Quando tutto questo finirà e tornerò al parco con i miei figli, credo che piangerò. Come fa chi torna a casa dopo aver visto l’inferno. Ognuno ha il suo e per me l’inferno è sempre stato quel luogo dove non si può che restare fermi. Senza pensare, senza cercare, senza scrivere. Lo è sempre stato, ma non lo sarà più. Perché ora penso che l’inferno sia morire da soli o lasciare morire da sole le persone a cui tieni. L’inferno è sapere che il corpo di una persona a cui vuoi bene se ne va dentro una camionetta per raggiungere un’altra città, perché nella tua non c’è neppure più posto per i cadaveri. L’inferno è avere paura di andare a fare la spesa, del tuo vicino che bussa, che i tuoi figli si ammalino e infettino i tuoi genitori. L’inferno è avere paura di chiedere a un amico se va tutto bene, temendo la risposta. L’inferno è vedere la gente in strada, che se ne frega di te, degli altri, di tutti.
Tutto questo non si potrà dimenticare ed è giusto così. Ma ho paura che quando ci sentiremo di nuovo al sicuro, sarà forte la volontà di farlo. Di lasciare andare ciò che è stato. E quindi di scordare, omettere, trascurare e perdonare. D’altronde tutto ciò che è stato, è stato in emergenza.
Col piffero. Voglio che alcuni fatti rimangano scolpiti, almeno nella mia memoria.
L’Europa. L’Italia ha bisogno dell’Europa, sì. Mai come ora. Come l’Europa ha bisogno di se stessa. Ma non venite a parlarmi di Europa solidale, perché la solidarietà è un’altra cosa. Il problema non è legato solo all’uscita disastrosa di Christine Lagarde sul ruolo della Bce (che, giusto per non dimenticare, “non è quello di ridurre lo spread”), né tantomeno alla miseria umana dello spot sulla pizza trasmesso da Canal Plus o del pensiero ‘acuto’ del conduttore del programma inglese Malattie Imbarazzanti, Christian Jessen, secondo cui gli italiani hanno usato la pandemia come scusa per fare una “lunga siesta”. Il fatto è che l’Europa è divisa in fazioni e non è neppure una questione politica, ma culturale. Su cui c’è molto lavoro da fare. Ma questo lavoro non consiste nello scimmiottare la loro cultura, quanto nel valorizzare la nostra. Perché se non ci investiamo noi, cosa volete che valga per gli altri?
Il coraggio delle scelte. È proprio la nostra differenza culturale che, credo, ci renda tanto diversi. E ci sta. Non voglio neppure commentare le parole sull’immunità di gregge pronunciate dal primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson. Sono solo felice della nostra diversità, mettiamola così. Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità (CSS) e bergamasco, in conferenza stampa ha detto: “Gli anziani sono il patrimonio del nostro Paese, sono le nostre radici, sono la nostra memoria”. Eppure, anche qui, qualcuno lo ha dimenticato cosa hanno fatto i nonni in questo Paese. Hanno pagato le bollette dei figli con la loro pensione, hanno badato ai nipoti per far risparmiare i soldi per le baby sitter, che altrimenti avrebbero ridotto gli stipendi all’osso. Ho sempre ritenuto meritevole di rispetto la scelta di aver fatto, subito dopo i primi contagi accertati, molti più tamponi rispetto agli altri Paesi, prendendosi tutti i rischi del caso (anche economici). Solo che queste sono scelte da portare avanti fino in fondo. Invece è evidente che qualcosa non ha funzionano.
La sanità. Non perché mancano i tamponi. In un video dai toni alquanto accesi registrato da casa, dove si trova in isolamento, il responsabile del servizio di diagnostica per immagini al Nomentana Hospital Fabrizio Lucherini è stato chiaro. Nonostante si trovi a casa con i sintomi del Covid-19, neppure a lui è stato fatto il tampone. “Non te lo fanno – si sfoga – non perché manca la stecchetta che vi mettono in gola, ma mancano i reagenti, mancano i microscopi, il personale che li legge”. La ragioni sono fin troppo ovvie e sono nei numeri: negli ultimi dieci anni l’aumento di risorse per la sanità pubblica di 8,8 miliardi ha rappresentato un incremento troppo basso, ma rispetto al tasso d’inflazione. Morale: alla sanità italiana sono stati sottratti 37 miliardi e questo ha significato taglio a posti letto, accorpamento di reparti e mancate assunzioni. A tutto ciò, bisognerà aggiungere i costi del Coronavirus. E allora credo che nel nostro Paese non solo ci sia bisogno di un aggiustamento, ma proprio l’intero sistema vada ripensato.
Le responsabilità. Quando tutto questo finirà, occorrerà parlare di responsabilità. Perché la storia dell’emergenza vale fino a un certo punto. Perché molte fabbriche non strategiche sono rimaste aperte per troppo tempo. Ovunque. E credo sia più difficile far capire a un operaio invitato a lavorare per il suo turno, che poi quando torna a casa deve rimanere isolato.
Quando tutto questo finirà, i cittadini trarranno le considerazioni che ritengono sulla politica, su chi ha fatto le scelte giuste o meno, su chi almeno ci ha provato, su chi ha pensato alla salute dei cittadini e basta, su chi ha usato un’altra bussola e, infine, su chi ha preferito una guerra assordante a un rispettoso silenzio.
Luisiana Gaita
Giornalista
Cronaca - 23 Marzo 2020
Coronavirus, i fatti che vorrei tenere scolpiti nella memoria quando tutto questo finirà
Quando tutto questo finirà e tornerò al parco con i miei figli, credo che piangerò. Come fa chi torna a casa dopo aver visto l’inferno. Ognuno ha il suo e per me l’inferno è sempre stato quel luogo dove non si può che restare fermi. Senza pensare, senza cercare, senza scrivere. Lo è sempre stato, ma non lo sarà più. Perché ora penso che l’inferno sia morire da soli o lasciare morire da sole le persone a cui tieni. L’inferno è sapere che il corpo di una persona a cui vuoi bene se ne va dentro una camionetta per raggiungere un’altra città, perché nella tua non c’è neppure più posto per i cadaveri. L’inferno è avere paura di andare a fare la spesa, del tuo vicino che bussa, che i tuoi figli si ammalino e infettino i tuoi genitori. L’inferno è avere paura di chiedere a un amico se va tutto bene, temendo la risposta. L’inferno è vedere la gente in strada, che se ne frega di te, degli altri, di tutti.
Tutto questo non si potrà dimenticare ed è giusto così. Ma ho paura che quando ci sentiremo di nuovo al sicuro, sarà forte la volontà di farlo. Di lasciare andare ciò che è stato. E quindi di scordare, omettere, trascurare e perdonare. D’altronde tutto ciò che è stato, è stato in emergenza.
Col piffero. Voglio che alcuni fatti rimangano scolpiti, almeno nella mia memoria.
L’Europa. L’Italia ha bisogno dell’Europa, sì. Mai come ora. Come l’Europa ha bisogno di se stessa. Ma non venite a parlarmi di Europa solidale, perché la solidarietà è un’altra cosa. Il problema non è legato solo all’uscita disastrosa di Christine Lagarde sul ruolo della Bce (che, giusto per non dimenticare, “non è quello di ridurre lo spread”), né tantomeno alla miseria umana dello spot sulla pizza trasmesso da Canal Plus o del pensiero ‘acuto’ del conduttore del programma inglese Malattie Imbarazzanti, Christian Jessen, secondo cui gli italiani hanno usato la pandemia come scusa per fare una “lunga siesta”. Il fatto è che l’Europa è divisa in fazioni e non è neppure una questione politica, ma culturale. Su cui c’è molto lavoro da fare. Ma questo lavoro non consiste nello scimmiottare la loro cultura, quanto nel valorizzare la nostra. Perché se non ci investiamo noi, cosa volete che valga per gli altri?
Il coraggio delle scelte. È proprio la nostra differenza culturale che, credo, ci renda tanto diversi. E ci sta. Non voglio neppure commentare le parole sull’immunità di gregge pronunciate dal primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson. Sono solo felice della nostra diversità, mettiamola così. Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità (CSS) e bergamasco, in conferenza stampa ha detto: “Gli anziani sono il patrimonio del nostro Paese, sono le nostre radici, sono la nostra memoria”. Eppure, anche qui, qualcuno lo ha dimenticato cosa hanno fatto i nonni in questo Paese. Hanno pagato le bollette dei figli con la loro pensione, hanno badato ai nipoti per far risparmiare i soldi per le baby sitter, che altrimenti avrebbero ridotto gli stipendi all’osso. Ho sempre ritenuto meritevole di rispetto la scelta di aver fatto, subito dopo i primi contagi accertati, molti più tamponi rispetto agli altri Paesi, prendendosi tutti i rischi del caso (anche economici). Solo che queste sono scelte da portare avanti fino in fondo. Invece è evidente che qualcosa non ha funzionano.
La sanità. Non perché mancano i tamponi. In un video dai toni alquanto accesi registrato da casa, dove si trova in isolamento, il responsabile del servizio di diagnostica per immagini al Nomentana Hospital Fabrizio Lucherini è stato chiaro. Nonostante si trovi a casa con i sintomi del Covid-19, neppure a lui è stato fatto il tampone. “Non te lo fanno – si sfoga – non perché manca la stecchetta che vi mettono in gola, ma mancano i reagenti, mancano i microscopi, il personale che li legge”. La ragioni sono fin troppo ovvie e sono nei numeri: negli ultimi dieci anni l’aumento di risorse per la sanità pubblica di 8,8 miliardi ha rappresentato un incremento troppo basso, ma rispetto al tasso d’inflazione. Morale: alla sanità italiana sono stati sottratti 37 miliardi e questo ha significato taglio a posti letto, accorpamento di reparti e mancate assunzioni. A tutto ciò, bisognerà aggiungere i costi del Coronavirus. E allora credo che nel nostro Paese non solo ci sia bisogno di un aggiustamento, ma proprio l’intero sistema vada ripensato.
Le responsabilità. Quando tutto questo finirà, occorrerà parlare di responsabilità. Perché la storia dell’emergenza vale fino a un certo punto. Perché molte fabbriche non strategiche sono rimaste aperte per troppo tempo. Ovunque. E credo sia più difficile far capire a un operaio invitato a lavorare per il suo turno, che poi quando torna a casa deve rimanere isolato.
Quando tutto questo finirà, i cittadini trarranno le considerazioni che ritengono sulla politica, su chi ha fatto le scelte giuste o meno, su chi almeno ci ha provato, su chi ha pensato alla salute dei cittadini e basta, su chi ha usato un’altra bussola e, infine, su chi ha preferito una guerra assordante a un rispettoso silenzio.
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Washington, 3 gen. (Adnkronos/Afp) - Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, condannato in primavera da un tribunale penale di New York per aver effettuato pagamenti occulti alla pornostar Stormy Daniels, conoscerà la sua pena il 10 gennaio, ossia 10 giorni prima del suo insediamento alla Casa Bianca (previsto per il 20 gennaio). Lo ha deciso il giudice della Corte suprema statale, Juan Merchan, il quale ha dichiarato che non intende condannare Trump al carcere.
Trump dovrà "comparire in aula il 10 gennaio 2025", ha ordinato Merchan in un'ordinanza nella quale ha specificato di non essere "propenso a imporre una sentenza di incarcerazione" all'uomo che diventerà il 47esimo presidente degli Stati Uniti.
La decisione del giudice di New York "è un attacco all'immunità presidenziale", ha affermato un portavoce del tycoon repubblicano, Steven Cheung.
Palermo, 4 gen. (Adnkronos) - “Grazie per il vostro affetto e per quello che fate tutti i giorni per noi cittadini”. Sono le parole di ringraziamento che la signora Aurora ha rivolto agli agenti della Polizia di Stato di Catania al termine di un incontro, tra ricordi e racconti condivisi, per iniziare in modo diverso il nuovo anno. Per non trascorrere da sola il giorno di Capodanno, l’anziana di Adrano ha chiamato, nel primo pomeriggio, i poliziotti del locale Commissariato per chiedere un supporto morale e per avere un po' di compagnia a casa sua. Al telefono la donna ha raccontato di trovarsi in uno stato di particolare sconforto per aver trascorso le giornate di festa senza incontrare persone, dal momento che, per la sua età e per qualche problema di salute, preferisce non uscire di casa, pur avendo qualche parente residente nei comuni vicini.
L’accorato appello della signora non è rimasto inascoltato e, in pochi minuti, due agenti del Commissariato di Adrano hanno raggiunto la sua abitazione per verificare, prioritariamente, le sue effettive condizioni di salute. Alla vista dei poliziotti, la donna non ha nascosto la sua felicità per la gradita sorpresa e ha subito spalancato le porte di casa, chiedendo loro di accomodarsi in salone per poter parlare insieme per qualche minuto, rivolgendo, in più momenti, parole di sincera e profonda gratitudine agli agenti del Commissariato.
La donna è apparsa in forma, con un progressivo mutamento del suo stato d’animo, caratterizzato da un evidente entusiasmo e da una contagiosa solarità. La signora Aurora, insegnante in pensione, spegnerà tra qualche settimana le ottanta candeline e ai poliziotti ha raccontato diversi aneddoti della sua vita, rivivendo, così, alcuni episodi piacevoli della sua giovinezza. Inoltre, ha mostrato alcune foto del periodo dei suoi studi e poi della sua carriera tra le aule scolastiche, sottolineando di avvertire molto la mancanza dell’affetto e del calore che, per anni, le hanno dimostrato diverse generazioni di alunni. Dopo circa un’ora di ricordi e sorrisi, i due agenti del Commissariato di Adrano si sono congedati con la promessa di un nuovo incontro nelle prossime settimane, non prima di esaudire la richiesta della signora Aurora di una foto insieme per ricordare questo momento così importante del nuovo anno.
Palermo, 4 gen. (Adnkronos) - "Con profonda indignazione e immenso dolore, denuncio un orribile atto di violenza che si è consumato a Caltanissetta nei primi giorni del 2025 ai danni di un cane di quartiere, noto per la sua docilità e bontà. Questo povero essere indifeso è stato brutalmente aggredito con un'arma simile a una falce, presumibilmente da mano umana, e il suo corpo reca ferite raccapriccianti che non si vedono neanche nei film più macabri. Attualmente sta lottando per la vita, nella speranza che possa farcela". E' la denuncia di Armando Turturici, Volontario animalista e Consigliere Comunale di Caltanissetta. "Questo nuovo episodio di vile barbarie e cattiveria non può e non deve passare sotto silenzio. Chi si macchia di atti di tale crudeltà verso animali innocenti dimostra un'assenza totale di empatia e rappresenta un pericolo non solo per gli animali, ma anche per la società intera. È scientificamente provato che chi perpetra violenza sugli animali può facilmente rivolgere questa stessa brutalità contro le persone", dice.
"Non possiamo più tollerare queste barbarie e spero che le autorità competenti possano identificare e perseguire con la massima severità i responsabili di questo crimine- aggiunge il consigliere comunale - Occorrerebbe un inasprimento delle pene per chi maltratta gli animali: non possiamo accettare che simili individui - mi viene difficile definirli esseri umani - continuino a vivere impuniti tra di noi. Allo stesso tempo, ribadisco con forza la necessità di affrontare in modo strutturale e definitivo il problema del randagismo a Caltanissetta. È un'emergenza che si trascina da troppo tempo e con conseguenze davvero insostenibili sotto ogni punto di vista. Servono sterilizzazioni, controlli, campagne di sensibilizzazione e collaborazione con le associazioni animaliste". E conclude: "Da parte mia ci sarà sempre il massimo impegno per questa delicata tematica. Giustizia per questo cane, giustizia per tutti gli animali vittime di crudeltà".
(Adnkronos) - Allarme ad Ancona per una fuga di gas dopo un incidente. "Attenzione a Torrette!A causa di un gravissimo incidente stradale e a una significativa fuga di gas sono chiuse alcune strade", si legge in un post pubblicato dal Comune di Ancona su Facebook che aggiunge: "Il blocco stradale è su via Lambro e via Esino: in quell'area si raccomanda di NON USCIRE da casa e di chiudere le finestre. Sono al lavoro i Vigili del fuoco e la Polizia locale. Transitabile la strada per l'ospedale e verso la superstrada", si legge nel messaggio.
Squadre dei vigili del fuoco sono impegnate in via Esino, ad Ancona, dopo un incidente che ha coinvolto tre auto: due le vittime. Durante lo scontro è stata abbattuta una cabina di distribuzione del gas metano in media pressione. , due le persone morte. Interrotta la fornitura di gas all'Ospedale Regionale e alle abitazioni circostanti.
Roma, 4 gen. (Adnkronos) - I primi quattro paradisi fiscali al mondo sono il Principato di Monaco, il Granducato del Lussemburgo, il Liechtenstein e le Channel Islands che sono situate nel canale della Manica. Solo al quinto si trova l'unico paradiso fiscale non europeo di questa black list: le Bermuda. A segnalarlo è l’ufficio studi della Cgia.
Super ricchi italiani e multinazionali che operano nella penisola sono presenti soprattutto a Montecarlo e in Lussemburgo. Siano essi persone fisiche o società, molti contribuenti italiani si sono trasferiti in particolare a Montecarlo e in Lussemburgo. Infatti, circa 8mila connazionali hanno deciso di trasferire la residenza nel Principato di Monaco per via delle tasse zero sul reddito e sugli immobili. Tra questi ci sono grandi imprenditori, sportivi e celebrità dello spettacolo.
In Lussemburgo, invece, si possono trovare ben sei banche italiane, una cinquantina di fondi d'investimento, vari istituti assicurativi e molte multinazionali italiane e straniere che operano nel nostro territorio. Si stima che grazie ai super ricchi con la residenza all’estero, alle manovre borderline delle multinazionali e dei grandi gruppi industriali che si rifugiano nei paradisi fiscali di tutto il mondo, ogni anno 'sfuggono' all'erario italiano circa 10 miliardi di euro.
Per contrastare quei Paesi che applicano alle big company politiche fiscali compiacenti, dal 2024 è entrata in vigore la global minimum tax (gmt). Secondo il dossier curato dal servizio Bilancio della Camera dei deputati, il gettito previsto dalla sola applicazione dell’aliquota del 15% sulle multinazionali sarà molto contenuto. Si stima che nel 2025 il nostro erario incasserà 381,3 milioni di euro, nel 2026 427,9 e nel 2027 raggiungerà i 432,5. Nel 2033, ultimo anno in cui nel documento si stimano le entrate, le stesse dovrebbero sfiorare i 500 milioni di euro.
L’anno scorso la gmt ha interessato 19 Paesi Ue: Spagna e Polonia, invece, l’applicheranno da quest’anno, mentre Estonia, Lettonia, Lituania, e Malta hanno ottenuto una proroga sino al 2030. Cipro e Portogallo, infine, sono chiamate a rispondere alla sollecitazione giunta da Bruxelles che ha recapitato loro una lettera di messa in mora. Appare evidente che per le grandi holding presenti nei in UE rimane ancora la possibilità, almeno per i prossimi cinque/sei anni, di spostare parte degli utili in alcuni paesi membri dove la tassazione continua essere molto favorevole.
A fronte di oltre 17,6 milioni di addetti presenti in Italia, gli occupati nelle multinazionali (siano esse estere o italiane) sono 3,5 milioni, pari al 20 per cento del totale. A livello territoriale tale quota sul totale occupati regionali sale al 24,4 in Emilia Romagna, al 25,1 in Friuli Venezia Giulia, al 25,3 in Piemonte e al 27 per cento in Lombardia. Se, invece, si parla di fatturato, il dato annuo riferito all’intero sistema produttivo del Paese è di 4.322 miliardi di euro, mentre la quota riconducibile alle big company è di 1.975 miliardi di euro.
Ciò vuol dire che quasi la metà del fatturato prodotto dalle imprese private nel Paese, per la precisione il 45,7%, è ascrivibile alle nostre multinazionali o a quelle estere che hanno delle società controllate che operano in Italia. Su base regionale, tale dato aumenta al 49,8% in Friuli Venezia Giulia, al 51,8% in Liguria, al 52,6% in Lombardia e addirittura al 66,9% nel Lazio.
Palermo, 4 gen. (Adnkronos) - La Procura di Palermo ha iscritto nel registro degli indagati due persone ritenute gli assassini di Piersanti Mattarella, l'ex Presidente della Regione siciliana, ucciso il 6 gennaio del 1980 a Palermo sotto gli occhi della moglie Irma e dei figli, Bernardo e Maria. Secondo quanto scrive oggi Repubblica, ci sarebbe una svolta nell'inchiesta riaperta sull'assassinio del politico, fratello del Capo dello Stato, Sergio Mattarella. I due indagati sarebbero"soggetti legati alla mafia accusati di essere i sicari dell'esponente della Dc", scrive il quotidiano. Per l'omicidio Mattarella sono stati condannati solo i mandanti, i componenti della Cupola di Cosa nostra, mentre sono stati assolti Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, che erano finiti sotto inchiesta con l'accusa di essere i killer dell'ex governatore. Ad ipotizzarlo era stato il giudice Giovanni Falcone che indagò sul delitto eccellente. "L'assassino di Mattarella - si legge nel'articolo - è a volto scoperto e viene visto da almeno 5 testimoni: è un uomo sui 25 anni, con l'aspetto da bravo ragazzo, altro circa un metro e settante. Corporatura robusta, capelli castani. La vedova di Mattarella aiuta a disegnare l'identikit e poi riconosce il capo dei Nar, Valerio Fioravanti, nelle foto pubblicate dopo l'arresto, come una persona molto simile a lui". Adesso la Procura di Palermo ha raccolto "nuove rivelazioni, nuovi dati e riscontri che rafforzano il quadro dell'accusa nei confronti dei nuovi indagati".
Washington, 3 gen. (Adnkronos/Afp) - Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, condannato in primavera da un tribunale penale di New York per aver effettuato pagamenti occulti alla pornostar Stormy Daniels, conoscerà la sua pena il 10 gennaio, ossia 10 giorni prima del suo insediamento alla Casa Bianca (previsto per il 20 gennaio). Lo ha deciso il giudice della Corte suprema statale, Juan Merchan, il quale ha dichiarato che non intende condannare Trump al carcere.
Trump dovrà "comparire in aula il 10 gennaio 2025", ha ordinato Merchan in un'ordinanza nella quale ha specificato di non essere "propenso a imporre una sentenza di incarcerazione" all'uomo che diventerà il 47esimo presidente degli Stati Uniti.
La decisione del giudice di New York "è un attacco all'immunità presidenziale", ha affermato un portavoce del tycoon repubblicano, Steven Cheung.