"La polmonite da Coronavirus evidentemente non colpisce solo in età più avanzata", spiega Paola Pedrini, segretaria Fimmg Lombardia, "qui a Bergamo siamo 600 medici di famiglia e ognuno di noi ha in osservazione almeno 3 trentenni malati"
Nella città tra le più colpite dall’emergenza esplosa con l’epidemia di Covid non c’è sola l’emergenza negli ospedali – con il Papa Giovanni XXIII arrivato allo stremo – e i cittadini che muoiono in casa e nelle residenze sanitarie, c’è anche l’allarme che lancia la Federazione medici di famiglia (Fimmg) Lombardia. Sono almeno 1.800 a Bergamo i pazienti trentenni con polmonite da Covid-19. “La polmonite da Coronavirus evidentemente non colpisce solo in età più avanzata”, spiega Paola Pedrini, segretaria Fimmg Lombardia, “qui a Bergamo siamo 600 medici di famiglia e ognuno di noi ha in osservazione almeno 3 trentenni malati di polmonite da Covid”. Come aveva spiegato il professor Marco Rizzi, primario del reparto di Malattie infettive del Papa Giovanni XXIII, che sono molti i malati in casa e che c’è chi non riesce neanche arrivare in ospedale.
Proprio i medici di base nella provincia hanno pagato un prezzo altissimo per stare vicino ai pazienti, nella maggio parte delle volte senza protezione. Erano 118, appunto su 600, i medici ammalati o in quarantena della Bergamasca. Senza contare le vittime tra loro. Del resto questa malattia insidiosa può avere un decorso fulmineo. Pietro Brambillasca anestesista del Papa Giovanni rileva come nei pazienti il peggioramento spesso sopraggiunga molto velocemente: “Le persone lasciate in isolamento a casa devono essere sentite, bisogna rilevare la temperatura, fare dei piccoli test, dal saturimetro, a quello del cammino per vedere com’è la respirazione, controllare con la telemedicina la frequenza cardiaca, l’idratazione, dargli integratori se non riescono a mangiare. Bisogna assolutamente rimodulare il controllo delle persone che sono in quarantena. Perché se scatta l’emergenza, un’ambulanza può metterci anche un’ora per arrivare, dato il numero di chiamate, e non è detto che arrivi in tempo”. Non solo: l’anestesista insiste sull’importanza di avere una bombola di ossigeno in casa, “senza l’ossigeno, non è detto che si arrivi vivi all’ambulanza. Qui a Bergamo tutti i miei colleghi hanno almeno un familiare malato di Covid-19 – conclude – bisogna ripensare al modello epidemico che stiamo seguendo”.
Proprio per la carenza di ossigeno negli ultimi giorni i carabinieri hanno provveduto a recuperare circa 250 bombole in abitazioni di persone defunte o in farmacie: le bombole sono state portate alle aziende produttrici di gas, che le hanno rigenerate. Dopodiché sono state riconsegnate a nuovi pazienti domestici, quelli che spesso sfuggono ai numeri ufficiali perché in molti casi nemmeno sottoposti ai tamponi, benché necessitanti di cure. Nei casi più gravi, riguardanti gli anziani, il quadro clinico peggiora fino alla morte. Anche i vigili del fuoco negli ultimi giorni hanno provveduto a consegnare le bombole a domicilio. Mentre i principali ospedali hanno potenziato le proprie reti di erogazione dell’ossigeno, molti ammalati che si trovano a casa necessitano di bombole a domicilio. Ma spesso non si trovano più, tanto che l’assenza inizia ora a preoccupare perché potrebbe aver già contribuito al decesso in casa di alcuni anziani. A Bergamo e Brescia c’è carenza di ossigeno per i pazienti con Covid-19, che vanno seguiti a casa. A segnalarlo è Paola Pedrini, segretario della Fimmg (Federazione italiana medici medicina generale) della Lombardia. “Visto il numero altissimo di contagiati in quelle zone, l’ossigeno è andato in esaurimento per quelle persone contagiate che hanno la polmonite bilaterale e si trovano nel loro domicilio con l’assistenza dell’ossigeno – osserva Pedrini – Da oggi però la situazione dovrebbe essere in miglioramento. Prima le attese per avere l’ossigeno erano di 72 ore, adesso siamo arrivati a sole 24 ore, grazie ad una soluzione trovata oggi”.