Scienza

Coronavirus, estubati due malati dopo farmaco anti artrite. Lo studio Tocivid 19 in 281 ospedali e su 440 malati

I due pazienti, rispettivamente di 63 e 48 anni, erano entrambi ricoverati al Cotugno in terapia intensiva, in condizioni molto gravi e hanno avuto la somministrazione del farmaco rispettivamente il 7 e il 10 marzo scorso mentre erano intubati.

Non hanno più bisogno di ventilazione e sono stati trasferiti nel reparto di degenza per Covid 19 i primi due pazienti di Napoli cui è stato somministrato il Tocilizumab, un farmaco anti artrite. I due pazienti, rispettivamente di 63 e 48 anni, erano entrambi ricoverati al Cotugno in terapia intensiva, in condizioni molto gravi e hanno avuto la somministrazione del farmaco rispettivamente il 7 e il 10 marzo scorso mentre erano intubati.

La malattia scatenata dal coronavirus Sars Cov2 provoca quello che gli esperti chiamato distress respiratorio elevato ovvero una difficoltà a respirare che impone quindi nei pazienti il supporto respiratorio con ossigeno e caschi e nei casi gravi il ricovero in terapia intensiva. Le condizioni critiche dei pazienti non sono solo dovute alla al virus, ma anche a una reazione eccessiva del sistema immunitario che, in alcuni casi, diventa causa stessa di danno e di progressione dei sintomi. Il farmaco in questione modifica la risposta immunitaria, placa il caos che i medici chiamano “tempesta di citochine”, proteine che regolano la migrazione delle cellule immunitarie l’infezione e uno stato infiammatorio che causa danno del tessuto a livello dell’interstizio del polmone. Quindi il farmaco non cura la malattia ma attenua le disastrose conseguenze.

L’idea di usare questo farmaco, già utilizzato in Cina come più volte comunicato dagli scienziati napoletani, è venuta a due a Paolo Ascierto (a sinistra nella foto), direttore dell’Immunologia clinica del Pascale che ha iniziato la cura con il farmaco insieme all’infettivologo del Cotugno Vincenzo Montesarchio.

Dopo giornate frenetiche e la messa a punto del protocollo, l’Aifa ha autorizzato lo studio e oggi sono stati pubblicati i dati aggiornati sull’avanzamento dello studio Tocivid-19 (Studio multicentrico su efficacia e sicurezza di tocilizumab nel trattamento di pazienti affetti da polmonite da Covid-19): alle 12 del 20 marzo 2020 si sono registrati 281 centri e sono stati arruolati 411 pazienti per l’analisi del medicinale. Il farmaco è stato utilizzato a Napoli, Fermo, Bergamo, Milano e Roma. E successivamente si sono aggiunti ospedali pugliesi e veneti. Dello studio fanno parte anche alcune strutture dell’Emilia-Romagna. I risultati del trial “sono attesi prima possibile, bisogna fare presto perché l’incidenza nel Nord Italia sta aumentando troppo” dice in una intervista a Il Mattino Domenico Mantoan, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco

Il professor Luigi Lopalco, responsabile della struttura di progetto per il Coordinamento delle emergenze epidemiologiche della Regione Puglia, ha spiegato che il farmaco, messo a disposizione gratuitamente da Roche, viene utilizzato nei due Policlinici universitari. Sono già otto gli ospedali veneti che hanno aderito alla sperimentazione: l’Azienda Ospedaliera di Padova, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, Vicenza, Bassano e Santorso in provincia di Vicenza, Rovigo, Villafranca e Negrar in provincia di Verona. L’Aifa ha disposto che tutti gli ospedali possano aderire a una sperimentazione aperta, registrandosi sul sito del Pascale di Napoli”. Le strutture, infatti, dovranno rendere conto e aggiornare gli esiti dell’utilizzo del farmaco.

“L’obiettivo dello studio – spiega Marilina Piccirillo, medico oncologo del Pascale che sta raccogliendo i dati – è di ridurre la mortalità a un mese. Il Tocilizumab viene somministrato ai pazienti ricoverati per polmonite da Covid. In particolare, nello studio di fase due, il trattamento viene somministrato a pazienti con stadio di malattia abbastanza iniziale, vale a dire: non intubati o intubati da massimo 24 ore. Mentre nell’osservazionale verranno trattati anche i pazienti intubati da più di 24 ore. Alla fine della fase 2, in ogni modo tutti i pazienti potranno essere inseriti nella coorte osservazionale”. Il trattamento consiste nella somministrazione del farmaco in vena al massimo per due volte, a distanza di 12 ore. Molte delle richieste, fanno sapere dal Pascale, arrivano dagli ospedali del Nord. Un dato prevedibile: “È lì che l’emergenza è più forte”, ricorda Piccirillo