Pina Onotri è un medico di base a Roma, zona 2, ed è anche il segretario generale del Sindacato Medici Italiani. Ha scitto una lettera aperta al presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel giorno in cui i camici bianchi uccisi da Covid sono diventati 37
“Indosso una mascherina chirurgica di una scatola che mi era stata donata da un paziente all’inizio di tutta questa bufera, ho un kimono di carta monouso comprato da fornitori di parrucchieri sopra il mio camice, una cuffia sempre di carta e guanti in vinile. Sta per finire l’ultima mezza boccetta di alcool”. Pina Onotri è un medico di base a Roma, zona 2, ed è anche il segretario generale del Sindacato Medici Italiani, che scritto una lettera aperta al presidente del Consiglio Giuseppe Conte perché attraverso i media ascolti “il nostro grido di dolore” e per proporre un commissariamento delle Regioni. Perché la mancanza di sicurezza “sta condannando a morte” i medici. Quelli uccisi da Covid erano 36 a inizio intervista, 37 appena un’ora dopo, a metà giornata 39. I contagiati sono oltre 6200.
“Un dato drammatico – dice sconsolata – quindi il mio comunicato è già diventato obsoleto”. Sì perché il riferimento era alla giornata di ieri 31 camici bianchi spazzati via. Esposti al virus e a loro volta fonte di contagio. Una catena che deve essere spezzata: “Chiediamo che l’esposizione al rischio sia commisurata alle protezioni“. Perché per visitare a domicilio non può bastare un kimono, ma bisogna “andarci bardati con tutte le misure del bio-contenimento altrimenti si va da una casa all’altra e si porta il virus”.
I medici chiedono “tamponi a tappeto per tutti i operatori sanitari perché si tende a metterli in auto sorveglianza, ma gli asintomatici vanno a lavorare pur avendo avuto contatti con Covid positivi vanno a lavorare è pericolosissimo per noi e per gli altri, è una ulteriore fonte di contagio”. Onotri ha letto due studi osservazionali cinesi da cui emerge che il personale protetto adeguatamente non si contagia: “Falla del sistema parte dalla sicurezza degli operatori, parte dall’isolamento persone in quarantena che non funziona all’interno del nucleo famigliare che ha comunque contatti con l’esterno. Quindi bisogna pensare a quarantene separate stile Cecchignola se i famigliari del positivo sono negativi. E poi mi spieghino i criteri dei tamponi: perché ci sono on ci persone asintomatiche che vanno in televisione a dire state tranquilli che sono negativo? Mistero e io oggi mi trovo ad avere colleghi miei pazienti sintomatici ma senza riuscire ad avere un tampone per capire e anche per risalire ai contatti”.
In piena emergenza, indifesi, i medici di base ricevono una o due persone per turno, parla con i pazienti tramite whatsapp, email, videochiamate: “In questo momento facciamo anche da tranquillante per le persone che sono in preda ad attacchi di panico. Anche se ed è una cosa bella, mi chiamano per sapere se sono in studio se mi sento bene e mi dicono di riguardarmi”. In assenza di presidi sarà difficile perché ha chiuso, in base al decretoo, anche il fornitore di kimoni e cuffie: “E io non so più come fare”. Un’impotenza che riguarda anche i pazienti: “Pazienti malati tantissimi a cui non viene fatto il tampone, un solo Covid positivo ricoverato ma semplicemente perché agli altri non riesco a far fare il tampone. Li monitorizzo, io segnalo mi rispondono dopo 10/15 giorni dopo che il soggetto magari ha già finito la quarantena. Evito ed evitiamo di allertare il 118 già sovraccarico in condizioni normali. Ma dalle nostre chat tra medici sappiamo che i dati sottostimati, non abbiamo feedback di ritorno ,non sappiamo se le nostre segnalazioni rientrino nelle statistiche. La maggior parte dei nostri pazienti non viene presa in ospedale ci arriva solo chi sta molto male. Si dovrebbe potenziare la rete pre ospedaliera, trattare le persone prima che stiano così di male da andare in una terapia intensiva che non reggerà l’impatto”. Onotri denuncia anche l’assenza di linee guida su come trattare pazienti con pochi sintomi, lo step dovrebbe essere quello perché ci sono tanti asintomatici positivi. Negativo anche il giudizio sulla app che non raggiunge i pazienti fragili e anziani.
Qual è la soluzione? “Mentre il Governo emana norme stringenti le Regioni in maniera fantasiosa le interpretano, o non le interpretano affatto, emanando giornalmente ordinanze che gettano nella confusione gli operatori sanitari, già gravati dal carico assistenziale, tant’è che lo stesso ministro Boccia ha invocato un maggior coordinamento. Chiediamo un intervento urgente del Governo con un’azione decisa e fino al commissariamento di quelle Regioni che non siano in grado di assicurare le condizioni minime di sicurezza ai sanitari. La questione riguarda il titolo V (della Costituzione) che ha delegato la sanità pubblica. Che va invece tutelata a livello nazionale, l’esecutivo si deve prendere le responsabilità – aggiunge Onotri che ha presentato anche un esposto in Procura a Roma – perché poi in periferia arriva solo l’incompetenza. Sono amareggiata e arrabbiatissima”. Anche perché solo tramite sottoscrizione sono state comprate in Cina 10mila mascherine che sono state distribuite a Roma, altre 10mila arriveranno in Puglia. “Ci siamo tassati ma non possiamo raggiungere. Mi sono arrivate 5mila mascherine in studio” Da tre giorni c’è la fila davanti allo studio: “I colleghi vengono anche dall’altra parte della città e ci ringraziano per una scatola da 50 mascherine”. Perché la mancanza di dispositivi di protezione personali, l’impossibilità di essere sottoposti ai tamponi la non messa in quarantena: “Sta condannando a morte i medici e favorendo la diffusione del virus tra i pazienti”. E i numeri di morti e contagiati non può smentire questo “grido di dolore”.