sì, ha lasciato il segno: Giovanni Pellino, cantante che, lui sì, ha scritto canzoni entrate nel cuore degli italiani ha scelto di chiamarsi Neffa in suo onore, omaggio a chi rinuncia per amore all’apparentemente irrinunciabile mondo del calcio.

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