Una delle 62 vittime del paese di Castiglione d’Adda, uno dei dieci comuni della zona rossa del lodigiano, provocate da Sars Cov 2
La felicità di poter finalmente tornare a casa e veder nascere la sua bambina e il dolore per la morte del padre. Mattia, il paziente 1, ha perso il suo papà Moreno. Una delle 62 vittime del paese di Castiglione d’Adda, uno dei dieci comuni della zona rossa del lodigiano, provocate da Sars Cov 2. Il 38enne è stato ricoverato in gravi condizioni nella terapia intensiva al San Matteo di Pavia. Era il 20 febbraio quando il manager di Unilever fu trovato positivo a Codogno (Lodi), anche sua moglie, incinta di otto mesi, fu trovata positiva al virus ma è guarita ed è stata dimessa.
Mattia era già stato in ospedale qualche giorno prima ma non gli era stato diagnosticato il Covid-19. Sulla vicenda, il procuratore di Lodi Domenico Chiaro ha aperto un’inchiesta per epidemia colposa. Da quel giorno la vita in Lombardia è stata stravolta. All’indomani, il Comune di Codogno, come quello di Castiglione d’Adda e di Casalpusterlengo presero i primi provvedimenti: chiusura dei bar e dei ristoranti. Misure che si rivelarono timide a fronte del numero di contagi nella zona che aumentarono in numero esponenziale.
“Respira da solo – aveva annunciato a Repubblica Raffaele Bruno, primario di malattie infettive del policlinico San Matteo di Pavia – Lo abbiamo appena staccato anche dall’ultima macchina. Finalmente posso dirlo: sta guarendo. Ora piange perché è felice: sa che la vita gli ha regalato il tempo per veder nascere la sua prima figlia”.
Giovedì 20 febbraio, poco dopo mezzogiorno. Il ‘paziente 1’, 38 anni, viene scoperto a Codogno dall’anestesista Annalisa Malara, che ha “pensato all’impossibile”. Quel giorno è stato l’ultimo in cui il ricercatore all’Unilever di Casalpusterlengo ha visto la moglie Valentina. Era all’ottavo mese di gravidanza, è stata infettata e ha resistito. Presto sarà mamma. A un’infermiera delle terapie intensive, appena uscito dal coma, Mattia ha detto: “Ho tenuto duro perché sto per diventare papà. Mentre avevo il tubo nella trachea ho pensato che se fossi stato solo, avrei mollato. È la vita degli altri a trascinarci avanti”. “Per me in Italia siamo tutti Mattia – dice Bruno – ogni malato fa la differenza: ma guarire lui, dal punto di vista umano, in un mese mi ha insegnato che la normalità è un privilegio“.
Intanto proprio per l’alto numero di decessi il sindaco del paese, di circa 4600 abitanti, Costantino Pesatori nei giorni scorsi ha telefonato al professor Massimo Galli del’ospedale Sacco suggerendogli di condurre uno studio epidemiologico sul comune che amministra. Una richiesta che ha trovato la disponibilità dell’infettivologo.