In questo momento d’emergenza coronavirus che tante scadenze fiscali vengono prorogate o le cartelle esattoriali possono essere pagate in ritardo rispetto alle tempistiche previste, in Regione Lombardia le persone con disabilità gravissima se non inoltrano la domanda per la misura B1 (fondo regionale per la non autosufficienza) entro il 31 marzo non vedranno riconosciuto per intero il contributo mensile che hanno sempre avuto fino ad ora. Ne otterranno solo una parte: da 900 euro circa la somma scenderà al minimo garantito di 600 euro, cifra che corrisponde al livello essenziale in Lombardia di assistenza per il caregiver famigliare. Formalmente la Regione mette a disposizione una nuova proroga fino al 30 aprile per tutti coloro che non presentano la domanda entro questo mese e che quindi riceveranno solo 600 euro in attesa dei conguagli. “I contributi saranno poi conguagliati a conclusione delle verifiche e della definizione del progetto individuale presso le ATS”, fanno sapere dell’assessorato alle Politiche sociali.
La paura da parte delle famiglie e la denuncia delle associazioni scatta dopo che il 16 marzo, quindi già in pieno epidemia di Covid-19, la giunta lombarda ha approvato la DGR n. XI/2954. Nel testo della delibera ci sono, tra le varie cose, misure operative positive che vanno incontro alle esigenze delle persone con disabilità, come l’esclusione del vincolo per il ricevimento dell’assegno per la B1 del calcolo dell’ISEE, “un passo indietro di Regione Lombardia solo temporaneo legato all’emergenza Covid-19 e peraltro da sempre questione richiesta da noi” precisano le organizzazioni che difendono i diritti delle persone disabili. Nella delibera regionale vengono tenuti in considerazione, allo stesso modo, i tanti ulteriori disagi che stanno affrontando da settimane migliaia di donne e uomini che vivono già in condizioni estreme. Ad esempio è garantita la continuità dell’erogazione delle risorse destinate alla misura B1 per il mese di febbraio e marzo.
“In questi casi le tempistiche sono fondamentali e non è possibile chiedere il 16 marzo alle famiglie che da settimane già vivono situazioni difficilissime di riuscire a inviare la domanda per l’ottenimento della B1 entro fine marzo” denuncia a Ilfattoquotidiano.it il direttore di LEDHA Giovanni Merlo. “Da tempo sono chiusi al pubblico gli uffici amministrativi, i CAF, i servizi sociali a cui rivolgersi per farsi aiutare, inoltre molte famiglie non sono in possesso di un pc per eseguire la richiesta per via telematica. Le procedure burocratiche sono anche assai complesse e da soli molti nuclei famigliari, in particolare quelli più in difficoltà e con meno relazioni sociali, non sono materialmente in grado di farcela visto che sono in isolamento senza nessuna assistenza da metà gennaio. Siamo seriamente molto preoccupati” afferma Merlo.
Contattato da ilfattoquotidiano.it il portavoce dell’assessore regionale alle Politiche sociali Stefano Bolognini ha replicato: “Mi rendo conto delle difficoltà che potrebbero crearsi ma noi, in un momento di emergenza, abbiamo provveduto in tempi ristretti a garantire la continuità nell’erogazione dei fondi, in più abbiamo anche deciso di erogare tali risorse a prescindere dalla valutazione della loro condizione economica (ISEE)”. “In ogni caso – aggiunge il portavoce di Bolognini – abbiamo confermato in carico alle ATS il monitoraggio, il controllo e l’obbligo di rendicontazione economica, sia quantitativa sia di appropriatezza, secondo successive e dettagliate indicazioni della Direzione Generale Politiche sociali, abitative e disabilità. Confidiamo inoltre nelle sensibilità delle ATS quando valuteranno caso per caso”.
A detta del mondo associativo, però, la situazione è molto grave. “Il problema maggiore è che solo una parte degli idonei è riuscita a inoltrare la domanda per la B1 prima dell’esplosione conclamata del Covid-19, quando gli uffici amministrativi erano pienamente operativi – aggiunge Merlo – Da settimane le procedure per l’invio delle domande di accesso al contributo sono state sospese o hanno subito dei forti rallentamenti, mettendo in estrema difficoltà tantissime famiglie che non potevano prima né tanto meno possono ora provvedere da sole all’invio della richiesta”. Il 20 marzo 13 associazioni hanno pubblicato online una lettera rivolta all’assessore delle Politiche sociali e al direttore generale Giovanni Daverio. Lo hanno fatto, dicono le organizzazioni, “per segnalare le diverse rilevanti criticità che emergeranno da questa scelta politica”. “Durante l’epidemia di coronavirus in corso da settimane la situazione dell’assistenza personale di oltre 7.000 disabili gravi e gravissimi che vivono in questa regione potrebbe peggiorare ancora di più” rimarcano le organizzazioni.
Il rischio è vedere esplodere una emergenza nell’emergenza. “Sono anziano e mio figlio ha una disabilità motoria gravissima. A causa del coronavirus molti centri per l’assistenza a cui solitamente ci rivolgevamo per l’assistenza alla compilazione del modulo sono stati chiusi e non sono riuscito perciò a provvedere all’invio della domanda né, sicuramente, riusciremo a farlo da qui a fine marzo e probabilmente neppure ad aprile date le gravissime circostanze in cui ci troviamo” racconta Carlo un genitore vedovo che assiste da solo il figlio. “Da gennaio non esco di casa per stare con mio figlio né abbiamo internet per inviare comunque online la domanda. Siamo rimasti increduli di fronte alla delibera, è una vergogna”. Secondo le organizzazioni “casi come quelli di Carlo sono diverse centinaia in tutto il territorio lombardo”.
La prima reazione ufficiale da parte loro è stata la lettera firmata congiuntamente e pubblicata il 20 marzo dalle associazioni, tra cui ci sono LEDHA, AISLA, AISM, ANFFAS, Comitato lombardo per la Vita Indipendente, oltre che Associazione Aldo Perini, Comitato Uniti per l’Autismo, Comitato 16 novembre. “Crediamo che lo sforzo compiuto con l’approvazione della DGR 2954 non sia ancora sufficiente a garantire a tutte le persone con disabilità grave e gravissima quanto serve loro per vivere questo periodo in modo dignitoso” scrivono. Le organizzazioni hanno indicato nero su bianco anche quali sono i problemi reali che emergeranno: “Si corre il rischio di lasciare alcune famiglie, certamente quelle più in isolamento sociale e con minori risorse culturali, prive di risorse pari a 500 euro al mese, in una situazione dove sta diventando sempre più difficile anche l’acquisto di servizi domiciliari essenziali, attraverso i voucher socio-sanitari”. Le richieste delle 13 organizzazioni alla Regione Lombardia sono precise: “Per questo motivo, ribadiamo la nostra richiesta di prevedere, in tempi brevissimi, alla sospensione dell’attuazione del nuovo Piano regionale per la non autosufficienza fino alla fine dell’emergenza Covid19 e di garantire continuità di trattamento a tutte le persone prese in carico, sia per la misura B1 come per la misura B2, alle stesse condizioni del 2019” è indicato nella lettera.