Il Covid-19 lascerà con sé sul terreno una vittima illustre: la privacy. A fin di bene, si intende.
Il motivo è che, a furia di parlare di privacy e di regolamento generale sulla protezione dei dati, il famigerato Gdpr, ci eravamo illusi che il diritto alla protezione dei dati fosse un diritto-tiranno, secondo la terminologia sui diritti fondamentali assoluti che ha adottato nei suoi studi la Presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia.
Un diritto in grado di reggersi in piedi da solo, sulla base dei richiami contenuti nelle norme fondamentali europee e indirettamente negli articoli 2, 15 e 21 della Costituzione.
Ed invece, dopo un decennio di espansione del diritto alla protezione dei dati, è bastato un mese per far capire a tutti che, se nella nostra Costituzione un diritto alla privacy non è espressamente previsto, un motivo ci sarà.
Lo ha ben capito il governo che, dopo aver sospeso di fatto il diritto alla protezione dei dati personali in materia fiscale con la legge di bilancio (la profilazione algoritmica dei contribuenti partirà dal 1 aprile prossimo), ha nuovamente derogato alle norme in materia di protezione dei dati personali con l’articolo 14 del Decreto Legge 9 marzo 2020, attraverso il quale ha dotato la protezione civile dei poteri straordinari in materia di privacy che preparano di fatto la svolta “coreana” sul controllo dei cittadini, per motivi di sicurezza e di salute.
Deroga che il governo ha di fatto esteso anche alle Regioni, dotando il sistema della protezione civile nel suo complesso – e non solo l’articolazione statale propriamente detta – della facoltà di adottare i poteri straordinari in materia di privacy, e non solo.
Motivo per il quale, tra l’altro, sarà difficile contestare le scelte per così dire “originali” che le singole Regioni stanno facendo – non solo in termini di privacy – attraverso atti secondari in grado di incidere pesantemente sulla vita dei cittadini.
Per blindare i nuovi poteri, il governo ha realizzato un atto avente forza di legge, un decreto-legge appunto, garantendo così la copertura costituzionale alla sua azione e la conformità del proprio operato a quanto previsto dalle disposizioni europee del Gdpr. Inoltre si è messo al riparo da sorprese, visto che il decreto legge è sì da convertire ma nessuno mai oggi in Parlamento – vista l’emergenza – si sognerà di cambiare di una virgola.
Per completare il sistema “coreano” di controllo mancavano due tasselli: il primo è l’utilizzo massivo dei droni ai fini di controllo dei cittadini. L’Enac, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, in deroga alle disposizioni vigenti, ha autorizzato infatti con una nota inviata al Ministero dell’Interno, dei Trasporti e della Giustizia, e a diverse articolazioni di polizia locale, il controllo dei cittadini attraverso i droni, sul territorio comunale.
Il secondo (non ancora compiuto) è l’estensione dell’utilizzo dei dati di traffico telematico e telefonico ottenuti dai provider internet (la cosiddetta data retention), ad oggi consentita solo per la scoperta e repressione dei reati – anche in funzione preventiva – per ragioni legate al controllo dell’epidemia.
Se ne è avuto un assaggio con i dati di spostamento “catturati” dalle celle della telefonia cellulare, elaborati dalla Regione Lombardia che però sono anonimi e non presentano problematiche di privacy.
Un piccolo “colpetto” alle norme potrebbe garantire anche quello.
La possibilità di adottare fonti aperte a fini di controllo, o qualsiasi informazione proveniente da fonti diverse, anche in contesti differenti dalla repressione dei reati farà probabilmente il resto.
In una manciata di giorni la privacy, da baluardo di libertà di una generazione ipertecnologica, è divenuta un fastidio da superare al più presto, oggetto di fisime, come le ha chiamate la star di questi tempi difficili, il professor Roberto Burioni.
A lui e a tutti coloro che oggi invocano interventi repressivi, anche se giustificati dagli eventi, dovremmo ricordare quello che la star di altri tempi difficili, l’attrice Judy Garland, soleva dire: “Non ho mai guardato attraverso un buco della serratura senza trovare qualcuno che stava a sua volta guardando”.