Ermanno Scervino ha messo le sue sarte in “smartworking” a confezionare mascherine direttamente da casa. Gli ingegneri di Fca e Ferrari affiancheranno la Siare Engineering, una delle poche aziende che producono respiratori, per aiutarli a raddoppiare la produttività. Il gruppo Davines ha smesso momentaneamente di produrre shampoo per concentrarsi sul gel igienizzante, da regalare alla croce rossa e ad altre istituzioni attive sul territorio. La cosmesi, l’automobilistica, i produttori di packaging: le aziende hanno riconvertito le proprie linee produttive per affrontare l’emergenza coronavirus. “Sette giorni fa lo consideravo utopistico, non solo inaspettato”, ha commentato il commissario straordinario Domenico Arcuri annunciando un incentivo, già disponibile online “per finanziare con totali 50 milioni le imprese che riconvertono i loro impianti per produrre ancora altre mascherine”. In audizione alla Camera dei Deputati, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà ha confermato, ribadendo che la priorità ora è “velocizzare e centralizzare i procedimenti di approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale, assumendo iniziative di riconversione di realtà produttive per potenziare la produzione nazionale”. Abiti e tailleur non sono più necessari, ma le mascherine sì: per questo 180 case di moda hanno unito gli sforzi per garantire 2 milioni di pezzi. Arrivano i rinforzi anche per la produzione di gel igienizzante: Bulgari ha annunciato di destinare i suoi laboratori cosmetici per la produzione di 6mila flaconi di disinfettanti mani al giorno, così come L’Erbolario e il colosso del lusso LVMH, mentre l’associazione dei produttori di distillati, Assodistil, contribuirà a garantire le forniture di alcol. Intanto i laboratori studiano nuove soluzioni, ad esempio Apulia Stretch, che ha iniziato a produrre tessuto-non-tessuto. Ecco alcuni esempi di aziende che hanno fatto ripartire le macchine per l’emergenza.
Moda: camici e mascherine dai brand del lusso – Arcuri ha annunciato che “180 aziende delle Camere della moda si sono messe insieme ed hanno creato due filiere per produrre due milioni al giorno di mascherine”. Tra queste, anche grandi nomi come Fendi, Armani, Gucci, Ferragamo, Celine, Valentino, Serapian Richemont. Prada, su richiesta della Regione Toscana, la scorsa settimana ha avviato nello stabilimento di Montone (Perugia) la produzione di 80mila camici e 110mila mascherine da destinare al personale sanitario della Regione: le consegne, con cadenza giornaliera, saranno ultimate in data 6 aprile. Toni Scervino, amministratore delegato della maison Ermanno Scervino, ha messo in “smartworking” le sue sarte: tutti i giorni gli incaricati dell’azienda portano metri di ‘tessuto non tessuto’ (indicato come il più efficace) gli elastici e i ferretti a casa delle dipendenti, ritirando anche i dispositivi già realizzati, destinati alle aziende sanitarie e alle residenze sanitarie assistenziali della Toscana. Giorgio Armani, dopo aver donato 2 milioni di euro agli ospedali, ha dato il via alla conversione di tutti i propri stabilimenti produttivi per realizzare camici monouso destinati alla protezione individuale degli operatori sanitari. L’ultimo, in ordine di tempo, è il gruppo veronese Calzedonia, che ha riconvertito da ieri alcuni dei propri stabilimenti alla produzione di mascherine e camici. Sono stati acquistati macchinari speciali per la creazione di una linea semi-automatica, e le cucitrici sono state formate al nuovo tipo di produzione: i primi 5mila dispositivi sono già stati donati al comune di Verona, nei prossimi giorni ci si aspetta di produrre 10mila mascherine al giorno, incrementando la produzione nelle settimane successive. Gucci ha annunciato di esser pronta a donare 1 milione e 100 mila mascherine chirurgiche e 55mila camici alla Regione Toscana. Non solo le grandi firme: anche piccole aziende come Modaimpresa, 35 dipendenti in provincia di Isernia, ha convertito la propria produzione di capi di abbigliamento per la produzione di 10mila mascherine protettive con filtro al giorno, distribuite in lotti di 500 pezzi ciascuno.
Le aziende tessili studiano nuovi materiali – Confindustria Moda ha lanciato invece una campagna per la “raccolta” da parte delle aziende del tessile-moda di tessuto-non-tessuto (Tnt) e riconvertire così la produzione in quella di mascherine. Appello accolto dalle industrie tessili della Puglia, che già da giorni si sono mobilitate per fare filiera e, con le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, riconvertire le loro produzioni per realizzare quante più mascherine possibile. Ne è un esempio il caso della Apulia stretch, azienda del Barese che produce tessuti per la copertura di materassi che ha sviluppato un prototipo di tessuto idrorepellente all’esterno e idrofobico all’interno, come il Tnt: sarà distribuito alle sartorie che ne ricaveranno mascherine. C’è poi il caso della Bc Boncar di Busto Arsizio, in provincia di Varese: l’azienda specializzata in packaging luxury per le case di moda (tra cui Hugo Boss, Louboutin, H&M), ha iniziato la produzione di mascherine per ospedali e amministrazioni. E della Dreoni Giovanna, che dall’abbigliamento tecnico e le tappezzerie per auto è passata alla produzione di mascherine certificate al ritmo di 2mila unità al giorno, e di Es’Givien, casa di moda toscana che ha già prodotto e donato oltre 5mila mascherine non sanitarie a ospedali e aziende.
Da creme e profumi ai gel igienizzanti – I gel igienizzanti sono andati a ruba, alimentando speculazioni e rivendite illegali sul web, a prezzi gonfiati a dismisura. Oltre all’Angelini, che ha aumentato la produzione, il colosso farmaceutico Menarini ha deciso di produrre negli stabilimenti di Firenze 5 tonnellate di gel disinfettante a settimana, da donare gratuitamente agli ospedali. Bulgari -insieme al suo storico partner di fragranze, ICR (Industrie Cosmetiche Riunite, di Lodi, ndr) – ha iniziato a produrre gel disinfettante per le mani da fornire in via prioritaria a tutte le strutture mediche attraverso il coordinamento del governo: la produzione prevede 6000 pezzi al giorno fino ad arrivare ad un totale di 200.000 pezzi in circa due mesi. Anche l’azienda Davines di Parma, che di solito produce shampoo e impacchi per capelli, ha avviato la produzione di gel igienizzante per le mani da distribuire gratuitamente a diverse istituzioni attive per combattere l’emergenza: 50 mila pezzi di Gel del Buon Auspicio consegnati a realtà individuate in collaborazione con l’associazione “Forum Solidarietà” di Parma: case di riposo comunali, nonché le sedi locali di Croce Rossa, Croce Gialla, Intercral, Comunità Betania, l’assistenza pubblica e le comunità di accoglienza per immigrati. Anche L’Erbolario ha riattivato i suoi impianti per produrre gel disinfettante per le mani: i primi 38 mila flaconi sono già stati donati e a ltri 28.000 flaconi sono in partenza. In Francia il gruppo LVHM (che nel suo portafoglio ha brand come Dior, Guerlain, Louis Vuitton, Givenchy, Kenzo e Acqua di Parma) ha annunciato che le sue linee produttive della profumeria saranno convertite per fornire gratuitamente grandi quantità di gel disinfettante alle autorità sanitarie.
Fca e Ferrari ora producono ventilatori – Fca riconvertirà uno stabilimento del gruppo in Cina per produrre mascherine facciali: “L’obiettivo è di iniziare la produzione nelle prossime settimane e arrivare a produrre oltre un milione di mascherine al mese che saranno donate ai primi soccorritori e agli operatori sanitari”, spiega l’amministratore delegato Mike Manley in una lettera ai dipendenti. Non solo: gli ingegneri di Fca e quelli della Ferrari stanno collaborando con Siare Engineering, una delle poche aziende che producono respiratori, per aiutarli a raddoppiare la produttività.
L’alcol per i liquori ora serve per fare disinfettanti– Assodistil, già il 13 marzo, aveva annunciato che vista la crescente domanda di alcool per la produzione di gel disinfettanti “le aziende del settore si impegneranno al massimo per fornire tutta la quantità disponibile a coloro che ne abbiano legittima necessità”. Sulla stessa linea anche i grandi produttori d’oltreoceano: tra tutti, Bacardi.
Tamponi – Oltre alle mascherine, molte aziende italiane di dispositivi medici sono pronte a riconvertirsi per produrre test con tampone. Lo afferma all’Ansa il presidente di Confindustria Dispositivi Medici Massimiliano Boggetti: “Come per le mascherine, anche per i tamponi lo sforzo costante è di lavorare al massimo delle possibilità, ma sarà necessaria la riconversione di alcune aziende come sta accadendo per le mascherine”. “Servono – avverte – risposte della politica sugli aiuti alle aziende”.