L'associazione dei costruttori esteri operanti nel nostro Paese stima che a fine mese le imatricolazioni saranno solo 30 mila, contro le 194 mila di marzo 2019: per sostenere il settore, è necessario un intervento a livello nazionale ed internazionale. Se il trend continua senza provvedimenti, secondo Federauto a fine anno le vendite diminuiranno del 60%
Insieme ad altri comparti strategici per la nostra industria, il Coronavirus sta mettendo in ginocchio anche l’auto. Dopo il grido di dolore a livello europeo dell’Acea, è arrivato anche quello dell’Unrae, l’associazione dei costruttori esteri che operano nel nostro Paese. Dopo un primo bimestre negativo, in cui il mercato ha perso il 7,3% non per colpa dell’epidemia ma di una crisi strutturale ormai conclamata, i numeri di marzo saranno invece drammaticamente peggiori. E stavolta si, per colpa del virus che ha svuotato sia le strade che i concessionari.
”Da quando sono state applicate all’intero territorio nazionale le misure di contenimento dell’epidemia, il mercato delle autovetture in Italia ha registrato un vero e proprio tracollo, con ormai poche decine di immatricolazioni al giorno e una previsione per l’intero mese di marzo di meno di 30 mila unità contro le 194 mila del marzo 2019”, ha fatto sapere il direttore generale Andrea Cardinali.
Se il trend continua, secondo le stime di Federauto (l’associazione delle concessionarie italiane) il rischio è quello di perdere il 60% delle immatricolazioni a fine anno rispetto al 2019. Il che significa l’ulteriore contrazione di una rete già molto provata, con conseguente perdita di posti di lavoro. “Se non si interviene rapidamente e in modo efficace, il rischio concreto è di compromettere la continuità aziendale e la sopravvivenza stessa delle imprese”, ha dichiarato il presidente Adolfo De Stefani Cosentino.
C’è poi un’altra questione, legata all’ambiente e ben riassunta dallo stesso Cardinali nella nota dell’Unrae. Che partendo dall’impossibilità di fare previsioni su quando si uscirà da questa emergenza sanitaria sottolinea “il fortissimo rischio da parte dell’industria automobilistica europea di non raggiungere gli sfidanti obiettivi di abbattimento delle emissioni di CO2 in vigore a partire da quest’anno, con il risultato di dover pagare onerose multe a causa dell’interruzione delle catene di fornitura dei componenti elettrici per i veicoli a basse emissioni, a fronte di volumi di mercato falcidiati”.
Numeri e problematiche che non hanno bisogno di ulteriori commenti, quanto piuttosto di azioni concrete. Possibilmente concertate a livello internazionale, visto che presto altri paesi saranno nelle stesse condizioni dell’Italia, e che gran parte della produzione europea è stata bloccata. Con l’obiettivo di supportare l’intera filiera automotive del vecchio continente, che come ricordato infine nella nota “occupa quasi 14 milioni di persone e potrebbe fungere da traino alla ripresa economica, visto il suo peso sul PIL e l’effetto moltiplicatore dei suoi ingenti investimenti, circa 60 miliardi di euro ogni anno”.