Una statua della Madonna. Un cardinale 76enne. E un rosario. In tempi di globalizzazione, reality show perenni, social e comunicazioni crossmediali chi mai lo avrebbe detto che la recita del rosario avrebbe conquistato i palinsesti più ambiti raccogliendo audience impensabili. L’emergenza coronavirus sta dimostrando anche questo sopito, ma mai soppresso, attaccamento degli italiani alla fede. Anche in modo devozionistico, se così vogliamo dire, senza però banalizzarlo, ma profondamente sentito. E allora davanti a format e produzioni costosissimi, spesso importati da Oltreoceano e declinati secondo i gusti del bel paese, bisogna dare atto al cardinale Angelo Comastri di aver messo ko perfino il quinto potere.
È, infatti, del porporato nativo di Sorano, un paesino della provincia di Grosseto, la semplicissima idea, da quando è iniziata la fase più grave del contagio in Italia, di recitare ogni giorno, alle 12 in punto, l’Angelus e il rosario in diretta streaming. Un desiderio nato dal cuore dell’arciprete della Basilica papale di San Pietro che è diventato un appuntamento fisso. Gli ingredienti sono davvero pochi e semplici. Eppure quell’appuntamento quotidiano all’altare della Cattedra della Basilica Vaticana ha scalato i palinsesti della televisione. Dapprima solo in streaming, poi su Tv2000, l’emittente della Conferenza episcopale italiana, e infine su Raiuno.
Impensabile fino a pochi giorni fa che la rete ammiraglia della Rai trasmettesse in diretta a mezzogiorno il rosario recitato dal cardinale Comastri. Impensabile, ma non impossibile. Così come la decisione, sempre di Raiuno, di trasmettere ogni giorno in diretta, alle 7, la messa che Papa Francesco celebra nella cappella della sua residenza, Casa Santa Marta. Un’iniziativa anche questa nata in sordina durante la drammatica emergenza del coronavirus, prima in streaming sui media vaticani e su Tv2000, e ora approdata su Raiuno. Anche qui gli ingredienti sono semplicissimi con una diretta fatta di tanti momenti silenziosi di preghiera. Ma i risultati dell’audience sono alti.
Oltre quattro milioni di telespettatori, per citare un dato molto significativo, hanno seguito il rosario per l’Italia indetto dalla Cei e trasmesso da Tv2000 alle 21 del 19 marzo 2020.
Un precedente illustre fu il rosario recitato, in diretta su Raiuno il 7 ottobre 2003, da San Giovanni Paolo II a Pompei proprio a conclusione dell’anno dedicato alla preghiera mariana indetto dal Papa polacco. Anche Mediaset ha capito l’affare e dal 22 marzo 2020 ha iniziato a trasmettere su Canale 5, alle 10, la messa domenicale che, dal 1996, viene mandata in onda su Rete 4. In Rai la messa in tv, invece, è nata con l’avvento della televisione, fin dal 1954. Ed è sempre stata trasmessa sul primo canale del servizio pubblico, che una volta era anche l’unico visibile attraverso la tv.
Per il sociologo Stefano Martelli, “la messa in televisione allarga i confini della massa di praticanti e consente la fusione di pubblici diversi (i fedeli tradizionali, che si recano nel luogo di culto, e quelli televisivi, che seguono la funzione religiosa dalla propria abitazione). Esistono, tuttavia, dei limiti a questa interpretazione ottimistica. In primo luogo, c’è da chiedersi fino a che punto la tv consente di raccogliersi spiritualmente e di avere una reale esperienza religiosa: a tal proposito esistono limiti imposti sia dal nuovo ambiente comunicativo creato dai media elettronici, sia dalla norme della religione istituzionale”. È chiaro, però, che durante l’emergenza coronavirus con le messe vietate ai fedeli per evitare il contagio, l’unica possibilità che hanno le persone di restare connessi con la Chiesa è quella offerta da tv e web. Per la gioia dell’audience.