La sanità è sotto pressione. Ma il peggio è che, trascorsa l’emergenza coronavirus, il Paese rischia di perdere il Servizio sanitario universale, e cioè quel sistema che garantisce equamente le cure a tutti i cittadini. Nel giro di otto o nove anni potrebbe cioè sparire una conquista sociale sulle cui rovine sono già pronte a lucrare banche e compagnie assicurative con nuovi prodotti finanziari per la sanità.
“La finanza sta scommettendo sul fatto che il Servizio sanitario nazionale non terrà. Ma noi abbiamo il dovere di difenderlo con le unghie e con i denti”, spiega Enzo Chilelli, docente di marketing in Unitelma, l’Università telematica della Sapienza di Roma. Come? Per il professore, ingegnere informatico con un passato nella multinazionale statunitense dell’automazione Honeywell e ai vertici dell’Anci sanità, la strada maestra è quella della digitalizzazione.
Secondo le sue stime, il passaggio al digitale e la centralizzazione dell’amministrazione sanitaria consentirebbe di tagliare del 20% i costi. In questo modo, sull’esempio di quanto è avvenuto per le ricette mediche, appena dematerializzate, si potrebbe gestire meglio la spesa sanitaria pubblica reperendo risorse per assumere medici e infermieri e investire in telemedicina. Con piccoli sensori da 20 euro si possono infatti già oggi monitorare a distanza i pazienti con un dispendio contenuto di risorse. Di qui la proposta al ministro della Salute Roberto Speranza: “Si faccia carico di questa istanza e vediamo il Paese cosa risponde dopo aver passato questa drammatica fase in cui siamo rimasti assolutamente scottati dalla mancanza di apparecchiature e personale medico”.
È tutto nelle mani della politica. Il ritardo nella sanità digitale “nasce infatti con un regionalismo spinto e ovviamente a diverse velocità”, precisa l’esperto che ricorda come degli anni ’80 l’Italia fosse persino davanti agli Stati Uniti nella classifica della digitalizzazione mondiale. Salvo poi bloccarsi negli anni ’90 con il federalismo che ha dato più poteri alle Regioni e, a suo dire, ha contribuito in maniera sostanziale a far scivolare il Paese al 21 posto nel ranking digitale. “Se noi avessimo mantenuto il cuore delle banche dati sanitarie in capo al ministero della Salute o ad una società pubblica come Sogei, la sanità oggi sarebbe più efficace. È stato del resto fatto così con il ministero dei Trasporti, l’Inps o l’Agenzia delle entrate”, continua Chilelli.
E invece sono state create venti banche dati, una per Regione, di cui sono attive solo cinque, peraltro parzialmente. “In alcune regioni del Nord le informazioni sui pazienti sono state messe a sistema almeno a livello locale fra le diverse Asl, ma in Lazio, ad esempio, non è stato fatto neanche quello – prosegue – se io vado in una struttura pubblica o convenzionata romana a fare un esame specialistico perchè il cup ti manda dove c’è posto, vengono ripresi ogni volta i dati, mentre quello dovrebbe essere automatico con la tessera sanitaria che contiene il dato a prescindere. Le anagrafiche invece non sono nemmeno comuni e condivise. Provi a pensare che spreco di energie che c’è dietro ad una cosa così”.
Eppure bastava semplicemente aprire un fascicolo sanitario nazionale alla nascita come accade alle Entrate con il codice fiscale. “Così oggi ognuno avrebbe il suo fascicolo sanitario, perfettamente funzionante ovunque e senza spreco di risorse regionali. Perché non si può dimenticare che per ogni fascicolo sanitario, ogni regione ha un tot numero di persone che vanno pagate”, aggiunge l’esperto.
Negli ultimi trent’anni, la politica ha però scelto la frammentazione regionale per ragioni clientelari. Così sono stati moltiplicati i costi amministrativi, mentre dal governo Monti in poi sono state bloccate le assunzioni di medici e infermieri. Anche a dispetto dell’aumento della domanda di legato a doppio fino con l’invecchiamento della popolazione. “Provi ad immaginare che banca dati con studi epidemiologici e altro che avremmo potuto avere e soprattutto ogni cittadino avrebbe potuto avere accesso alle sue informazioni da qualunque luogo come accade per i dati dei patentati sul sito del ministero dei Trasporti”, spiega Chilelli.
Peraltro discorso analogo si può fare per la gestione del personale dell’intera Pubblica amministrazione. Con ingenti risparmi. “Perché la gestione del personale pubblico in qualunque latitudine e longitudine non può essere effettuata da un unico centro? – continua l’esperto – Un centro specializzato, naturalmente. Provi a pensare Zucchetti che gestisce forse due milioni di aziende e lo fa attraverso un sistema assolutamente remoto e lì non è che sta trattando un’azienda, sta trattando imprese con due dipendenti e altre con 5mila dipendenti”.
In sostanza, si tratta quindi di superare un problema organizzativo. Nell’interesse della salute dei cittadini. “E invece noi continuiamo ad oggi, nonostante una legge del 2013 preveda che si possano conservare le cartelle cliniche solo in formato digitale, noi continuiamo a stampare tonnellate di cartelle digitali che poi vengono date per la conservazione all’esterno. È una follia – aggiunge -. Non serve assolutamente a nulla e i trasportatori, quelli che le conservano, i custodi, tutta questa gente è inutile in un contesto tecnologico. Sarebbero certamente utilissimi se fossimo rimasti al 1950. Ma se noi non cambiamo l’organizzazione, credo che facciamo poi tanta fatica a migliorare quelli che sono i servizi”.
Di questo passo, si rischia di mettere a repentaglio l’universalità del sistema sanitario nazionale. Che cosa significa? Che oggi il Paese si fonda sul principio, costituzionalmente garantito, di offrire le cure a tutti i cittadini che ne abbiano bisogno. Negli ultimi anni ci sono stati aumenti nei ticket, allungamenti nei tempi di attesa per curarsi ed incrementi nella spesa privata in sanità degli italiani, ma siamo ancora anni luce lontani dal modello statunitense in cui si cura solo chi può pagare. Il problema è che il modello italiano sarà messo a dura prova dall’invecchiamento della popolazione che progressivamente richiederà sempre più cure. “Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, il 20% della popolazione italiana è over 65 e andremo verso un 25% fra nove anni. Non potremo seguirli fisicamente ad uno ad uno perché gli anziani diventano più dei lavoratori ”.
La finanza scommette contro, ma la tecnologia offre una ciambella di salvataggio. “Con un semplice monitor, con semplici sensori di movimento di pressione degli orologini che si trovano in vendita a 20 euro, si può fare il monitoraggio costante 24ore su 24 -spiega-. Il costo di questa roba qui sarebbe un una tantum da 300 euro, tanto quanto la visita di un medico fuori porta. Il monitoraggio della salute dei cittadini si può fare digitalmente. Ma non lo deve fare la singola Asl perché costa di più. Ci deve essere un centro nazionale dedicato a questo”.
Se la digitalizzazione non ci sarà, l’Italia potrebbe perdere il suo sistema sanitario per tutti come vorrebbero le assicurazioni che da anni scommettono sul crac della sanità sfornando nuovi prodotti. “Oggi però al ministero della Salute c’è un uomo di sinistra, che dovrebbe avere a cuore il tema della sanità per tutti. Finita l’emergenza, facesse una proposta per la digitalizzazione della sanità e provasse a portarla avanti”.
Cronaca
Coronavirus, dopo l’emergenza Servizio sanitario universale ancora più a rischio. Una digitalizzazione seria aiuterebbe
Il tempo e le risorse perdute forse si possono ancora recuperare. E intanto con investimenti contenuti si possono sgravare i medici con attività base di telemedicina. Che ora verrebbe utile
La sanità è sotto pressione. Ma il peggio è che, trascorsa l’emergenza coronavirus, il Paese rischia di perdere il Servizio sanitario universale, e cioè quel sistema che garantisce equamente le cure a tutti i cittadini. Nel giro di otto o nove anni potrebbe cioè sparire una conquista sociale sulle cui rovine sono già pronte a lucrare banche e compagnie assicurative con nuovi prodotti finanziari per la sanità.
“La finanza sta scommettendo sul fatto che il Servizio sanitario nazionale non terrà. Ma noi abbiamo il dovere di difenderlo con le unghie e con i denti”, spiega Enzo Chilelli, docente di marketing in Unitelma, l’Università telematica della Sapienza di Roma. Come? Per il professore, ingegnere informatico con un passato nella multinazionale statunitense dell’automazione Honeywell e ai vertici dell’Anci sanità, la strada maestra è quella della digitalizzazione.
Secondo le sue stime, il passaggio al digitale e la centralizzazione dell’amministrazione sanitaria consentirebbe di tagliare del 20% i costi. In questo modo, sull’esempio di quanto è avvenuto per le ricette mediche, appena dematerializzate, si potrebbe gestire meglio la spesa sanitaria pubblica reperendo risorse per assumere medici e infermieri e investire in telemedicina. Con piccoli sensori da 20 euro si possono infatti già oggi monitorare a distanza i pazienti con un dispendio contenuto di risorse. Di qui la proposta al ministro della Salute Roberto Speranza: “Si faccia carico di questa istanza e vediamo il Paese cosa risponde dopo aver passato questa drammatica fase in cui siamo rimasti assolutamente scottati dalla mancanza di apparecchiature e personale medico”.
È tutto nelle mani della politica. Il ritardo nella sanità digitale “nasce infatti con un regionalismo spinto e ovviamente a diverse velocità”, precisa l’esperto che ricorda come degli anni ’80 l’Italia fosse persino davanti agli Stati Uniti nella classifica della digitalizzazione mondiale. Salvo poi bloccarsi negli anni ’90 con il federalismo che ha dato più poteri alle Regioni e, a suo dire, ha contribuito in maniera sostanziale a far scivolare il Paese al 21 posto nel ranking digitale. “Se noi avessimo mantenuto il cuore delle banche dati sanitarie in capo al ministero della Salute o ad una società pubblica come Sogei, la sanità oggi sarebbe più efficace. È stato del resto fatto così con il ministero dei Trasporti, l’Inps o l’Agenzia delle entrate”, continua Chilelli.
E invece sono state create venti banche dati, una per Regione, di cui sono attive solo cinque, peraltro parzialmente. “In alcune regioni del Nord le informazioni sui pazienti sono state messe a sistema almeno a livello locale fra le diverse Asl, ma in Lazio, ad esempio, non è stato fatto neanche quello – prosegue – se io vado in una struttura pubblica o convenzionata romana a fare un esame specialistico perchè il cup ti manda dove c’è posto, vengono ripresi ogni volta i dati, mentre quello dovrebbe essere automatico con la tessera sanitaria che contiene il dato a prescindere. Le anagrafiche invece non sono nemmeno comuni e condivise. Provi a pensare che spreco di energie che c’è dietro ad una cosa così”.
Eppure bastava semplicemente aprire un fascicolo sanitario nazionale alla nascita come accade alle Entrate con il codice fiscale. “Così oggi ognuno avrebbe il suo fascicolo sanitario, perfettamente funzionante ovunque e senza spreco di risorse regionali. Perché non si può dimenticare che per ogni fascicolo sanitario, ogni regione ha un tot numero di persone che vanno pagate”, aggiunge l’esperto.
Negli ultimi trent’anni, la politica ha però scelto la frammentazione regionale per ragioni clientelari. Così sono stati moltiplicati i costi amministrativi, mentre dal governo Monti in poi sono state bloccate le assunzioni di medici e infermieri. Anche a dispetto dell’aumento della domanda di legato a doppio fino con l’invecchiamento della popolazione. “Provi ad immaginare che banca dati con studi epidemiologici e altro che avremmo potuto avere e soprattutto ogni cittadino avrebbe potuto avere accesso alle sue informazioni da qualunque luogo come accade per i dati dei patentati sul sito del ministero dei Trasporti”, spiega Chilelli.
Peraltro discorso analogo si può fare per la gestione del personale dell’intera Pubblica amministrazione. Con ingenti risparmi. “Perché la gestione del personale pubblico in qualunque latitudine e longitudine non può essere effettuata da un unico centro? – continua l’esperto – Un centro specializzato, naturalmente. Provi a pensare Zucchetti che gestisce forse due milioni di aziende e lo fa attraverso un sistema assolutamente remoto e lì non è che sta trattando un’azienda, sta trattando imprese con due dipendenti e altre con 5mila dipendenti”.
In sostanza, si tratta quindi di superare un problema organizzativo. Nell’interesse della salute dei cittadini. “E invece noi continuiamo ad oggi, nonostante una legge del 2013 preveda che si possano conservare le cartelle cliniche solo in formato digitale, noi continuiamo a stampare tonnellate di cartelle digitali che poi vengono date per la conservazione all’esterno. È una follia – aggiunge -. Non serve assolutamente a nulla e i trasportatori, quelli che le conservano, i custodi, tutta questa gente è inutile in un contesto tecnologico. Sarebbero certamente utilissimi se fossimo rimasti al 1950. Ma se noi non cambiamo l’organizzazione, credo che facciamo poi tanta fatica a migliorare quelli che sono i servizi”.
Di questo passo, si rischia di mettere a repentaglio l’universalità del sistema sanitario nazionale. Che cosa significa? Che oggi il Paese si fonda sul principio, costituzionalmente garantito, di offrire le cure a tutti i cittadini che ne abbiano bisogno. Negli ultimi anni ci sono stati aumenti nei ticket, allungamenti nei tempi di attesa per curarsi ed incrementi nella spesa privata in sanità degli italiani, ma siamo ancora anni luce lontani dal modello statunitense in cui si cura solo chi può pagare. Il problema è che il modello italiano sarà messo a dura prova dall’invecchiamento della popolazione che progressivamente richiederà sempre più cure. “Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, il 20% della popolazione italiana è over 65 e andremo verso un 25% fra nove anni. Non potremo seguirli fisicamente ad uno ad uno perché gli anziani diventano più dei lavoratori ”.
La finanza scommette contro, ma la tecnologia offre una ciambella di salvataggio. “Con un semplice monitor, con semplici sensori di movimento di pressione degli orologini che si trovano in vendita a 20 euro, si può fare il monitoraggio costante 24ore su 24 -spiega-. Il costo di questa roba qui sarebbe un una tantum da 300 euro, tanto quanto la visita di un medico fuori porta. Il monitoraggio della salute dei cittadini si può fare digitalmente. Ma non lo deve fare la singola Asl perché costa di più. Ci deve essere un centro nazionale dedicato a questo”.
Se la digitalizzazione non ci sarà, l’Italia potrebbe perdere il suo sistema sanitario per tutti come vorrebbero le assicurazioni che da anni scommettono sul crac della sanità sfornando nuovi prodotti. “Oggi però al ministero della Salute c’è un uomo di sinistra, che dovrebbe avere a cuore il tema della sanità per tutti. Finita l’emergenza, facesse una proposta per la digitalizzazione della sanità e provasse a portarla avanti”.
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Roma, 14 mar. (Adnkronos) - ''Per la sua posizione geografica strategica al centro del Mediterraneo, l’Italia rappresenta un ponte energetico tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente''. Terna, presentando il piano di sviluppo 2025, conferma gli interventi di interconnessione con l’estero, al fine di ''garantire sicurezza, sostenibilità ed efficienza, tramite la possibilità di mutuo soccorso tra sistemi interconnessi. In aggiunta, queste infrastrutture costituiscono un fondamentale strumento di flessibilità per condividere risorse di generazione e capacità di accumulo, a fronte della variabilità della produzione rinnovabile''.
Tra i principali progetti pianificati Terna segnala 'Sa.Co.I.3', il progetto di ammodernamento e potenziamento dell’attuale interconnessione tra Sardegna, Corsica e Toscana, il progetto di interconnessione tra Italia e Tunisia 'Elmed', il raddoppio interconnessione Italia-Grecia, che ''consentirà la gestione in sicurezza dell’intera Zona Sud e favorirà approvvigionamenti efficienti di energia, grazie alla possibilità di abilitare nuove risorse attraverso il coupling del mercato elettrico e di mantenere lo scambio di energia tra i due Paesi anche in presenza di manutenzioni''.
Inoltre, nel piano di sviluppo 2025 sono presenti ulteriori progetti di interconnessione, noti come 'Merchant lines', a cura di altri promotori e/o non titolari di concessioni di trasporto. Il numero di tali iniziative ha subito un’accelerazione negli ultimi anni. Risultano in fase di avvio consultazione 11 richieste per oltre 12 Gw di capacità. Terna segnala che la gestione delle richieste di connessione alla rete in alta tensione, principalmente concentrate al sud e nelle isole, permette di ''avere una visione sistemica delle future evoluzioni degli impianti rinnovabili e dei sistemi di accumulo, così da realizzare uno sviluppo sinergico delle infrastrutture e garantire la massima efficienza nella realizzazione delle opere di rete''.
Secondo i dati di Terna, al 31 dicembre 2024, risultano 348 Gw di richieste di connessione per impianti rinnovabili (di cui 152 Gw di solare, 110 Gw di eolico on-shore e 86 Gw di eolico off-shore) e 277 Gw per sistemi di accumulo. Questi numeri, che ''superano ampiamente il fabbisogno nazionale individuato dal documento di descrizione degli scenari 2024 Terna-Snam e dai target nazionali, confermano che il Paese rappresenta una significativa opzione di investimento, anche grazie a meccanismi legislativi di sostegno alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili e ad una regolamentazione che ne incentiva lo sviluppo'', secondo la società.
In aggiunta, nell’ultimo biennio si è registrata una crescita delle richieste anche per gli utenti di consumo, che prelevano direttamente energia dalla rete di trasmissione nazionale e includono, ad esempio, impianti ad alto consumo energetico. Le richieste di connessione per questi utenti possono riguardare sia l’adeguamento di impianti già operativi sia la connessione di nuovi impianti alla rete. Tale tendenza è attribuibile per larga parte ai centri di elaborazione (data center): al 31 dicembre 2024 le richieste erano pari a circa 30 Gw, dato annuale 24 volte superiore rispetto a quello del 2021. Tali richieste sono principalmente localizzate nel Nord Italia, soprattutto in Lombardia.
Terna annuncia che ''con lo scopo di favorire una sempre più ampia abilitazione delle rinnovabili e per garantire un’elevata qualità del servizio, in sinergia con i concessionari del servizio di distribuzione, è stato individuato un set di Cabine primarie da potenziare o da connettere alla Rete di trasmissione nazionale''. Il trend di tali richieste di connessione si è ulteriormente ampliato per effetto dei fondi messi a disposizione nell’ambito del Pnrr. Terna ha definito un approccio di gestione delle richieste di connessione basato sulla definizione di 76 'microzone' che ''consentono di modellare in modo efficace un perimetro all’interno del quale studiare soluzioni di connessione e quantificare la capacità rinnovabile addizionale che può essere integrata nella rete''.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Dallo sviluppo di infrastrutture abilitanti e innovative alla garanzia di stabilità e sicurezza della rete elettrica, passando per la risoluzione delle congestioni locali. Sono gli obiettivi del piano di sviluppo 2025 presentato da Terna. ''Considerato il complesso e sfidante contesto elettrico'' Terna comunica di aver ''svolto una importante attività di definizione delle priorità di sviluppo. Sono stati privilegiati gli interventi che offrono il massimo valore per il sistema, individuando soluzioni 'capital light' al fine di ridurre i costi e massimizzare l'efficacia degli investimenti necessari alla transizione energetica''.
Gli interventi previsti dal piano, che consentiranno di operare con una visione di lungo termine in considerazione delle esigenze della rete, rispondono alla necessità di ''sviluppare infrastrutture abilitanti e innovative, funzionali al raggiungimento della capacità obiettivo efficiente, per aumentare i limiti di transito tra le sezioni di mercato e massimizzare lo scambio di energia''. Il programma prevede anche di ''risolvere le congestioni locali, garantendo l’esercizio in sicurezza all’interno delle zone di mercato, tramite la pianificazione di interventi intrazonali''.
Terna punta inoltre a ''rispondere in modo efficiente a tutte le richieste di connessione alla rete attraverso la definizione di un nuovo modello, la Programmazione territoriale efficiente''. Infine sarà garantita ''la stabilità e la sicurezza della rete elettrica e l’integrazione dei mercati tramite le interconnessioni con l’estero, che consentono una gestione flessibile e bilanciata delle risorse energetiche, favorendo gli scambi tra le reti nazionali''.
Nell’orizzonte temporale del piano di sviluppo 2025, la maggioranza degli interventi previsti in esercizio entro il 2030 ha ottenuto l’autorizzazione o è già in fase di autorizzazione. Tra questi figurano le principali opere infrastrutturali dell’azienda, come Tyrrhenian Link, il collegamento hvdc sottomarino a 500 kV che unirà la Sicilia alla Campania e alla Sardegna. ''L’opera consentirà una maggiore integrazione tra le diverse zone di mercato e un più efficace utilizzo dei flussi di energia proveniente da fonti rinnovabili''. L’opera sarà completata entro il 2028.
Tra le opere principali Terna segnala Adriatic Link: il collegamento hvdc tra Abruzzo e Marche da 1.000 MW di potenza lungo circa 250 km, di cui 210 km sottomarini. L’entrata in esercizio è prevista per il 2029. Entro il 2034 sono poi previsti ulteriori rinforzi infrastrutturali tra cui la Dorsale Adriatica: collegamento in corrente continua tra Foggia e Forlì che garantirà il rafforzamento del corridoio adriatico, permettendo un incremento sostanziale della capacità di scambio.
Terna prevede inoltre la realizzazione di importanti infrastrutture che hanno l’obiettivo di aumentare il livello di sicurezza della rete e la capacità intrazonale. Si tratta di interventi che favoriscono lo scambio di energia all’interno della stessa zona di mercato, funzionali all’integrazione delle fonti rinnovabili e alla risoluzione delle congestioni di rete a livello locale. Tra le opere previste, tre collegamenti a 380 kV in Sicilia (Chiaramonte Gulfi-Ciminna, Caracoli-Ciminna e Paternò-Priolo) e uno in Lombardia (Milano-Brescia).
Il Piano di Sviluppo 2025 di Terna si pone l’obiettivo di estrarre maggior valore dagli asset esistenti, tramite interventi di tipo 'capital light', che si basano su strumenti e soluzioni innovative e che si affiancano ai tradizionali interventi infrastrutturali, consentendo di perseguire rilevanti benefici per la rete. L’attività di Terna di pianificazione della futura rete elettrica può contare oggi su iter di approvazione semplificati per le grandi infrastrutture da parte di Arera e Mase. In particolare, l’Autorità, attraverso il meccanismo dell’approvazione per fasi, ha semplificato il processo fornendo strumenti per velocizzare il percorso di progettazione, autorizzazione e realizzazione.
Anche a valle delle recenti semplificazioni normative ''è stato possibile raggiungere una significativa riduzione dei tempip''. La realizzazione delle infrastrutture sarà supportata anche da strumenti che assicurano e garantiscono la sicurezza e la flessibilità del sistema. Su tutti, il Capacity market con cui Terna si approvvigiona di capacità tramite contratti aggiudicati attraverso aste competitive, e il Macse (Meccanismo per l’approvvigionamento di capacità di stoccaggio elettrico). La prima asta del Macse sarà svolta da Terna il prossimo 30 settembre.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Martedì prossimo, 18 marzo, alle ore 10, presso la Sala Koch del Senato, le commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue di Camera e Senato svolgeranno l'audizione di Mario Draghi in merito al Rapporto sul futuro della competitività europea. L'appuntamento verrà trasmesso in diretta webtv.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Ad un mese dalla finale del festival della canzone italiana 2025, nella classifica dei singoli brani è ancora Sanremomania, con ben 13 brani passati in gara al Teatro Ariston nelle prime 13 posizioni. E questo fa segnare all'edizione 2025 un nuovo record rispetto agli ultimi anni, per numero di brani di Sanremo nella top ten ad un mese dal festival: se infatti quest'anno sono 10 (cioè l'intera top ten è composta da brani in gara al festival un mese fa), l'anno scorso era stati 7 come nel 2023, nel 2022 e nel 2021 erano stati 8 e nel 2024.
Nella top ten dei singoli infatti, al primo posto c'è proprio il brano vincitore del festival: 'Balorda Nostalgia' di Olly. Al secondo 'La cura per me' di Giorgia, al terzo 'Incoscienti giovani' di Achille Lauro, al quarto 'Battito' di Fedez, al quinto 'Cuoricini' dei Coma_Cose, al sesto 'Volevo essere un duro' di Lucio Corsi, al settimo 'Fuorilegge' di Rose Villain, all'ottavo 'La mia parola' di Shablo feat Joshua e Tormento, al nono 'Tu con chi fai l'amore' dei The Kolors, al decimo 'La tana del granchio' di Bresh. Ma l'elenco sanremese prosegue ininterrotto fino alla tredicesima posizione, con 'Anema e core' di Serena Brancale all'undicesimo posto, 'Chiamo io chiami tu' di Gaia al dodicesimo e 'Il ritmo delle cose' di Rkomi al tredicesimo.
Tra gli album l'arrivo di Lady Gaga con 'Mayhem' si piazza in vetta e scalza dalla prima posizione 'Tutta vita', l'album di Olly, che scende al terzo posto, per fare spazio a 'Vasco Live Milano Sansiro', che entra al secondo posto. In quarta posizione 'Dio lo sa - Atto II' di Geolier, in quinta entra direttamente 'Vita_Fusa' dei Coma_Cose, in sesta 'Debi tirar mas fotos' di Bad Bunny, in settima 'Tropico del capricorno' di Guè, in ottava posizione 'Locura' di Lazza, in nona 'È finita la pace' di Marracash e in decima chiude la top ten 'Icon' di Tony Effe. Mentre la compilation di Sanremo 2025 scende dal nono al quindicesimo posto.
Tra i vinili, è primo il 'Vasco Live Milano Sansiro', al secondo posto 'Mayhem' di Lady Gaga e al terzo la compilation 'Sanremo 2025'.
Roma, 14 mar. (Labitalia) - "Questo appuntamento, unico nel suo genere, rappresenta un fondamentale momento di approfondimento per i settori della logistica e del trasporto, offrendo un'opportunità unica di incontro, aggiornamento e confronto sulle sfide e le opportunità che caratterizzano un comparto strategico per i cittadini, per le famiglie e le imprese, con un approccio fortemente connesso alla sostenibilità ambientale". Lo scrive il presidente del Senato, Ignazio La Russa, nel messaggio inviato all'evento di chiusura della quarta edizione di "Let Expo", organizzato da Alis a Verona.
"Se i numeri registrati lo scorso anno rappresentano la migliore e più efficace sintesi della rilevanza del vostro operato - penso ai 400 espositori e alle oltre 100mila presenze complessive -, sono certo che i tanti appuntamenti che caratterizzano il programma di quest'anno, con incontri strategici, conferenze di settore, seminari interattivi, workshop pratici e dimostrazioni innovative, sapranno rappresentare un ulteriore momento di crescita e di affermazione", prosegue La Russa, che conclude: "Nel ribadire il mio plauso per il vostro prezioso contributo in un ambito di particolare rilievo per gli interessi nazionali, anche in relazione alle attuali dinamiche geo-politiche globali, l'occasione mi è gradita per inviarvi i miei più cordiali saluti".
Roma, 14 mar. - (Adnkronos) - In occasione di Didacta 2025 a Firenze, l'evento di riferimento per la formazione e l'innovazione nel settore scolastico, Acer ha ribadito il proprio impegno nel supportare l'evoluzione della didattica attraverso soluzioni tecnologiche all'avanguardia. La partecipazione dell'azienda alla fiera ha offerto l'opportunità di presentare le ultime novità in termini di prodotti e servizi, con un focus particolare su prestazioni, sicurezza, intelligenza artificiale e design.
"La presenza di Acer a Didacta sottolinea l'importanza del settore education, un ambito in cui siamo orgogliosamente leader di mercato," ha dichiarato Angelo D'Ambrosio, General Manager di Acer South Europe. "Didacta rappresenta un'occasione fondamentale per incontrare docenti, studenti e rivenditori specializzati nel mondo scolastico. In questa sede, presenteremo le nostre più recenti innovazioni di prodotto, caratterizzate da prestazioni elevate, sicurezza, funzionalità di IA e design robusto. Queste caratteristiche sono indispensabili per una didattica innovativa ed efficace."
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - È già un caso che un condannato, sia pur in primo grado, occupi un ruolo di sottosegretario alla Giustizia, ma ora le parole di Delmastro pongono un problema serio al Governo e al Paese intero. Dall’interno viene criticata una delle pessime riforme portate avanti con protervia dalla maggioranza. Come fa a restare al suo posto? Cosa dice la premier Meloni? Le parole di Delmastro sono gravi anche perché ci fanno conoscere le vere intenzioni del Governo, quelle che andiamo denunciando da mesi: assoggettare il potere giudiziario al controllo dell’Esecutivo. E questo è inaccettabile. Dopo la smentita che non smentisce, la registrazione dell’intervista, Meloni deve pretendere che Delmastro lasci l’incarico". Lo afferma Così Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera.