I listini del Vecchio Continente rimbalzano dopo le mosse della Fed e in attesa dell'Eurogruppo. A Wall Street il Dow Jones segna il maggior rialzo dal 1933. Intanto crolla l'indice Pmi del settore manifatturiero e dei servizi nell’Eurozona. Moody's prevede un calo del 2,7% per il pil dell'Eurozona
Giornata positiva per le Borse mondiali, con Piazza Affari che ha guadagnato l’8,9% in quella che è stata la seduta migliore dal maggio 2010 e la quarta di sempre. Mentre lo spread Btp-Bund si è ridotto a 188 punti. A far tornare l’ottimismo nonostante l’emergenza coronavirus ci sono più fattori. A partire dal bazooka della Fed, la banca centrale americana che lunedì ha annunciato un Quantitative easing illimitato, unito alla nuove misure attese in Europa dall’Eurogruppo di questa sera, dopo che l’Ecofin ha trovato l’accordo sulla sospensione del Patto di Stabilità. Buone notizie intanto dal vertice telefonico dei ministri delle Finanze e governatori del G7: “Faremo tutto il necessario per ripristinare la fiducia e la crescita economica e proteggere posti di lavoro, imprese e la capacità di ripresa del sistema finanziario”, si legge nella dichiarazione finale. “Ci impegniamo a mantenere politiche espansive per tutto il tempo necessario e a promuovere il commercio e gli investimenti globali per sostenere la prosperità”.
Tutti i listini europei hanno registrato importanti rialzi con Francoforte a +11,49%, Londra a +9,35% e Parigi che avanza dell’8,39%. E a Wall Street l’indice Dow Jones ha segnato il suo maggior rialzo dal 1933: +11,26%. Lo spread tra Btp e Bund continua a ridursi, con il tasso del Btp decennale sceso intorno all’1,5%. Di contro il calo dell’avversione al rischio sta facendo scivolare i Bund. Una spinta importante ai Btp è arrivata anche dalla disponibilità della Germania ad aiutare l’Italia a superare l’impatto del coronavirus.
La discussione in Ue su aiuti e Mes – Intanto proseguono le trattative a distanza per arrivare ad avere, con l’Eurogruppo di questa sera, uno strumento che consenta agli Stati membri dell’Ue di affrontare adeguatamente le conseguenze della pandemia. Uno strumento che si aggiunga alle misure annunciate dalla Commissione europea e approvate dall’Ecofin (sospensione degli obblighi di bilancio, allentamento delle regole sugli aiuti di Stato, ricorso al bilancio Ue) e al Qe da 750 miliardi annunciato dalla Bce.
La discussione sugli eurobond o “Coronabond” – titoli pubblici dell’intera Eurozona, emessi per esempio dal Mes – appare ancora in salita nonostante l’apertura della presidente della Commissione Ursula von der Leyen e di Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo della Bce. Il ministro dell’Economia tedesco Peter Altmaier, in un’intervista all’Handelsblatt, respinge l’idea e “consiglia prudenza quando si presentano presunti nuovi geniali concetti“, che alla fine non sono altro che “vecchie idee abiette“. “L’innovazione è più importante della sovvenzione”, afferma.
Il nodo sul Mes – meccanismo di stabilità (o fondo salva Stati) – riguarda principalmente la questione della condizionalità dei prestiti ai Paesi maggiormente colpiti dalla crisi sanitaria, che non hanno spazio di bilancio. Oggi il ministro dell’Economia Bruno Le Maire ha ribadito: “Il nostro auspicio è di poter utilizzare il Mes nelle prossime settimane. Il Mes è stato previsto per far fronte a situazioni di crisi. Siamo in una situazione di crisi. Non c’è urgenza, si può fare tra qualche giorno ma questo meccanismo va attivato in modo semplice e senza fissare condizioni penalizzanti per i paesi che ricorrono al Mes”. I Paesi del Nord Europa frenano e l’Olanda chiede che chi otterrà aiuti debba comunque rispettare qualche condizionalità. “Il Mes con le regole attuali non è accettabile“, ha però chiuso categoricamente il premier Conte.
Un lungo approfondimento pubblicato oggi dal Financial Times sottolinea che il successo delle politiche messe in campo dalla Bce per fare fronte agli effetti della crisi dipende molto dalla disponibilità di Berlino ad aprire a una “maggiore condivisione dei rischi”. “La cancelliera tedesca Angela Merkel non ha attaccato pubblicamente altri leader nazionali che, come il presidente francese Emmanuel Macron, stanno spingendo” per una maggiore integrazione finanziaria. “Uno degli effetti collaterali dell’audace mossa della Bce della scorsa settimana – si legge ancora nell’articolo – è stato quello di guadagnare tempo, alleggerendo la pressione sulle capitali del Nord Europa affinché concordino su una maggiore condivisione del rischio in risposta alla crisi”. Tuttavia, “per molti politici il tempo è proprio ciò che manca all’Eurozona, data l’entità del collasso economico in atto”.
Crollano il settore manifatturiero e dei servizi nell’Eurozona – A marzo l’indice Pmi composto, calcolato da Markit in base al sondaggio fra i direttori acquisti e che monitora l’attività nel settore manifatturiero e dei servizi, è crollato a 31,4 punti da 51,6 di febbraio, secondo la stima preliminare. Il dato è peggio delle stime per un calo a 38,8 punti. Si tratta del minimo storico. Soffrono in particolar modo i servizi col relativo indice in picchiata a 28,4 punti da 52,6 di febbraio. L’indice manifatturiero scende a 44,8 punti da 49,2 del mese precedente. Moody’s, in un rapporto dal titolo: Covid-19: Global Economic Tsunami, stima che il Pil dell’Eurozona quest’anno registrerà un calo del 2,7% complessivo, con un crollo del 5,7% nel primo trimestre e del 7,4% nel secondo trimestre a causa del coronavirus.
La buona performance delle Borse asiatiche – A trascinare il rimbalzo in apertura delle Borse europee sono stati anche i risultati di Tokyo, Hong Kong e Sydney, considerati dei benchmark per i mercati. Tutte e tre sono rimbalzate all’unisono dopo aver toccato il fondo nelle scorse sedute, ai minimi dal 2016. Il Nikkei ha guadagnato il 7,13%, Hong Kong il 4,46%, Shanghai il 2,34%, Shenzhen il 2,11%. Positive anche Sydney con un guadagno del 4,7% e la Corea che strappa dell’8,6%.