“Questa è la pandemia del secolo“. In perfetto stile da comunicazione di guerra, con un mix di verità, mezze verità, promesse e paure, il governatore leghista del Veneto Luca Zaia presenta il piano sanitario per far fronte al coronavirus, un mese dopo la prima vittima. Ma deve ammettere che non sempre alle belle intenzioni seguono i fatti, e agli annunci i risultati operativi. E questo nonostante tutti si stiano impegnando al massimo, schierando il meglio della scienza medica del Veneto.
Alla conferenza stampa nella sede della Protezione Civile a Marghera, oltre agli assessori competenti, hanno partecipato Rosario Rizzuto, dell’Università di Padova, il virologo Andrea Crisanti e Stefano Merigliano, direttore della scuola di medicina di Padova. Il piano c’è, sulla carta, ma per ora siamo molto lontani dall’annuncio che Zaia aveva dato il 16 marzo, quando aveva parlato di 10mila tamponi effettuati ogni giorno dal Laboratorio di microbiologia dell’Azienda ospedaliera di Padova e di altri 11.330 che la Regione avrebbe fatto effettuare sulla popolazione nel giro di una settimana. Ma otto giorni dopo, se è vero che in totale il Veneto ha fatto 65mila campioni, il ritmo attuale è molto più basso: “Attualmente siamo in grado di fare 2.200 campioni al giorno – ha detto il prof. Crisanti rispondendo a ilfattoquotiano.it – e in una settimana arriveremo a 4mila. Non appena giungerà un macchinario che è stato acquistato, potremo raddoppiare queste cifre”.
La campagna di ‘sorveglianza attiva’ lanciata dalla Regione Veneto si concentra sulle categorie più esposte, i lavoratori della sanità e le 30mila persone (operatori e assistiti) delle case di riposo. “Si tratta di trovare e isolare i trasmissori inconsapevoli – ha chiarito il prof. Crisanti – partendo dal caso positivo e allargando via via l’indagine per cerchi concentrici, verso la famiglia, il condominio di residenza, il luogo di lavoro. Inizialmente ci aspettiamo un aumento dei casi, ma più positivi troviamo e isoliamo, meno si ammaleranno, e di conseguenza potranno calare i ricoveri e il ricorso alla terapia intensiva. Quello che si chiama punto di flessione, che ci darà la misura degli effetti ottenuti, si avrà tra un po’ di tempo, quando ci si attende un calo contemporaneo sia dei positivi che dei ricoverati”.
Il dato significativo quindi non è tanto l’aumento dei positivi – “che è comunque una buona notizia, perché si individuano persone malate o trasmettitori del virus” – quanto la diminuzione, anche percentuale, del numero di ricoverati in terapia intensiva”. I virologi calcolano che i positivi in Italia possano essere 250mila, anche se non ancora individuati. Nella realizzazione del piano veneto saranno coinvolti 714 operatori del Dipartimento di prevenzione della Regione (medici, infermieri, tecnici, operatori sanitari) e una quindicina di squadre della Croce Rossa.
Gli obiettivi? “Individuare casi sospetti, probabili e confermati. Disporre quarantena e isolamento domiciliare fiduciario. Sottoporre a screening tutti i dipendenti del Sistema Sanitario Regionale, medici di base, pediatri, farmacisti. Individuare positivi in categorie di lavoratori di servizi essenziali”. Tra questi ultimi, forze dell’ordine, cassiere dei supermercati, vigili del fuoco. Non si parla più, quindi, di test da effettuare sulla popolazione in punti strategici della città, ma solo su persone collegate a cluster. Se il campione fosse più vasto, evidentemente la macchina non potrebbe reggere.