Giornali, società, conti correnti, televisioni: il tesoro di Mario Ciancio Sanfilippo deve essere restituito al suo proprietario. Lo ha deciso la Corte d’appello di Catania, dispondendo il dissequestro di tutti i beni del potente editore siciliano, che era stato ordinato dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale.

Tra le motivazioni dei giudici di secondo grado anche la “mancanza di pericolosità sociale” dell’editore e imprenditore, attualmente sotto processo per concorso esterno a Cosa nostra. Tra i beni dissequestrati anche le società che controllano i quotidiani La Sicilia e Gazzetta del Mezzogiorno e le emittenti televisive Antenna Sicilia e Telecolor. Il patrimonio di Ciancio era stato valutato in circa 150 milioni di euro.

Secondo la Corte d’appello di Catania il decreto impugnato “va conseguentemente annullato” perché, scrivono i giudici nelle 113 pagine della sentenza motivata, “non può ritenersi provata l’esistenza di alcuni attivo e consapevole contributo arrecato da Ciancio Sanfilippo in favore di Cosa nostra catanese“. Inoltre “non può ritenersi provata alcuna forma di pericolosità sociale” né “è risultata accertata e provata alcuna sproporzione tra i redditi di provenienza legittima di cui il preposto il suo nucleo familiare potevano disporre la liquidità utilizzate nel corso del tempo”.

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