Un sabato sera, durante una pandemia globale, un’infodemia inizia a diffondersi alla velocità della luce su tutte le chat. Un ragazzo dal Giappone ci fa vedere gli abitanti di un quartiere di Tokyo che passeggiano liberamente in strada. Invece, nel nostro Paese i media mostrano file di bare mentre i bambini appendono arcobaleni alle finestre e le persone cantano insieme l’inno nazionale. “Perché?”, suggerisce il ragazzo passeggiando con lo smartphone che registra, “È grazie a questo farmaco, Avigan, che qui si sono resi conto da qualche settimana che cura il 90% dei casi di coronavirus”. Il tutto condito da frasi come “faccio questo video per farvi conoscere la verità”, “stanno facendo il solito gioco di marchette” e altro.
In realtà, in Giappone non ci sono ancora restrizioni stringenti perché le autorità sono riuscite a controllare e isolare i primi casi dell’epidemia, non certo grazie a “farmaci miracolosi” (“io non vi ho mai detto che era miracoloso, eh!” afferma il ragazzo in un video successivo). Il clamore mediatico costringe l’Agenzia Italiana per il Farmaco (Aifa) a pubblicare una breve precisazione nella quale si spiega che sì, il farmaco esiste davvero anche se non è approvato in Italia, che è sì un antinfluenzale, ma che i dati su un suo possibile uso contro la malattia Covid-19 causata dal nuovo coronavirus sono scarsi.
Nello specifico c’è solo uno studio pubblicato, ancora senza revisione, nel quale il farmaco in questione è stato utilizzato su un numero ristretto di pazienti, tra l’altro in condizioni non gravi (e qui, dovrebbe essere chiarissimo che nemmeno gli autori dello studio affermano che sia un farmaco salvavita o che ci siano dati riguardo a chi è in terapia intensiva), che è stato usato insieme a un altro farmaco (l’interferone alfa 1-b).
Insomma, non c’è alcun elemento che possa far pensare che i giapponesi escano finalmente di casa grazie alla medicina miracolosa. Però, nel giro di poche ore, dilagano i commenti in modo virale. “Se mio padre fosse in fin di vita senza speranza, vorrei che avesse un’ultima chance!” (ma neppure chi ha ottenuto i dati preliminari dice che è stato testato negli stadi avanzati). “Lo assumi e non ti prendi il coronavirus” (ma nessun antivirale funziona in questo modo, così funzionano i vaccini). “Dovete sperimentarlo subito” (mentre le agenzie medicinali europee stanno valutando adesso circa 20 farmaci diversi).
Il ragazzo successivamente in una diretta Facebook pronuncia frasi del tipo “grazie a voi, Aifa ha risposto” oppure “prima vedevate la gente morire e stavate sul balcone, e adesso vi ho dato una speranza”. È però una presunta speranza non basata su dati affidabili, perché, è bene ribadirlo, la notizia che le persone siano fuori casa in un quartiere di Tokyo non c’entra niente con il fatto che in Giappone si possa trovare l’Avigan. Farmaco che tra l’altro è autorizzato per il trattamento dell’influenza solo quando altri antivirali non funzionano, quindi riterrei per lo meno dubbio che possa essere largamente distribuito nelle farmacie. Ci sono tante informazioni poco verosimili in questa storia, che dovrebbero far suonare dei campanelli d’allarme.
Sulla base dell’onda mediatica, il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha avviato la sperimentazione. Notizia ripresa subito dalla pagina Facebook di Salvini.
Si stanno pericolosamente attivando alcuni meccanismi mediatici che portano a scegliere di sperimentare uno dei venti potenziali farmaci sulla base dell’emozione, e non su dati verificati, perché non ci sono ancora studi che testimonino efficacia e soprattutto sicurezza di questo medicinale. Se Zaia fosse il mio presidente di Regione, mi aspetterei l’investimento di risorse sulla sperimentazione del farmaco o dei farmaci più promettenti nel gruppo indicato da Ema, e non di quello più popolare su Facebook.
Nonostante queste premesse, una sperimentazione preliminare di questo farmaco appare fattibile, e Aifa sta valutando possibili protocolli, ma quali potranno essere i risultati attesi? Che cosa è successo tutte le volte che per le decisioni di politica sanitaria ci si è affidati alle emozioni e non ai fatti verificati? Lascio ai lettori nei commenti le risposte, ma ricordo che qualsiasi sperimentazione ha un costo, e usare i soldi male oggi significa non averli domani. Quanti letti di terapia intensiva avremmo adesso in più e quanti laboratori in grado di eseguire tamponi ci sarebbero oggi se non avessimo buttato via nel passato soldi in sperimentazioni con scarse possibilità di successo?
Ovviamente, se Avigan curasse davvero “il 90% dei pazienti” sarei la persona più felice del mondo. Ma dopo 20 anni di esperienza nel campo della ricerca farmaceutica devo dire che quella espressa sopra è un’eventualità troppo ottimistica. Al limite, questo farmaco potrebbe ridurre la carica virale, perché questo dice lo studio non sottoposto a revisione, ma è poco probabile che possa portare un significativo beneficio ai pazienti ed essere migliore degli altri farmaci che si stanno testando.
La possibilità concreta che la situazione difficile che tutti viviamo possa migliorare presto c’è, ed è la quarantena. Con l’isolamento sociale, la provincia dell’Hubei ha azzerato i casi autoctoni di nuove infezioni da coronavirus (dopo nemmeno due mesi), e analoghi risultati sono stati ottenuti nei primi focolai italiani di Codogno e Vo’ Euganeo. In Cina, dopo 14 giorni di quarantena i nuovi casi diagnosticati ogni giorno hanno iniziato a calare in modo significativo, e questo è accaduto anche ora in Italia dopo che – guarda caso – sono passati circa 14 giorni. Affidiamoci alla scienza, non ai video su Facebook, perché è grazie alla razionalità e all’impegno di tutti che usciremo da questo periodo difficile.