Non si ferma a Roma il dramma delle suore positive al Covid-19. E ora crescono anche i timori per l’ospedale ‘M.G. Vannini’ di Tor Pignattara. Gli esami della Asl Roma 6, infatti, hanno confermato il contagio per altre 20 religiose appartenenti all’Istituto Figlie di San Camillo di Grottaferrata, che si sommano alle 40 la cui positività è stata già diagnosticata nella giornata di venerdì. “In pratica tutto il convento è positivo”, ha spiegato l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, annunciando che l’istituto alle porte della Capitale è stato isolato. Oltre a loro, risulta infetto anche uno dei vigilanti. Il contagio, secondo l’autorità sanitaria, sarebbe avvenuto in occasione di un “recente” viaggio a Cremona, dove si trova la sede principale della congregazione. Ma non è solo questo il punto. Alle Figlie di San Camillo fa capo un altro convento, in via Labico, nel semiperiferico quartiere di Tor Pignattara, le cui suore – una quarantina in tutto – gestiscono il limitrofo nosocomio intitolato alla Santa Maria Giuseppina Vannini, fondatrice dell’ordine. Un ospedale “di popolo”, ormai, con medici e infermieri laici e il suo pronto soccorso parte integrante del quartiere. Le sorelle lo dirigono e vi lavorano, anche direttamente in corsia, ricoprendo per gran parte il ruolo di caposala.

I due conventi distano circa 15 chilometri l’uno dall’altro. E a detta dei lavoratori esiste una “forte collaborazione” fra le due strutture religiose. Secondo quanto dichiarato all’agenzia Sir dalla postulatrice dell’ordine, Bernadette Rossoni, che vive a Grottaferrata, “grazie a Dio non siamo in contatto con i malati”, specificando dunque che le suore che abitano la casa generalizia non lavorano negli ospedali. Le consorelle però “danno una mano” e soprattutto “hanno incontri frequenti, sia lavorativi che religiosi”, con quelle di via Labico, come testimoniato da diversi dipendenti dell’ospedale. Inoltre, alla delegazione partita per Cremona avrebbe partecipato anche una delle suore di Tor Pignattara, circostanza per ora non confermata dalla congregazione, che mantiene lo stretto riserbo e comunica solo attraverso i media cattolici. E non è tutto. Quando si è sentita male, in preda a una crisi respiratoria (poi diagnosticata in polmonite), invece di attivare il protocollo raccomandato dalle autorità – telefonata al 112 e attesa dei soccorsi – la prima suora poi risultata positiva è stata portata proprio al Vannini, come indirettamente confermato da suor Rossoni sempre all’agenzia Sir: “Lì è stato fatto immediatamente il test che è risultato positivo. Domenica la suora è stata trasportata all’ospedale Spallanzani”. Solo in quel momento è arrivato l’input di entrare in quarantena e “la decisione della Madre generale di far fare i tamponi” a tutte le monache da “una equipe medica dall’ospedale Vannini”.

I lavoratori sono in allarme. Alcuni infermieri raccontano che “le suore di Grottaferrata vengono a curarsi spesso qui da noi, è accaduto anche recentemente. E noi le assistiamo. Nessuno ci ha fatto il test per capire se abbiamo contratto il virus”. Dalla Regione Lazio fanno sapere che non vi è alcuna necessità, al momento, di effettuare tamponi sulle religiose che gestiscono il nosocomio. Ma i sindacati sono sul piede di guerra. “Abbiamo scritto alla direzione sanitaria e alla Asl Roma 2 chiedendo di effettuare subito i tamponi su tutte le suore del convento di via Labico – ha spiegato a Ilfattoquotidiano.it il segretario provinciale di NursInd, Stefano Barone – e comunque da subito l’isolamento delle religiose. Se ci sono stati dei contatti va denunciato subito”. Al contrario “si metterebbe a rischio sia il personale che i pazienti, visto che le suore continuano a lavorare nell’ospedale”. Nella serata di sabato è giunta la notizia che anche alcune suore del Vannini hanno chiesto di effettuare i tamponi, confermando dunque i timori delle parti sociali, che contano già 5 infetti fra il personale sanitario del nosocomio.

Al dramma delle 60 suore positive dell’Istituto Figlie di San Camillo, va aggiunto quello delle 19 monache della congregazione delle Suore Angeliche di San Paolo, di cui la più grave è deceduta nella mattinata di sabato: rappresentano, tutte insieme, oltre il 6% dei circa 1200 positivi fin qui registrati nel Lazio. L’altro grande allarme riguarda medici e infermieri. Incrociando i dati comunicati dai relativi ordini professionali e dai sindacati di categoria, oltre 1 positivo su 6 nel Lazio sarebbe un operatore sanitario. L’autorità sanitaria regionale, in ottemperanza ai dispositivi nazionali, ha comunicato che per ora i tamponi verranno effettuati “solo sui sintomatici” e che il personale asintomatico deve continuare a lavorare. Il problema è che negli ospedali romani si stanno creando dei veri e propri focolai di infezione. Ci sono casi di medici e infermieri positivi in quasi tutti i nosocomi capitolini. Uno degli ultimi resi noti, all’Ifo di Mostacciano, dove un noto chirurgo toracico è finito in terapia intensiva allo Spallanzani per aver contratto il virus, mettendo in allarme anche due note cliniche private di Roma nord. Una situazione “esplosiva”, come avverte il segretario di Roma e Lazio della Cisl Fp, Roberto Chierchia: “Vanno effettuati subito i test a medici e infermieri – tuona il sindacalista – perché stiamo diventando noi gli untori. Il personale sanitario non se ne fa nulla dei ringraziamenti e degli effimeri attestati di riconoscenza se non viene tutelato e messo nelle condizioni di lavorare”. Appello per ora inascoltato.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Scrivo la presente in nome e per conto dell’Istituto Figlie di San Camillo, in persona del legale rappresentante pro tempore con riferimento alla serie di articoli pubblicati sul Fatto Quotidiano, e in particolare all’articolo apparso il 21 marzo 2020 dal titolo “Coronavirus, altre 20 suore positive. Timori per l’ospedale Vannini di Tor Pignattara di Roma” a firma di Vincenzo Bisbiglia pubblicato sul quotidiano (anche online) per precisare quanto segue. Nell’articolo vengono riportate una serie di circostanze inveritiere, parziali, non verificate e gravemente lesive della reputazione e del buon nome dell’Istituto Figlie di San Camillo.
In particolare: non corrisponde al vero che ci siano suore individuate come positive che operano nell’Ospedale Vannini. È vero invece che sono stati prelevati i tamponi su tutte le suore in servizio come caposala, che hanno dato risultato negativo; non corrisponde al vero che alcune suore si sarebbero recate a Cremona e si lascia intendere che questo fatto avrebbe prodotto il contagio. Nessuna suora di Roma ha viaggiato a Cremona nel periodo rilevante ai fini del contagio. Volutamente viene ingenerata l’idea che l’ospedale si avvalga di personale notoriamente infetto, inducendo tra l’altro confusione tra le infezioni rilevate nella casa generalizia, dove risiedono suore che non prestano servizio presso l’Ospedale Vannini, e quest’ultimo.
La mia assistita si riserva il diritto di agire in via giudiziaria, se necessario anche in via d’urgenza, per la tutela delle proprie ragioni oltreché per il risarcimento del danno. La diffusione di notizie non veritiere, e foriere di allarme sia dentro che fuori dell’ospedale, è, ancor più in questo delicato periodo, fonte di danno particolarmente grave alla struttura ospedaliera, alla sua reputazione e alla serenità degli operatori che si trovano a gestire i servizi sanitari in questo periodo di emergenza.

avv. Pietro Cavasola per conto dell’Istituto Figlie di San Camillo

Gentile avvocato, nell’articolo da lei citato non si asserisce affatto che “ci siano suore individuate come positive che operano nell’Ospedale Vannini”. Il viaggio a Cremona è stato confermato dalla Regione Lazio. I contatti fra le suore che operano al Vannini e quelle della casa generalizia di Grottaferrata sono stati riportati da sindacati e lavoratori (come indicato nell’articolo) e suffragati dalla stessa necessità di eseguire tamponi alle suore caposala del Vannini, dato che dalle Asl viene continuamente ribadito il protocollo dell’Iss che non prevede test a persone asintomatiche o senza link epidemiologici. Alle continue richieste del Fatto di ottenere replica dall’istituto, è sempre seguito il “no comment”. La notizia dei tamponi negativi è arrivata solo la domenica mattina, oltre 12 ore dopo la pubblicazione dell’articolo.
Vin. Bis.

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